Il putsch è fallito, andate in pace. Non ci poteva essere un epilogo più sfortunato e rovinoso per i protagonisti della Superlega, naufragata ancor prima di allentare gli ormeggi. E per la Juve è crisi profonda. Due sono stati ad oggi i pilastri su cui si reggeva la solidità della società bianconera: i risultati in campo e la gestione aziendale. I primi di anno in anno sono andati scemando in Europa e quest’anno persino nel campionato di Serie A. La seconda vacilla da qualche tempo, ma con gli accadimenti di questa settimana si chiude ufficialmente una lunga e onorevole stagione.

Ieri, le azioni Juventus sono scese di circa il 14% a 75 centesimi, sotto i livelli pre-Superlega. Il mercato ha bocciato sonoramente il flop, temendo che adesso la società paghi sul piano dell’immagine e non solo. La crisi Juve è qualcosa di cui s’inizia finalmente a parlare da qualche mese. Nessuno osava mettere in discussione le scelte decisionali di Andrea Agnelli e i suoi dirigenti, mentre le critiche da alcune settimane fioccano secondo l’effetto “palla di neve”.

C’è stata molta improvvisazione nella Juve di questi ultimi tre anni. L’ingaggio di Cristiano Ronaldo è arrivato inatteso e senza un preciso piano di monetizzazione, come si pensava in un primo momento. Massimiliano Allegri veniva esautorato senza pensare a un sostituto di pari livello. Maurizio Sarri lo ha sostituito per un solo anno ed è stato fatto fuori a sua volta senza che vi fosse in mente un tecnico di livello. E’ arrivato un acerbo Andrea Pirlo, sotto cui le performance della squadra sono peggiorate sia in campionato che in Europa.

Crisi Juve, conti in rosso e relazioni aziendali distrutte

Nel frattempo, a riprova che la crisi Juve non sia solo in campo, l’indebitamento finanziario netto è salito a 357,8 milioni di euro a fine 2020. Era di 329,2 milioni al 30 giugno 2018, prima dell’arrivo di CR7.

Ma, attenzione: a fine 2019, la società dovette ricapitalizzare per 300 milioni. Nel primo semestre della stagione 2020/2021, la perdita è salita a 113,7 milioni. Nella stagione 2019/2020 era stata di 71,4 milioni, in quella precedente di 39,9 milioni e in quella precedente ancora di 19 milioni. In tre anni e mezzo, la Juve ha cumulato perdite per 244 milioni. Pesa come un macigno il maxi-stipendio di CR7, pari a circa 55 milioni lordi a stagione, a cui si aggiunge l’ammortamento del cartellino per una trentina di milioni.

Adesso, tutti i club coinvolti nella vicenda Superlega rischiano danni d’immagine e, di riflesso, economici. Gli sponsor ne approfitteranno per rinegoziare i contratti o alla scadenza sborseranno le stesse cifre? Tra la scusa del Covid e la percezione negativa che le 12 società si sono attirate in questi giorni, uno spazio per ipotizzare una flessione c’è e forse anche per il canale marketing. I tifosi saranno così desiderosi di associare il loro nome a quello della squadra del cuore dopo quanto accaduto? Continueranno a comprare gadget come cappellini, magliette, sciarpe, penne, etc., a peso d’oro o inizieranno a chiedersi se la società meriti un simile affetto?

La crisi Juve sarà aggravata dai difficili rapporti con il resto della Serie A. La vicenda Superlega s’intreccia con quella non meno importante in Italia dei fondi equity nella media company di Serie A. Erano stati offerti 1,7 miliardi di euro per ottenere il 10% per 10 anni della costituenda società che gestirà i diritti TV del nostro campionato. Agnelli era stato un forte sostenitore del piano, salvo cercare di affossarlo nelle ultime settimane. Per questo, il presidente del Torino, Urbano Cairo, è arrivato a definirlo un “traditore”. Qui, a rischio c’è la credibilità di una società, che nel perseguire il suo legittimo interesse sembra avere cercato di distruggere un intero sistema sportivo.

Il difficile futuro bianconero

I bianconeri potranno consolarsi confidando in Inter e Milan, le altre due società imbarcatesi sprovvedutamente nel progetto Superlega. Ma ciò non scalfirà per nulla la crisi Juve, anche perché le milanesi sono in procinto di cambiare proprietà. Suning dovrebbe cedere il controllo dell’Inter a fine stagione e presto sarà il turno anche del fondo Elliott per il Milan. Nulla si sa di chi verrà dopo e se saranno volti conosciuti e amichevoli per Agnelli e i suoi uomini.

Le dimissioni di Agnelli, date per certe all’inizio della giornata di ieri, non salveranno la società dalle critiche e dalle conseguenze di questo flop, ma si rendono obbligate per rilanciare le relazioni aziendali. La crisi Juve è proprio questa: un ritorno a quell’infausto 2006, quando il club venne scaraventato per la prima volta nella sua storia in Serie B per “calciopoli”. Chiaramente, non stiamo affermando che questa sarà la prospettiva, ma che come allora s’impone un cambio di policy e di dirigenti al comando per ridare smalto e progettualità a una società che sembra avere raggiunto i suoi limiti. Il futuro di Agnelli, volto immagine di questo nuovo corso di rinascita, non potrà essere più in prima linea.

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