L’emergenza abitativa continua a tenere banco nel confronto politico e nel dibattito pubblico. Sono bastate quattro tende montate davanti alle principali sedi universitarie per far “scoprire” un problema conosciuto da anni da centinaia di migliaia, se non milioni di famiglie italiane. Il tema riguarda particolarmente le grandi città, dove non a caso si stanno concentrando le proteste degli studenti. Il caro affitti pesa in misura crescente sui bilanci familiari, anche perché i redditi restano fermi da un periodo immemore.

Aumento tassi non aiuta mercato locazioni

Alla fonte di questa bolla immobiliare vi è stata senza dubbio la politica monetaria ultra-espansiva della Banca Centrale Europea (BCE). La lunga era dei tassi negativi ha surriscaldato il mercato dei mutui, alimentando la domanda oltre misura e finendo per fare esplodere i prezzi delle case. Ciò non ha riguardato l’Italia, dove i prezzi sono scesi praticamente per una quindicina di anni fino alla pandemia. Ha fatto eccezione Milano, dove nell’ultimo decennio si è registrato un boom superiore al 40%.

Ma i canoni di locazione hanno preso un’altra direzione. Del resto, se la casa non la compri la devi affittare. Con l’esplosione dell’inflazione nell’ultimo anno e mezzo, la BCE è tornata ad alzare i tassi d’interesse. Il cambio di marcia presso le banche centrali è considerato negativo per il mercato immobiliare. Il costo dei mutui sale, la domanda di case scende e i prezzi crollano. In teoria, il fatto che si riescano ad acquistare gli immobili a prezzi più bassi dovrebbe favorire il calmieramento del mercato locativo. Invece, l’aumento dei tassi rischia paradossalmente di aggravare il problema del caro affitti.

Prendete una grande città come Roma e Milano. Qui, il “rendimento” medio di un immobile è del 5,5%. Intendiamo il rapporto tra canoni di locazione riscossi dal proprietario durante l’anno e prezzo di acquisto dell’immobile.

In teoria, quindi, se ho una seconda casa in queste città, spendo 100 per acquistarla e incasso 5-6 affittandola. Un ottimo rendimento. Solo che l’aumento dei tassi d’interesse sta rendendo più appetibili gli investimenti alternativi e, per giunta, quasi privi di rischio. Considerate un BTp a 10 anni. Offre intorno al 4,3% contro una media inferiore all’1% nel biennio 2020-’21.

Caro affitti tra tasse alte e inquilini morosi

E quel 5,5% medio di cui dicevamo è al lordo delle imposte. Scontando la cedolare secca del 21%, scenderemmo intorno al 4,35% contro il 3,75% netto del bond decennale. Ma ancora c’è da considerare l’IMU, che in una città come Milano è fissata allo 0,76% del valore catastale. Grosso modo, scenderemmo sotto il 4% di rendimento, quando ancora dobbiamo tenere conto di altre spese legate al mantenimento di un immobile, tra cui quelle straordinarie e il rischio di morosità dell’inquilino. Capite benissimo che, con i titoli di stato che grosso modo rendono ormai quanto un immobile e l’inflazione ai massimi dagli anni Ottanta, i proprietari non si accontenteranno facilmente di rinnovare i canoni alle tariffe passate. Tanto varrebbe altrimenti vendere l’immobile e investire il capitale in titoli sicuri.

Tra l’altro la cedolare secca stessa inizia a farsi meno appetibile. Da un lato consente di pagare “solo” il 21% sui canoni di locazione contro un massimo del 43% sottoponendo questi ultimi alla tassazione ordinaria dell’IRPEF. Dall’altro, non permette ai proprietari di adeguare tali canoni all’inflazione per tutta la durata del contratto. E questo significa subirne una perdita del potere di acquisto non indifferente. Ecco perché un numero crescente di proprietari sta tagliando la testa al toro e, anziché rivolgersi al mercato delle locazioni a scopo abitativo, mette a frutto gli immobili affittandoli ai turisti. E’ il modello Airbnb, sempre più in contrasto con le esigenze abitative dei residenti nelle grandi città europee.

Non possiamo pretendere che ragazzi giovanissimi capiscano fino in fondo le ragioni di questo caro affitti insostenibile. Anziché invocare improbabili aiuti, dovrebbero protestare per chiedere una maggiore protezione della proprietà, ad esempio, ponendo fine alla pratica deprecabile dei decreti anti-sfratti. Che uno stato voglia tutelare le famiglie in difficoltà, è meritorio. Che lo faccia sulle spalle di chi una casa l’ha acquistata o magari costruita con il sudore della fronte, è del tutto inaccettabile. Le conseguenze sono quelle che vediamo: bassa offerta di abitazioni per le locazioni e caro affitti alle stelle.

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