Il reddito di cittadinanza è realtà per circa 800.000 nuclei familiari da tre mesi e la famosa card gialla sulla quale viene mensilmente erogato è diventata una presenza stabile ai supermercati. Se al debutto vi erano state diverse polemiche sull’entità monetaria effettiva percepita, con il trascorrere delle settimane a tenere banco sono diventate le numerose restrizioni all’uso della card per pagare gli acquisti di beni e servizi. Per prima cosa, questi sono possibili solamente ai POS, non anche online. Ciò significa che se un percettore del reddito di cittadinanza vedesse su un negozio in internet un articolo scontato rispetto al prezzo di vendita esposto in un negozio fisico non potrebbe approfittarne, contrariamente a qualsiasi altro consumatore.

Posso mettere benzina usando la card del reddito di cittadinanza?

Ma anche ai POS esistono numerose eccezioni. Non tutto si può acquistare. Con la card non si possono acquistare pacchetti per la pay tv, non si può giocare d’azzardo (lotto, superenalotto, etc.), non si possono pagare servizi bancari, creditizi, assicurativi e di money transfer, né articoli di gioielleria, pellicceria, in sexy shops, le bevande alcoliche diverse dal vino, sigarette, vacanze, etc.

Molti lettori troveranno giusto che i beneficiari del reddito di cittadinanza non abbiano modo di spendere “male” il sussidio pagato da tutti i contribuenti. Sono tante, ad esempio, le storie di famiglie italiane rovinate dal gioco d’azzardo e alto sarebbe il rischio che qualche ludopatico, anziché usare la card per migliorare le proprie condizioni di vita, finisca per sprecarla per inseguire il sogno di una vincita grattando decine di schede dal tabaccaio o magari che un alcolista ci compri qualche bottiglia di troppo di liquore. Tuttavia, il reddito di cittadinanza non è certo il primo sussidio che viene erogato in Italia dallo stato, pur assumendo forme peculiari. Mai ad oggi un percettore del sussidio di disoccupazione o Naspi che dir si voglia ha dovuto subire un simile trattamento, come se fosse un ladro entrato di notte in una proprietà privata.

E, soprattutto, resta opinabile il concetto di cattiva spesa.

Di Maio e lo stato etico

Con queste restrizioni, il vicepremier Luigi Di Maio ha voluto rispondere alle preoccupazioni diffuse tra una fetta non forse minoritaria della popolazione sull’uso che si farebbe del reddito di cittadinanza tra strati della società spesso emarginati, percepiti come avvezzi al vizio, pigri e dalla gestione disordinata del denaro. Ma così ha finito per cristallizzare i pregiudizi e per creare uno stato etico, stilando una sorta di lista di proscrizione di prodotti e servizi messi all’indice, per i quali gli acquisti non risultano possibili. Di Maio non conoscerà probabilmente le teorie economiche sul consumatore, non saprà che un mercato risulta stabilmente in equilibrio quando le esigenze di chi acquista s’incontrano con quelle di chi vende.

Ciascun consumatore ha preferenze tendenzialmente diverse da tutti gli altri. Con la stessa somma di denaro, c’è chi comprerebbe una pizza e due birre e chi due pizze e una birra. Chi dei due avrebbe torto? Nessuno, almeno ragionando in un’ottica liberale e non da stato etico per l’appunto. Che il governo si metta a sindacare su come il cittadino spenda i soldi ricevuti appare patetico e grave, perché instaura una mentalità pubblica per cui anche in futuro ogni forma di assistenza possa essere legata al possesso o meno di determinate caratteristiche. Si potrebbe arrivare, ad esempio, ad escludere i fumatori dall’assistenza sanitaria, quando già in un certo senso essi contribuiscono già alle spese mediche a carico dello stato con il pagamento delle accise sui tabacchi. O un goloso di dolci aldilà di un peso forma fissato per legge verrebbe scartato da un ricovero ospedaliero, perché prima di lui avrebbero diritto ad essere curati pazienti più “virtuosi”.

Il reddito di cittadinanza è stato un pessimo investimento politico per Di Maio

Percettori trattati come consumatori di serie b

Stiamo estremizzando il ragionamento, forse. Il nocciolo della questione è questo: se dai il reddito di cittadinanza a un cittadino e gli impartisci per filo e per segno cosa ci possa comprare e cosa no e persino i tempi entro cui spendere (la card si azzera a fine mese, per cui il percettore non gode dell’opzione di risparmiare), mostri un atteggiamento paternalistico, destinato a rendere il beneficiario un consumatore di serie b, non libero di fare con quello che sarebbe ormai il “suo” denaro ciò che meglio desidera per sé e la propria famiglia. E’ un modus operandi umiliante, perché se da un lato offre sollievo a quanti stentano a vivere per redditi carenti, dall’altro li rendi soggetti alla mercé dei diktat dello stato, segnalando loro di essere considerati non affidabili e che il sussidio, più che una via per uscire dalla condizione del bisogno, tende ad essere una carità controllata, una paghetta.

Infine, per quale motivo i servizi bancari e assicurativi dovrebbero essere esclusi dal pagamento con la card? Per caso, un italiano bisognoso non avrebbe diritto a usare l’importo accreditatogli per pagare l’Rc Auto o altra polizza eventualmente accesa per proteggersi da alcuni rischi (vedasi il caso di assicurazione per la casa)? O forse Di Maio e compagnia bella vorrebbero aiutare gli italiani, garantendo loro solo alcuni beni primari non meglio definiti, come se fossimo in una società degli anni Cinquanta, quando veniva considerato un lusso per élite andare in pizzeria o possedere un televisore o – non ne parliamo – un’auto?

Perché il reddito di cittadinanza rischia di condannare i giovani del sud alla disoccupazione?

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