La BCE dovrà dimostrare di essere una banca centrale una volta per tutte. Lo scrive nella sostanza il Financial Times di questa settimana con un articolo a firma di Eric Lonergan. Il riferimento è all’annunciato scudo anti-spread allo studio e i cui dettagli tecnici saranno verosimilmente svelati al board di luglio. L’intento è di offrire sostegno ai titoli di stato emessi dai paesi con conti pubblici meno solidi, ma nei fatti la misura servirà soprattutto per mettere in sicurezza il debito pubblico italiano.

I rendimenti decennali del BTp sono saliti fin sopra il 4,20% durante la settimana scorsa, circa 250 punti base in più del Bund. Si è reso per questo necessario un board d’emergenza per ridurre la frammentazione finanziaria e guadagnare tempo, prospettando una soluzione strutturale al problema.

Come funzionerebbe lo scudo anti-spread

Ma se dovesse prevalere la linea esternata dal finlandese Olli Rehn e dal collega slovacco Peter Kazimir, ci sarebbe molto poco di cui essere soddisfatti. I due “falchi” sostengono che lo scudo anti-spread non potrà essere né automatico, né incondizionato. In pratica, una copia dell’OMT già varato da Mario Draghi nel 2012 e inefficace nello spegnere la speculazione.

Tecnicamente, trovare una soluzione non sarebbe così immediato. Quando parliamo di spread, facciamo riferimento ai Bund. La BCE li considererà formalmente titoli “benchmark”? Ed eventualmente insieme agli altri emessi da Olanda e Finlandia, in quanto con rating tripla A? Dopodiché, a quale livello fisserà lo spread massimo tollerato e per quali scadenze? E lo dichiarerà? Infine, intervenire a sostegno dei BTp significherebbe contestualmente vendere Bund? Se così non fosse, la liquidità in circolazione aumenterebbe e con essa la corsa dell’inflazione, che la BCE punta a battere con la stretta monetaria in arrivo.

Effetto dubbi sul debito pubblico italiano

I problemi tecnici non finirebbero qui. Ammettiamo che la BCE riesca a placare le tensioni a carico del debito pubblico italiano.

Acquista BTp e vende Bund. Lo spread rientra sotto la soglia massima di tolleranza e i rendimenti italiani scendono. Tutto bene. Senonché ciò equivarrebbe a imporre un prezzo minimo sui nostri titoli di stato. La domanda rischia di scomparire, lasciando il Tesoro senza acquirenti quando emetterà bond alle aste. A quel punto, cosa si fa? La BCE non può per statuto acquistare titoli del debito pubblico sul mercato primario. Il rischio che lo stato italiano non riesca a rifinanziarsi sarebbe concreto.

Qualcuno può eccepire che è quanto accaduto negli ultimi anni tra “quantitative easing” e PEPP. La BCE ha spiazzato gli investitori privati, acquistando bond sovrani dell’Eurozona. Verissimo, ma con la significativa differenza di avere nel frattempo aumentato la liquidità sui mercati, cioè la stessa domanda privata, che effettivamente è stata elevata. Stavolta, acquisterebbe BTp mentre riduce la liquidità alzando i tassi d’interesse. In altre parole, con i due programmi monetari varati rispettivamente nel 2015 e nel 2020 gli spread erano rientrati grazie a un semplice meccanismo di mercato: aumento della domanda complessiva e azzeramento dei tassi. Con lo scudo, sarebbero ridotti artificiosamente. E non è detto che funzioni.

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