La Banca Centrale Europea (BCE) ha assistito attonita al rally dei mercati finanziari dopo il rialzo dei tassi d’interesse e la successiva conferenza stampa di giovedì scorso. Il messaggio che l’istituto aveva inteso lanciare agli investitori era stato di segno opposto a quello recepito: la stretta monetaria non si ferma, perché l’inflazione nell’Area Euro resta elevata. Ma come sempre capita quando a parlare è il governatore Christine Lagarde, la confusione la fa da padrona. E così, l’annuncio che i tassi BCE saliranno dello 0,50% da oggi e di un altro 0,50% verosimilmente anche al board di maggio aveva paradossalmente portato agli acquisti di bond e azioni.

Spread giù, rendimenti dei BTp al collasso, borse europee euforiche.

Ed ecco che oggi ci ha pensato il governatore austriaco Robert Holzmann a smorzare l’entusiasmo, parlando della necessità di “mostrare i denti” contro l’inflazione. Il rischio di alzare i tassi BCE troppo sarebbe inferiore a quello di alzarli troppo poco, ha aggiunto. Infine, ha fatto presente che a maggio i tassi “quasi certamente” continueranno a salire, sebbene non ne sia stata ancora definita l’entità.

Ed ecco che i mercati hanno iniziato a riposizionarsi dopo guadagni giudicati eccessivi da parte degli stessi analisti. Perché se è vero che l’inflazione nell’Area Euro stia scendendo e che i tassi BCE si avvicinano al picco, la stretta non si arresterà né a marzo e forse neppure a maggio. Probabile che il tasso sui depositi salga fino al 3,50% dal 2,50% a cui è stato portato giovedì scorso. E questo significa un aumento del costo del denaro di altri 100 punti base o 1%.

Tassi BCE su, ma recessione più lontana

Non a caso, fiutando il fuoco di sbarramento attorno ai futuri rialzi dei tassi BCE, la scorsa settimana il governatore italiano Ignazio Visco ha invitato Francoforte a procedere “con cautela” con i prossimi passi.

Il numero uno della Banca d’Italia ha sostenuto la necessità di ponderare i rischi d’inflazione con quelli di recessione. E Carlo Bonomi, presidente di Confindustria, ha spiegato che, a suo avviso, le aziende sane non hanno di cosa preoccuparsi a seguito della stretta, né intravede la recessione per l’economia italiana.

Comunque la si veda, i tassi BCE sono saliti solo al 3% contro l’8,5% d’inflazione a gennaio nell’Eurozona. In Italia, siamo al 10,1% d’inflazione. Dunque, i tassi reali restano estremamente negativi come mai nella storia europea. Questo non significa che i rischi per i debitori non esistano. Poiché stati, aziende e famiglie stanno indebitandosi in questi mesi a tassi in forte crescita, quando negli anni prossimi l’inflazione sarà rientrata, gli interessi in termini reali risulteranno molto più alti che in passato e quasi certamente positivi. Questo riduce la domanda di prestiti e gli investimenti, impattando negativamente sul PIL.

Rispetto a prima del board, i mercati non intravedono né tassi BCE significativamente più bassi, né più alti. L’apice continua ad essere scontato per il mese di settembre, quando l’Euribor a 3 mesi scambia oggi al 3,50%, +1% da oggi. In teoria, ciò implica che il costo del denaro si porterà fino al 4% dal 3% odierno. Trattasi già oggi del livello più alto da fine 2008. Un’eternità per i tempi dei mercati. Forse anche per questo fa paura ciò che fino a pochi anni fa era semplicemente ordinario. Un’intera generazione di trader e investitori ha vissuto finora in un ambiente di tassi a zero.

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