Le conseguenze della Brexit sui mercati sono stati immediati sin dalle prime luci dell’alba di venerdì scorso, che resterà nella storia come un giorno nerissimo per la finanza mondiale. Mai era andata così male a Piazza Affari, che ha bruciato in poche ore oltre 40 miliardi di euro di capitalizzazione. Immediate sono state anche le ripercussioni sull’euro, che in qualità di moneta delle economie “core” della UE ha risentito della disgregazione di quest’ultima.

Il cambio euro-dollaro è certamente il più monitorato.

Per la prima volta da 3 mesi e mezzo, ieri è sceso sotto la soglia di 1,10, perdendo circa il 3,5% rispetto alle ore precedenti alla diffusione dei risultati del referendum del Regno Unito.

Euro debole anche contro altre divise

Ben più drastico è stato il deprezzamento accusato contro lo yen, che funge da bene rifugio per gli investitori nel panico di tutto il pianeta: -7,6%. La rupia indiana, pur tra le difficoltà di questi giorni, con l’annunciato addio alla carica dell’apprezatissimo governatore Rajan Raghuram, al termine del suo mandato, riesce a mettere a segno un progresso del 2,7% contro la moneta unica. E tra le valute più importanti, anche lo yuan ha guadagnato contro la moneta unica in questi ultimi giorni; per l’esattezza il 2,6%, portandosi a un cambio di 7,30, tant’è che la People’s Bank of China ha annunciato ieri una svalutazione dello 0,9% contro il dollaro, ai minimi dal 2010.

Proseguendo, troviamo che l’euro si è deprezzato anche contro il franco svizzero, verso il quale già perdeva quasi il 10% rispetto all’abbandono del cambio minimo, annunciato il 15 gennaio 2015. Il risultato parla di un -2,2% a un cambio di circa 1,073, quando era a ridosso di 1,10 prima della Brexit. Identico il rafforzamento del real brasiliano, che sale di oltre il 2% contro l’euro

 

 

Crolla la sterlina, debole anche la corona norvegese

Persino il rublo si avvantaggi delle incertezze intorno all’Eurozona e all’intera costruzione UE, apprezzandosi dell’1,3%.

A seguire, la corona danese, agganciata all’euro da un “peg” sin dal 2000, che guadagna l’1,1%, aumentando la pressione sul governatore Lars Rohde, che potrebbe a questo punto intervenire per frenare la speculazione rialzista.

Diverso è il caso della sterlina, contro cui la moneta unica ha guadagnato, addirittura, l’8,7%. Naturale, trattandosi proprio della valuta del paese fonte della crisi sui mercati di questi giorni. Il saldo è positivo (+1,7%) anche contro la corona norvegese, che risente dell’integrazione tra l’economia scandinava e quella britannica.