Si tiene domani l’assemblea straordinaria dei soci di MPS, che dovrà varare l’aumento di capitale fino a un massimo di 5 miliardi di euro. Stando alle indiscrezioni di questa mattina, il quorum del 20% necessario per procedere alla votazione sarebbe stato raggiunto, ma non per questo la strada per Siena è in discesa. Tutt’altro. Oggi, alla sola notizia che la BCE ha inviato ispettori presso l’istituto, al fine di valutare l’assegnazione della tranche junior dei crediti deteriorati agli azionisti, ha provocato un tonfo in borsa delle azioni, sospese per eccesso di ribasso dalle contrattazioni a Piazza Affari.

La banca è alle prese con l’obiettivo di convincere gli obbligazionisti subordinati a convertire i loro bond in equity, in modo da contenere la ricapitalizzazione cash.

I bond subordinati del tipo Tier I saranno convertiti all’85% del loro valore, quelli meno rischiosi del tipo Tier II al 100%. Il problema è che dal momento in cui gli obbligazionisti diverranno azionisti, saranno soggetti alle variazioni dei prezzi dei titoli e per una banca, che nel solo ultimo anno l’85% del loro valore, il rischio di perdere quasi tutto il capitale investito è altissimo. (Leggi anche: Obbligazioni subordinate MPS, truffa della conversione è ufficiale)

Aumento MPS, perché potrebbe rivelarsi l’ennesimo flop per gli azionisti

A contemperamento delle preoccupazioni ci sarebbe, appunto, la ricapitalizzazione da 5 miliardi, che rafforzerebbe il patrimonio bancario. Le speranze di quanti accetteranno, loro malgrado, di convertire i bond subordinati in azioni si basano proprio sulle attese di un recupero delle quotazioni in borsa per MPS, che potenzialmente potrebbe tradursi in un’operazione loro vantaggiosa.

Tuttavia, quanto accaduto nell’ultimo triennio non depone in favore di queste aspettative. Nell’estate del 2015, la banca senese si ricapitalizzò per 3 miliardi, che sommati ai quasi 2 miliardi di valore in borsa precedenti all’aumento, avrebbero dovuto far valutare sul mercato l’istituto intorno ai 5 miliardi, quando oggi, invece, ne capitalizza appena 630 milioni di euro.

(Leggi anche: Obbligazioni MPS, così la banca è passata alle minacce)

 

 

Rischio di dimezzamento del valore per MPS

Una volta effettuato l’aumento, sempre che questo vada in porto (vedasi le tensioni politiche e finanziarie legate all’esito del referendum costituzionale), MPS dovrebbe valere in borsa almeno 5,6 miliardi, ovvero oltre il 63% del suo patrimonio netto. Una percentuale realistica? Niente affatto. Oggi come oggi, tra le grandi banche italiane solo Intesa-Sanpaolo vale in borsa intorno ai due terzi dei suoi assets netti, mentre la media delle prime 5 banche quotate in borsa, inclusa la stessa Intesa ed escludendo MPS, scende ad appena il 31%.

Se dopo l’aumento MPS dovesse essere valutata nella media delle altre principali banche, a Piazza Affari capitalizzerebbe poco oltre i 3 miliardi, ovvero il 46% in meno del suo valore attuale, sommato ai 5 miliardi della ricapitalizzazione. In altre parole, chi avrà convertito i bond subordinati in azioni MPS, si ritroverebbe tra qualche mese titoli dal valore più che dimezzato rispetto al valore di conversione, già in sé del 15% più basso di quello nominale per i bond Tier I alla scadenza.

E si tenga conto che stiamo parlando di un’ipotesi persino ottimistica. Perché mai MPS dovrebbe capitalizzare in borsa rispetto al suo patrimonio netto più di Unicredit, che oggi è valutata a meno di un quarto dei suoi assets netti? Certo, vero è che nel caso di successo della complessa operazione di salvataggio di Siena, i mercati finanziari sarebbero molto più distesi sull’Italia, in cui le banche hanno già perso la metà del loro valore quest’anno. Insomma, ci sarebbe spazio per una risalita delle quotazioni bancarie, ma da qui a ipotizzare che da appestata d’Europa, MPS si trasformerà in una calamita per gli investitori, appare un grosso azzardo.

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