Vi avevamo anticipato già in un articolo precedente sull’ipotesi di conversione “volontaria” delle obbligazioni subordinate MPS e vi avevamo messo in guardia di come si tratti di un’opzione alquanto rischiosa per i piccoli risparmiatori, se non di una vera e propria truffa ai loro danni, confezionata da stampa e istituto come se fosse, al contrario, un’azione miracolistica e senza perdite per nessuno.

Adesso, abbiamo la prova quasi ufficiale di quanto avessimo (purtroppo!) ragione. Già, perché Il Sole 24 Ore riporta oggi l’indiscrezione, secondo la quale la conversione riguarderebbe non più i soli obbligazionisti istituzionali, come si diceva in una prima fase, ma tutti, quindi, anche le famiglie.

Complessivamente, i bond subordinati emessi da MPS e oggi negoziabili sui mercati ammontano a un controvalore di 5 miliardi, di cui 2,3 nelle mani del canale retail.

La conversione resterebbe su base “volontaria”, ma si tratta di un eufemismo, a dir poco. Infatti, sarebbe sottoposta all’approvazione in assemblea da parte degli obbligazionisti subordinati, ma al di sotto di un certo quorum – questa la notizia – la conversione scatterebbe ugualmente, a condizioni più penalizzanti di quelle altrimenti offerte con l’adesione volontaria.

I risparmiatori avranno, quindi, la pistola puntata alle tempie e dovranno scegliere se buttarsi dal burrone volontariamente o se desiderano essere spinti da altri. Svelata la bufala della “volontarietà” della conversione, che se fosse confermata sarebbe un vero e proprio bail-in mascherato, vi ribadiamo le ragioni per cui bisognerebbe tenersi alla larga da una simile operazione.

 

 

 

La falsa alternativa offerta agli obbligazionisti MPS

Nelle scorse settimane, era trapelato il piano di porre un tetto minimo alla trasformazione dei bond in azioni del 60%. In sostanza, gli obbligazionisti con in possesso di titoli obbligazionari per 10.000 euro otterrebbero azioni per un controvalore non inferiore a 6.000 euro. In questo modo, in teoria, sarebbe salvaguardata un minimo la posizione degli obbligazionisti.

Tuttavia, dal momento della conversione, questi rimarrebbero ugualmente soggetti alle variazioni dei prezzi azionari sui mercati, mentre quasi certamente subirebbero anche una clausola di lock-up, per la quale non potrebbero cedere i titoli a terzi prima di un certo lasso di tempo.

Ora, l’operazione di ricapitalizzazione è seriamente a rischio, sia visti i trascorsi, sia anche considerando che essa è legata al buon esito della cessione dei crediti deteriorati per 27,7 miliardi e al valore stimato di un terzo. Tuttavia, cosa accadrebbe se il mercato fosse disposto ad accollarseli a un prezzo più basso? Servirebbero un aumento ancora superiore, con la conseguenza che se è già difficile reperire 5 miliardi oggi, a fronte di 660-670 di capitalizzazione attuale di MPS in borsa, quasi certamente si avrebbe un fallimento. Insomma, rischi enormi, che non vale la pena correre.