Nel nome di Leonardo Del Vecchio, Delfin torna alla carica. L’IVASS, l’authority di vigilanza sulle assicurazioni, ha autorizzato la cassaforte di famiglia a salire sopra il 10% di Generali e fino a una quota massima del 20%. La decisione si è resa necessaria dopo che nell’aprile scorso e in sordina, la famiglia Del Vecchio aveva chiesto di poter superare la soglia massima del 10% a cui era stata autorizzata. Tale soglia, a dirla tutta, era stata involontariamente già superata dopo che Generali aveva riacquistato azioni proprie.

Vero obiettivo sarebbe Mediobanca

La decisione annunciata oggi fa scattare il titolo del Leone di Trieste in borsa. Stamane, a Piazza Affari saliva di oltre il 4% a circa 19,50 euro. Il mercato sconta un’altra possibile battaglia per il controllo della compagnia a distanza di appena un anno da quella andata in scena nella primavera del 2022. Nel frattempo, il patron di Luxottica, fusa con la francese Essilor, è morto per una polmonite poco dopo essere stato sconfitto nell’assemblea degli azionisti. Insieme a Francesco Gaetano Caltagirone (6,23%), Benetton (4,83%) e Fondazione Crt (1,72%), ottenne il 30% dei voti contro il 40% che si raccolse attorno a Mediobanca e al consiglio di amministrazione di Generali. La banca guidata da Alberto Nagel controlla il Leone con il 13,10%.

Allora si disse che a vincere fosse stato il mercato contro le pretese di un nucleo di azionisti italiani di sovvertire le sorti di una compagnia ben gestita. Delfin ritiene, al contrario, che senza l’amministratore delegato Philip Donnet Generali andrebbe meglio. E ha un pensiero del tutto analogo per Mediobanca, di cui possiede il 19,8% delle azioni. In teoria, se salisse fino al 20% e ricreasse il fronte di un anno fa, sarebbe in grado di raggiungere e persino superare gli avversari. Per questo i vertici di Mediobanca saranno certamente in apprensione in queste ore, sebbene un capovolgimento della governance sia tutt’altro che scontata e facile in tempi brevi.

Per prima cosa, acquisire il 10% di Generali equivale a spendere oltre 3 miliardi di euro ai prezzi di mercato di venerdì scorso. Sono tanti denari persino per una holding che detiene partecipazioni per complessivi 30 miliardi e che ha chiuso il 2022 con un utile netto di 650 milioni. La liquidità alla famiglia Del Vecchio non manca, ma a questo punto viene da chiedersi perché non giochi direttamente le sue carte in Mediobanca. Oltre a partire da una quota di capitale doppia, l’intera banca capitalizza in borsa circa 950 milioni. Spenderebbe un decimo per detenere finanche la maggioranza assoluta da sola. Il fatto è che serve l’autorizzazione della Banca d’Italia per superare il 20%. E per ottenerla è necessario trasformarsi in società di diritto bancario.

Scalata Del Vecchio a Generali molto costosa

Per quanto il vero obiettivo di Delfin sarebbe controllare proprio Mediobanca, è su Generali che prosegue la battaglia iniziata un anno fa e che sembrava essere già cessata con la sconfitta di Del Vecchio e soci. Riparte il risiko bancario-assicurativo che vede i fondi stranieri prediligere lo status quo, anche per via degli ottimi risultati finanziari ottenuti dai due manager. Sarebbe semplicistico commentare l’iniziativa come lo scontro tra imprenditori italiani e stranieri. Gli ultimi anni di Leonardo Del Vecchio, in particolare, raccontano un’altra storia. La fusione con la francese Essilor fa dubitare che il tentativo della sua Delfin sia stato e continui ad essere quello di allontanare la finanza transalpina da Trieste.

Di certo c’è che i due titoli, specie quello Generali, è tornato appetibile in previsione di una possibile scalata da parte della holding. Sarebbe portata avanti da Francesco Milleri, amministratore delegato di EssilorLuxottica e presidente di Delfin. Tra l’altro, anche Caltagirone e Benetton possono rastrellare ulteriori azioni per salire nel capitale almeno fino al 10%.

Non dimentichiamo che i fratelli di Ponzano Veneto ottennero l’anno scorso 8,19 miliardi dalla cordata CDP-Blackstone-Macquarie per cedere l’88% detenuto in Autostrade per l’Italia. Tuttavia, c’è da dire che la somma è stata impiegata per salire dal 33% al 60% con l’OPA in Atlantia ed effettuare il successivo delisting.

Insomma, non è così semplice conquistare Generali. Anche ammesso che Delfin arrivi al 20%, eguaglierebbe la percentuale ottenuta dal CDA in assemblea l’anno scorso. Per avere certezza dei numeri, bisognerebbe muoversi in tandem con altri soggetti. I due principali indiziati sarebbero quelli sopra indicati, ma con ogni probabilità un aiuto arriverebbe solo da Caltagirone. Si preannuncia un’estate calda per i giochi della finanza tricolore.

[email protected]