Chi in questi giorni ha cercato di effettuare un pagamento con una carta SisalPay ha ricevuto una brutta sorpresa. La carta è stata bloccata e il relativo conto temporaneamente “congelato”. Dall’Italia al Regno Unito, non sono state poche le brutte figure rimediate dai clienti ignari all’atto di pagare un acquisto. Cosa succede? La Financial Conduct Authority ha sospeso tutti i servizi bancari gestiti da Wirecard direttamente o tramite sussidiarie a Londra, a seguito della presentazione di un’istanza di fallimento della società tedesca.

Questa ha dovuto alzare bandiera bianca giovedì scorso, a una settimana di distanza dalla mancata certificazione dei suoi bilanci da parte di Ernst & Young, dovuta all’impossibilità di risalire a 1,9 miliardi di euro di liquidità, che si è scoperto essere stata con ogni probabilità mai esistente.

‘House of Wirecard’ spegne i sogni tedeschi su finanza e Silicon Valley

Wirecard è una società con sede a Monaco di Baviera, attiva nella gestione dei pagamenti elettronici. Numerose le aziende clienti, ben 300 mila in tutto il mondo. Tra queste troviamo il Bayer Muenchen, Alipay, WeChat e, purtroppo per noi italiani, anche SisalPay. Quest’ultima ha contattato i clienti tramite email, rassicurandoli e fornendo loro le scuse per i disagi, promettendo il trasferimento delle giacenze dalle carte attuali su nuove carte e a partire dai prossimi giorni. In alternativa, sarà possibile chiedere e ottenere il rimborso.

Questione di giorni, insomma, e la situazione dovrebbe tornare alla normalità per i clienti, anche se ciò non toglie che le difficoltà da questi incontrate saranno parecchie, specie nei casi in cui sulle carte risultasse depositata una quota ingente della propria liquidità, magari per via del loro utilizzo per l’accredito degli stipendi. Un esempio pratico di quello che accadrebbe nel fantastico mondo senza contanti dipinto da Vittorio Colao, a capo della task force del governo per il dopo-Covid.

Senza cash è possibile vivere senza alcun problema, aveva dichiarato nelle scorse settimane, presentando al riguardo un piano per disincentivare sempre più al suo uso e per spingere gli italiani ad avvalersi dei pagamenti elettronici con sempre maggiore frequenza.

Lotta al cash insensata

Nessuno mette in dubbio la comodità delle carte di credito, prepagate o bancomat. Sono da anni una grande innovazione, un modo per evitare di portarsi dietro banconote e monetine con il rischio di perderle o di esserne derubati. E’ la coercizione a puzzare di marcio da migliaia di chilometri. L’uso di un metodo di pagamento anziché un altro dovrebbe sempre essere lasciato alla libera scelta di ciascuno, perché ogni strumento presenta i suoi rischi. Nel caso delle carte di debito o credito o delle prepagate, senza nemmeno arrivare a casi un po’ estremi (mica tanto!) come quello di Wirecard, si pensi al malfunzionamento della linea di connessione o a temporanei guasti di un circuito bancario.

Cosa può fare in quel caso chi fosse del tutto sprovvisto di contanti? Dovrebbe rinunciare a fare la spesa in attesa che i disguidi siano risolti? E cosa dire di chi si trovasse lontano da casa, magari all’estero? Gli estremisti anti-cash minimizzeranno il problema e lo ridurranno a caso eccezionale, mentre è vero il contrario. I disguidi con le carte sono all’ordine del giorno e più cresce la massa delle transazioni quotidiane, maggiori i potenziali problemi. Avete fatto caso alla necessità sempre più frequente per le banche di aggiornare i software, magari nel fine settimana, con la conseguenza che l’operatività delle rispettive piattaforme home banking viene sospesa anche per diverse ore, se non per intere giornate? Nulla di anomalo, è normale che sia così e a tutela della nostra sicurezza come clienti. Senonché tutti dovremmo disporre di alternative e nessuno dovrebbe essere costretto ad accettare una sola modalità di utilizzo dei propri denari.

Il taglio dell’IVA sarà una tassa mascherata sul contante

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