Brusco inizio di settimana ieri con la riapertura dei mercati finanziari dopo il weekend di chiusura. Nel frattempo, due banche americane sono saltate in aria, una terza risultava già ieri mattina sull’orlo del crac e le autorità federali sono dovute intervenire con un piano di salvataggio per frenare il rischio di contagio. Le borse europee hanno reagito male. E c’era da aspettarselo. I cali maggiori hanno interessato, però, Piazza Affari. Sin dalle prime battute, l’FTSE MIB perdeva ben più della media continentale, scendendo fino a -4,7% contro il -2/-3% di Parigi e Francoforte.

Neanche Madrid perdeva all’incirca quanto Milano. A scatenare le vendite sono state le banche italiane. Da Unicredit a Intesa Sanpaolo, da MPS a BPER, i crolli sono arrivati a superare il 9%.

Un “sell off” arrivato dopo che per mesi le valutazioni degli analisti internazionali sono state positive sugli istituti di credito del Bel Paese, considerati tra i meglio posizionati per approfittare del rialzo dei tassi. Ma c’è un altro dato che fa riflettere e che da anni è stato messo in sordina. Banche, assicurazioni e fondi nazionali detengono il 38% del debito pubblico italiano, stando agli ultimi dati disponibili. Parliamo di oltre 1.000 miliardi di euro in titoli di stato e prestiti diretti. Da inizio 2022, i prezzi dei BTp sono scesi in media di oltre il 20%. Ad occhio e croce, insomma, la finanza italiana avrebbe accusato perdite virtuali per 200 miliardi di euro. Virtuali solo finché i titoli di stato non siano rivenduti sul mercato. A quel punto, diverrebbero reali.

Doom loop per banche italiane

E’ un fenomeno noto come doom loop, vale a dire il legame tra bilanci bancari e bilancio dello stato. Fonte di preoccupazione nel Nord Europa da anni, tanto che prima della pandemia alla BCE avevano pronto un piano per costringere le banche italiane a ridurre le esposizioni verso i BTp tramite una regolamentazione più stringente richiesta particolarmente dalla Bundesbank.

I “falchi” del Nord avranno buon gioco adesso a reclamare che tali nuove regole entrino in vigore. Eccepiranno che le banche italiane rappresentino un rischio sistemico per via degli elevati investimenti in BTp realizzati negli anni. E che creino qualche mal di testa in più alla BCE nello svolgimento del suo mandato, chiaramente tutto improntato alla difesa della stabilità dei prezzi. D’altra parte, se tale rischio sistemico deve essere sventato sul nascere, sarà proprio Francoforte a dover compiere il primo passo. Come? Ammorbidendo i toni sul rialzo dei tassi d’interesse. Una ripresa dei valori dei bond può essere al momento l’unica soluzione efficace per calmare i mercati e dissuaderli dal vendere asset finanziari.

Né si può credere che bastino 25 miliardi di dollari messi a disposizione dalle autorità americane per proteggere i depositi bancari per frenare la crisi di fiducia tra i clienti. Il “doom loop” ha agito anche negli Stati Uniti con perdite potenziali stimate in 626 miliardi di dollari. Ma sarà difficile tenere tutto assieme. La BCE ha smesso di riacquistare i titoli di stato per intero e pretenderebbe che le banche nazionali facessero altrettanto. Chi dovrebbe rifinanziare gli immensi debiti pubblici degli stati? Risposta: i mercati. OK, ma parliamo di soggetti stranieri dall’umore assai volubile, come dimostrano i fatti di questi giorni.

BCE responsabile del caos finanziario

Del resto, nel 2010 il 52% del debito pubblico italiano era in mani straniere. Fu l’apice mai raggiunto nel nostro Paese. L’anno seguente, la crisi dello spread mostrava l’altra faccia della medaglia di un dato che, teoricamente, avrebbe dovuto segnalare un elevato grado di fiducia verso il nostro stock. La verità è che i “falchi” del Nord non hanno alcuna idea di stabilità finanziaria, perseguendo un’agenda imbastita più da proclami ideologici senza alcuna attinenza alla realtà.

Il “doom loop” è diventato un’esigenza nel Sud Europa dopo che essi hanno impedito alla BCE di garantire condizioni di sicurezza per poter piazzare sui mercati i titoli del debito degli stati mediterranei.

Le banche italiane presidiano la stabilità del sistema, insieme al comparto assicurativo, puntando su asset di per sé molto sicuri, ma che tali non sono giudicati sui mercati. I BTp sono stati acquistati negli anni passati a tassi di rendimento infimi e prezzi altissimi. Con quali soldi? Quelli dei prestiti T-Ltro erogati dalla stessa BCE a tassi fino al -1% per tre anni. Se c’è una responsabile in questo legame perverso tra bilanci bancari e titoli di stato, questa è proprio Francoforte. Adesso che questi programmi monetari sono stati chiusi, le magagne stanno saltando una ad una a galla. E non sarà possibile per l’istituto centrale girarsi dall’altra parte e fingere che tutto questo caos sia frutto del caso.

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