Nella giornata di oggi, il cambio euro-dollaro si è portato sotto 1,17, scendendo ai livelli minimi dall’ottobre dello scorso anno. Rispetto al picco raggiunto a maggio di 1,2250, perde il 4,5%. Un dietrofront inatteso per velocità e dimensioni. Il calo di queste ore è attribuibile in buona parte alla pubblicazione dei verbali relativi alla riunione del FOMC di fine luglio. In quell’occasione, traspare che la Federal Reserve abbia preso in seria considerazione l’ipotesi del “tapering” entro la fine dell’anno. In pratica, inizierebbe a ridurre gli acquisti di bond, ad oggi pari a un controvalore di 120 miliardi di dollari al mese.

Se il “tapering” avvenisse realmente da qui a qualche mese, il cambio euro-dollaro s’indebolirebbe. Ecco perché: la minore liquidità sul mercato americano spingerebbe in alto il costo del denaro e i capitali vi affluirebbero, premiando il biglietto verde. Considerate che i rendimenti nell’Eurozona sono ancora perlopiù negativi fino ad almeno le medio-lunghe scadenze.

Cambio euro-dollaro giù tra Covid e talebani

Ma l’indebolimento del cambio euro-dollaro è sostenuto anche dalla paura per la variante Delta. Il Covid sta mietendo negli stessi USA il maggior numero di vittime dal mese di aprile. E i contagi sono risaliti a una media di circa 150.000 al giorno. C’è il serio rischio che la situazione imponga all’amministrazione americana, così come ad altri governi, di richiudere almeno in parte l’economia, con gli effetti negativi che ciò avrebbe per il rimbalzo del PIL in corso dopo la fase più acuta (si spera) della pandemia.

C’è anche la situazione in Afghanistan a dare una mano al dollaro. Le tensioni internazionali sostengono il biglietto verde. E il ritorno dei talebani al potere a Kabul crea scompiglio tra le cancellerie e forti timori anche sui mercati per le possibili conseguenze sul piano della sicurezza globale, nonché delle schermaglie tra superpotenze (USA-Cina, in primis).

Tutti fattori che in queste sedute stanno indebolendo non solo il cambio euro-dollaro, bensì anche commodities come oro e petrolio. Il metallo resta inchiodato in area 1.780 dollari l’oncia, mentre il Brent quota poco più di 66 dollari mentre scriviamo. Del resto, un dollaro forte tende a deprimere i prezzi delle materie prime che si acquistano ricorrendo proprio alla valuta americana.

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