Ammontano a 340 miliardi di dollari i debiti che hanno sommerso Evergrande, il colosso immobiliare cinese che ha presentato istanza al tribunale di Manhattan per sottoporsi all’applicazione del Chapter 15 della legge fallimentare americana. Si tratta di una norma che consente la negoziazione tra giudice, creditori e altre corti straniere. Sebbene non si tratti formalmente di fallimento – anzi, la società punta a rimettersi in carreggiata entro tre anni – le conseguenze rischiano di diventare devastanti per la Cina e il resto del pianeta.

Come vedremo di seguito, però, non è detto che si tratti di una cattiva notizia per i tassi sui mutui.

Cause bolla immobiliare

Cos’è successo? La società è stata fondata nel 1996 ed è stata la principale sul mercato immobiliare negli ultimi decenni. La sua attività, tuttavia, si è espansa nel tempo ad altri comparti, tra cui le auto elettriche e lo sport. Guangzhou Evergrande è la società di calcio allenata in passata da Marcello Lippi e successivamente da Fabio Cannavaro.

Evergrande è stato l’emblema del sogno cinese per la classe media. Man mano che l’economia si sviluppava, tutti volevano comprare casa. I cittadini più abbienti ne hanno comprate anche più di una e sul mercato si è generata una bolla immobiliare: i prezzi salivano per la convinzione che sarebbe stato possibile rivendere in futuro a quotazioni ancora più alte. La domanda è stata così elevata che le società hanno iniziato a vendere case prima ancora di costruirle, facendosele pagare anche per intero. Attualmente, Evergrande deve consegnare 720.000 appartamenti ai legittimi proprietari, che adesso rivogliono indietro il loro denaro.

Le cause del crac sono diverse. C’è stata una gestione spregiudicata degli affari, ma anche un rallentamento dell’economia cinese. Negli ultimi anni, il governo di Pechino ha cercato di porre un freno al boom immobiliare, dato che il settore è arrivato a pesare per il 30% del PIL. In nessuna economia di rilevanti dimensioni si hanno percentuali simili.

Il presidente Xi Jinping è stato intimorito da due ragioni: il rischio che i prezzi delle case salissero al punto da diventare proibitivi per gran parte della popolazione; frenare la corsa al debito delle province.

Non è una nuova Lehman Brothers

I governatori si sono lanciati per molti anni in progetti faraonici e senza alcun fondamento in base all’analisi benefici-costi. La loro principale fonte di entrata è stata per molto tempo la vendita dei terreni pubblici per costruire. Una volta che i prezzi hanno iniziato a ripiegare, le magagne del sistema sono saltate tutte fuori. Il caso Evergrande è così grave, che in molti lo stanno paragonando al crac di Lehman Brothers nel 2008. Per fortuna, non sarebbe così. Il sistema finanziario cinese non risulta ancora altamente integrato con il resto del mondo, contrariamente agli Stati Uniti di quindici anni fa.

C’è anche da dire che le autorità finanziarie non sono del tutto state colte alla sprovvista. Da anni puntano al “soft landing” per sgonfiare la bolla immobiliare senza che ciò travolga l’intera economia. Quanto accaduto la settimana scorsa rimescola le carte. A questo punto, probabile che la Banca Popolare Cinese debba reagire al più presto per impedire che il sistema finanziario domestico salti in aria. Tra le ipotesi l’azzeramento dei tassi, l’acquisto massiccio di titoli di stato e obbligazioni private e grossi stimoli fiscali da parte del governo.

Da crac Evergrande stop aumento tassi mutui?

Un contraccolpo all’economia cinese farebbe senz’altro male al resto del mondo, ma allo stesso tempo spingerebbe le principali banche centrali alla prudenza sull’aumento ulteriore dei tassi di interesse. Servirebbero condizioni monetarie globalmente meno restrittive per evitare che il crac di Evergrande si trasformi in un “credit crunch” catastrofico. In effetti, la conseguenza immediata di questo accadimento sarà l’allargamento degli spread per le società più rischiose e la riduzione dei prestiti bancari nei loro confronti.

Ed Evergrande non è l’unico caso grave in Cina. Country Garden rischia di andare in default su 200 miliardi di dollari di debiti. A catena, la bolla immobiliare scoppiata farebbe implodere qualcosa come almeno 1.000 miliardi di dollari di indebitamento, il 6% del PIL cinese. Tra l’altro, se questo dovesse rallentare, le materie prime sui mercati internazionali ne risentirebbero immediatamente. In sostanza, questo crac non depone a favore della prosecuzione della stretta monetaria in Occidente. Anzi, probabilmente contribuirà a far pendere la bilancia dalla parte di chi crede che i tassi sui mutui siano già talmente alti da provocare una caduta del settore immobiliare anche da noi.

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