A Cuba, l’1 gennaio è stato non soltanto l’inizio di un nuovo anno, ma anche di una nuova era. Il comunismo non è finito, ma ha già cambiato pelle. Ha dovuto farlo per non soccombere a una crisi resasi evidente negli ultimi anni. Il regime di Miguel Diaz-Canel ha eliminato il CUC o peso convertibile introdotto nel 1994, lasciando in circolazione solamente il CUP o peso cubano. Fino al 30 giugno, i cittadini potranno scambiare 1 CUC contro 24 CUP. La riforma monetaria nei fatti svaluta il cambio di circa il 96%, tenuto conto che fino alla fine dello scorso anno 1 CUC veniva scambiato contro 1 CUP per le aziende statali, le quali incidono ancora per l’85% dell’economia isolana.

In previsione dell’esplosione dei prezzi, il governo ha quintuplicato stipendi pubblici, pensioni e sussidi. Non è detto che basti a un paese, dove l’80% dei generi alimentari viene importato dall’estero, risentendo negativamente della maxi-svalutazione. L’impatto sulle vite degli oltre 11 milioni di cubani sembra essere pesante. Oltre 13 mila famiglie hanno ricevuto assistenza al 13 gennaio scorso, dopo averla richiesta per l’impossibilità di tenere il passo con il più alto costo della vita. Nello stesso mese, sarebbero stati creati almeno 38 mila nuovi posti di lavoro, di cui il 30% tra gli under 35.

A Cuba lo spettro dell’iperinflazione non è più irreale

Gli studenti stranieri chiedono aiuto

Quest’ultimo dato è in linea con quanto ci si aspettasse da una riforma monetaria simile. Poiché i prezzi dei beni e dei servizi costano molto più di tempo, non ci si può permettere più lo stesso tempo libero di prima. Anzi, gran parte dei giovani cubani sono soliti neppure cercare un lavoro, trascorrendo la giornata a giocare e parlare per strada con gli amici. Adesso, l’impulso a cercarsi un’occupazione è arrivato. Insieme all’unificazione dei cambi, il governo ha anche varato una quarantina di misure di liberalizzazione e decentralizzazione delle decisioni aziendali, così da incentivare il settore privato da un lato e rendere più efficiente quello statale.

In attesa che queste misure, pur insufficienti, esitino nel tempo una maggiore produzione domestica e la riduzione delle importazioni, la vita sull’isola starebbe subendo un duro colpo. Ne darebbe conferma l’appello lanciato al loro governo da un gruppo di studenti sudafricani, che si trovano sull’isola per seguire un corso di medicina. Hanno chiesto alle autorità di Pretoria di aumentare le borse di studio, perché non riuscirebbero più neppure a mangiare a sufficienza con quello che passa loro la mensa. E per dimostrarlo, hanno inviato alcune foto, che dimostrerebbero come gli scaffali dei negozi si sarebbero svuotati e venga servito come pasto anche solo un panino con un uovo o un po’ di riso con zuppa di carne di maiale.

Le immagini drammatiche confermerebbero che Cuba sarebbe rimasta a corto di valuta con cui importare beni dall’estero, per cui l’offerta in questa fase scarseggia. Il peggio non è detto che sarebbe alle spalle o in corso. Al mercato nero, un dollaro viene già scambiato intorno ai 50 pesos, ma con punte superiori a 100 pesos. Secondo diversi economisti, il cambio di 1:24 fissato dal governo continua a rimanere irrealisticamente forte e non darebbe sufficiente sollievo all’economia per risollevarsi dalla stagnazione. Ma un’ulteriore maxi-svalutazione del 50-70% implicherebbe costi sociali ancora più potenti per gran parte della popolazione, un lusso che il regime non può permettersi in un periodo già grave come questo per via della pandemia, con il PIL ad essere crollato dell’11% nel 2020, principalmente a causa del collasso delle presenze turistiche, principale fonte di accesso ai dollari.

A Cuba finisce l’era della vita gratis, adesso i giovani dovranno cercarsi un lavoro

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