Da alcuni mesi è stata presentata alla Camera dei Deputati una proposta di legge, che punta a consentire alle donne lavoratrici di assentarsi per tre giorni al mese senza la perdita dello stipendio, in relazione al ciclo mestruale. A intestarsi la battaglia sono quattro firmatarie del PD, che vorrebbero così combattere il fenomeno dell’assenteismo femminile nei giorni del ciclo, garantendo a quante siano affette da mal di testa, dolori addominali, alla schiena, etc., di astenersi dal lavoro e di percepire ugualmente la retribuzione.

Se passasse, però, la legge sarebbe un possibile duro colpo per le donne, contrariamente a quanto si vorrebbe far credere. (Leggi anche: Congedo mestruale, ecco chi potrà restare a casa con il ciclo)

Già oggi, l’occupazione femminile in Italia è tra le più basse di tutta Europa. Nella fascia di età tra 15 e 64 anni, solo 48 donne su 100 lavorano, contro il 66,5% tra i maschi. La media europea è notevolmente più alta. A fronte di un tasso di occupazione generale nella UE superiore al 70% tra i 20 e i 64 anni, la percentuale di donne al lavoro supera il 64%.

Congedo mestruale sarebbe negativo per l’occupazione femminile

Il gap tra uomini e donne risulta, quindi, notevolmente più alto in Italia rispetto alla media europea, anche se allo stesso tempo, il nostro è anche il paese, insieme al Lussemburgo, dove più basse sarebbero le disparità retributive tra i due sessi. Serve, quindi, creare maggiori opportunità lavorative per il gentil sesso, ma leggi come quelle del cosiddetto “congedo mestruale” non farebbero che accrescere la diffidenza dei datori di lavoro verso le assunzioni di donne tra il proprio personale. (Leggi anche: Crisi lavoro Italia, occupazione trainata in 20 anni solo da donne)

Vero è, che la proposta non prevederebbe ferie automatiche per tutte le donne, ma subordinatamente alla presentazione di un apposito certificato medio da rinnovare annualmente, attestante alcuni effetti collaterali più o meno gravi e derivanti dal ciclo mestruale.

Poco importa, però, perché all’atto dell’assunzione, un’impresa non sa chi avrebbe davanti, ovvero se una donna in grado di lavorare anche in quei giorni fastidiosi, oppure se una con particolari sofferenze.

Congedo mestruale diffuso in Oriente

Il rischio che la legge, se la proposta diventasse tale, crei opportunità per “fregare” il capo e approfittare di una nuova tutela è alto, così come altrettanto elevato è quello che il datore, posto dinnanzi alla scelta se assumere un uomo o una donna altrettanto bravi, opti per il primo, scontando che la seconda godrebbe del periodo di astensione dal lavoro per maternità e adesso anche di ferie mensili, che se usufruite interamente, ammonterebbero al 15% dell’intero orario di lavoro.

Il congedo mestruale è legge in diverse economie asiatiche, come il Giappone, l’Indonesia, la Corea del Sud e Taiwan, legato anche alla credenza in quelle zone, che l’assenza di riposo in quei giorni per la donna provocherebbe complicazioni per i parti. Detto ciò, i risultati di uno studio di Ichino-Moretti del 2009 sul maggiore assenteismo tra le donne ogni mese per il ciclo furono smentiti dal Journal of Human Resources nel 2012, secondo cui non ci sarebbe evidenza di un legame tra ciclo mestruale e maggiori assenze tra le donne dal posto di lavoro.

Proposte come quelle al vaglio dei deputati potrebbero finire per consolidare pregiudizi e timori dei datori di lavoro con riguardo all’assunzione di donne. Sarebbe un brutto colpo per l’occupazione femminile, che dinnanzi a un nuovo diritto teorico acquisito, vedrebbe a rischio opportunità lavorative per il gentil sesso. (Leggi anche: Congedo mestruale per le donne, chi può beneficiarne)