Berlusconi is back! Lo scrive la stampa estera, dopo i risultati ai ballottaggi delle comunali di domenica scorsa in Italia, che hanno assegnato la vittoria al centro-destra, infliggendo una dura sconfitta al PD di Matteo Renzi. Diciamocelo, l’ex premier non sembra avere più il piglio di una volta, si trova un po’ smarrito dinnanzi a un dibattito politico che non verte più su una contrapposizione frontale destra-sinistra, né tra berlusconismo e anti-berlusconismo. Aggiungiamo il dato anagrafico (81 anni a fine settembre) e la salute a tratti incerta e di certo non possiamo pretendere che Silvio sia quello del suo ventennio.

Tuttavia, l’uomo resta sempre il più abile e furbo dell’intera arena politica nostrana. Ha il fiuto di un cane da tartufo per il consenso, per la direzione che prendono gli eventi. Nessuno, nemmeno il grande parolaio segretario del PD lo eguaglia in ciò.

E proprio avvertendo che le amministrative stavolta le avrebbe vinte il centro-destra, Silvio Berlusconi si è buttato nella mischia con interviste a TV e stampa, in modo da appropriarsi dell’esito favorevole dei ballottaggi, in particolare. Ancora una volta, ha dimostrato di essere un passo avanti a tutti, Matteo Salvini compreso, che pur potendosi fregiare di avere triplicato i consensi della Lega Nord in pochissimo tempo, ha adottato una strategia comunicativa e tattica, che nei fatti gli impedisce di andare oltre gli attuali successi e di ambire a qualcosa di più grande. (Leggi anche: Centro-destra ritrova fiducia e Berlusconi punta a separare Meloni da Salvini)

Verso le larghe intese tra Berlusconi e Renzi?

Nell’altro campo, Matteo Renzi è sotto assedio nel PD per la sua strategia perdente di recidere ogni rapporto con gli alleati, specie a sinistra, lanciando il partito al centro dello schieramento politico e con tendenza discontinua a guardare persino a destra, alla bisogna.

Il segretario perde appoggi preziosissimi, come quelli di Dario Franceschini, a capo di AreaDem, la corrente più numerosa di parlamentari piddini. Il ministro dei Beni culturali gli rimprovera di avere portato il PD fuori dal campo del centro-sinistra, puntando a un’alleanza con la destra dopo le elezioni.

Ma questo governo di larghe intese tra PD e Forza Italia si farà? Chiaramente, dipenderà, anzitutto, dall’esito delle politiche prossime. Tuttavia, sin da oggi possiamo fare un’analisi semplice, ma non per questo inesatta: i numeri per varare un governo Renzi-Berlusconi non ci saranno, a meno che uno dei due partiti non registri un boom di consensi. Questo, non solo perché la somma tra PD e Forza Italia oggi farebbe circa il 40% scarso dei consensi e si terrebbe al di sotto della maggioranza assoluta dei seggi con una legge elettorale di tipo proporzionale, ma anche perché le due formazioni al loro interno non sono e non saranno compatte sul tema delle alleanze. (Leggi anche: Il ritorno al proporzionale è la vendetta di Berlusconi contro la sinistra)

Il travaglio complicato delle larghe intese

Dentro Forza Italia, numerosi esponenti sono consapevoli che per Berlusconi sarà l’ultimo giro di giostra con la prossima legislatura e che finire alleati con Renzi cucirà loro addosso l’etichetta di traditori del centro-destra, che difficilmente si scrollerebbero negli anni futuri. Chi volesse continuare a fare carriera politica nella coalizione, non potrebbe rischiare di morire tra le braccia del PD.

Tra i democratici, l’opposizione a un’intesa con gli azzurri è persino più forte e ha radici sia ideologiche (Andrea Orlando) che tattiche (Franceschini). Qualora si andasse alla conta, si rischierebbe un imbarazzante flop in Parlamento, con la conseguenza che la legislatura potrebbe anche finire subito, spalancando le porte di Palazzo Chigi a grillini e Salvini. (Leggi anche: Accordo Berlusconi-Renzi per fregare Grillo, ma accadrà il contrario)

E se Berlusconi volesse eliminare Renzi?

Siamo sicuri, quindi, che la strategia reale di Berlusconi sia di stringere un’alleanza con Renzi dopo le elezioni? A favore di questa tesi ci sta l’interesse a tutelare le proprie aziende.

In fondo, gli ultimi due governi del PD non solo non lo hanno sfavorito sul piano economico, ma lo hanno anche difeso negli ultimi tempi da un tentativo di scalata dei francesi di Vivendi ai danni del suo controllo in Mediaset.

Detto ciò, l’ex premier potrebbe essere ancora più volpe di quanto non dia a credere, puntando a ostentare benevolenza verso Renzi, in modo da creargli problemi nel PD. D’altra parte, a sinistra per essere odiati dagli elettori e dai dirigenti basta poco, ma l’essere anche solo lontanamente associati al nemico dal 1994 in poi può segnare la fine di una carriera in un battibaleno. La nemesi renziana, quel Massimo D’Alema oggi a spingere per strappare consensi alla sinistra del PD, deve la sua caduta agli inferi sul piano politico-elettorale proprio alle accuse di inciucio con Berlusconi, ai tempi in cui fu premier e anche quando al governo vi era Romano Prodi. E nemmeno D’Alema riuscì a tornare a Palazzo Chigi dal 2000 in poi, dopo avere perso malamente una tornata amministrativa, quella delle regionali, vinte allora dal centro-destra berlusconiano. (Leggi anche: Perché Renzi è una zavorra per il PD)

Viene il dubbio, quindi, che il leader di Forza Italia si ponga come obiettivo la distruzione dall’esterno del PD, facendolo esplodere per effetto delle divisioni al suo interno e confidando di limitare i danni a destra, perché i voti perduti dai delusi andrebbero a finire nelle mani “sicure” del Carroccio, al limite ingrossando anche le file dell’inconcludente Movimento 5 Stelle. Se riuscisse nell’intento, avrebbe portato a casa il capolavoro politico di maggiore rilievo in quasi un quarto di secolo di politica: la fine del centro-sinistra, che salterebbe in aria sulle spoglie del suo nemico.