Vi ricordate le tragicommedie nazionali sulla riforma del MES? Fonte di catastrofi in arrivo per alcuni, panacea di tutti i mali per altri. Fatto sta che domani si terrà l’Eurogruppo per fare il punto sulla sua attuazione e all’appello mancano solo quattro paesi, tra cui l’Italia. Francia e Portogallo sono in stato avanzato di approvazione da parte dei rispettivi parlamenti, mentre la Germania attende prima di conoscere la sentenza della Corte Costituzionale sul ricorso dei liberali (oggi al governo), i quali si sono mostrati contrari.

Il nostro Paese è l’unico che domani si presenterà a scuola impreparato senza giustificazione. E dire che il governo “dei migliori” aveva promesso l’approvazione entro fine 2021.

La riforma del MES, cioè del Meccanismo Europeo di Stabilità, permetterà di dotarsi di un Fondo di risoluzione bancaria nel caso in cui il Fondo unico di risoluzione dovesse rivelarsi insufficiente a sostenere qualche sistema bancario nazionale in crisi. Il memorandum d’intesa che i governi ad oggi dovrebbero sottoscrivere per ricevere prestiti in caso di emergenza sarebbe sostituito da una lettera d’intenti sulle riforme da approvare. E da quest’anno, le nuove Clausole di Azione Collettiva saranno apposte fino a tutti i titoli di stato di nuova emissione e con durata iniziale superiore ai 12 mesi. Esse prevedono un’unica votazione da parte degli obbligazionisti per approvare un’eventuale richiesta di ristrutturazione del debito.

Insomma, regole più snelle e apparentemente più efficienti per fronteggiare le crisi. Sui rischi del nuovo MES abbiamo ampiamente scritto in questi anni. Ma il tema è sparito dai radar. Nessuno ne parla più, eppure fino a quando vi era in carica il governo Conte sembrava che fosse un’esigenza nazionale imminente approvare la riforma. Anzi, PD e Italia Viva nell’allora maggioranza “giallo-rossa” e Forza Italia dall’opposizione chiedevano tutti i giorni al premier di richiedere il MES sanitario, cioè i prestiti “incondizionati” dell’ente legati alla lotta alla pandemia e che per l’Italia ammonterebbero fino a un massimo di 36 miliardi di euro.

Le bugie sul MES sanitario

Qual era l’argomento che i fautori portavano avanti per giustificare la proposta? Risparmieremmo tanti soldi con il MES sanitario e sistemeremmo a bassissimo costo la sanità. Ebbene, lo scorso venerdì il BTp a 10 anni offriva l’1,33%, mentre il bond UE di pari durata solamente lo 0,13%. Farsi prestare soldi dal MES costerebbe oggi quasi l’1,20% all’anno in meno, tenuto conto delle commissioni. Sui 30 anni, siamo al 2,05% contro lo 0,65%. La differenza è, in questo caso, dell’1,40%. Cifre notevoli, sebbene nessuno tra i partiti favorevoli al MES sanitario stiano più invocandone i prestiti. Anzi, per dirla con le parole degli esponenti di Italia Viva, “il MES ora è Draghi”.

La vicenda svela le ipocrisie e le balle raccontante agli italiani dai politici. Il MES sanitario non serviva all’Italia per ragioni economiche, se non (forse) marginalmente, bensì per creare i presupposti affinché Mario Draghi arrivasse al governo e per segnalare a Bruxelles l’inchino di Roma nei suoi confronti. D’altra parte, la riforma del MES non era urgente come volevano farci credere e, soprattutto, non priva di rischi. Stiamo lanciando ai mercati un messaggio pericoloso, ovvero che l’Europa si è dotata di meccanismi più flessibili per rinegoziare i debiti all’occorrenza. Un discorso che varrebbe teoricamente, anzitutto, per paesi molto indebitati come l’Italia. Immaginatevi la gioia di chi ci presta denaro nel sapere che sarà più facile eventualmente per Roma venire meno ai patti e imporre perdite ai creditori.

E’ legittimo avere opinioni discordanti sul MES, come del resto su ogni tema della vita. Il problema è la malafede di stampa e politica, quando strumentalizzano un argomento per giungere a obiettivi non dichiarati.

Il primo ad avere respinto l’idea di chiedere i prestiti sanitari all’Europa è stato meno di un anno fa proprio Draghi, notando come il differenziale degli interessi fosse minimo. E oggi che è salito a livelli di guardia, perché nessun giornalista gli chiede se abbia cambiato idea? E perché, se avevamo così bisogno di fondi per la sanità, con il Pnrr il governo ha destinato a tale voce solamente 20,2 miliardi in sei anni sui 235 complessivi? Perché il rapporto tra spesa sanitaria e PIL è atteso dallo stesso governo in calo nei prossimi anni, nonostante quanto ci siamo raccontati sotto la pandemia? Non sarebbe il caso che la politica italiana la smettesse di essere così vistosamente in malafede su quasi ogni tematica che tocchi la carne viva delle persone?

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