Le probabilità altissime che la Federal Reserve torni a tagliare i tassi negli USA sin dal board del 17-18 marzo stanno surriscaldando la temperatura anche a Francoforte, dove sul finire della scorsa settimana sono intervenuti ben due governatori centrali per smentire che la BCE stia preparando nuovi interventi per allentare la sua politica monetaria. A parlare sono stati il capo della Bundesbank, il tedesco Jens Weidmann, e il collega lituano Vitas Vasiliauskas. Secondo il primo, il tema è molto complesso e serve tempo per valutare l’impatto che la pandemia cinese stia avendo sull’economia mondiale e, nello specifico, su quella dell’Eurozona.

Il secondo ha negato che già al board del 12 marzo la BCE sia orientata a tagliare i tassi, ma ha aggiunto che “non c’è alcun problema per il board di incontrarsi in seduta straordinaria, senza dover attendere fino” al board successivo, in programma il 30 di aprile.

Tassi zero a lungo o austerità fiscale

Come spesso capita, le smentite a mezzo stampa equivalgono a una conferma. E senza nemmeno volerlo, i due governatori hanno reso bene l’idea di cosa stia accadendo all’Eurotower. A fronte delle richieste crescenti provenienti probabilmente da parte del board e dei tecnici, affinché si studino misure di ulteriore sostegno all’economia, minacciata dal rischio Coronavirus, le resistenze non sarebbero stavolta pregiudiziali, quanto semmai sui tempi. I “falchi” guidati dalla Bundesbank vogliono che non si adottino misure improvvisate, frutto più dell’emotività, anche perché Weidmann avverte che Francoforte non dovrebbe smarrire la ricerca di quella via d’uscita da anni di accomodamento monetario senza precedenti.

Al contempo, riconosce che le stime del suo istituto sulla crescita della Germania per quest’anno (+0,6%) potrebbero subire una qualche limatura. Del resto, l’economia tedesca vive di esportazioni e con questa congiuntura internazionale sempre più debole sembra assodato che ne risenta più di altri paesi in negativo.

Ad ogni modo, Weidmann resta cauto su nuovi stimoli, fiutando il rischio di effetti collaterali indesiderati e mettendo le mani avanti anche sulla revisione del target d’inflazione, voluta dal governatore Christine Lagarde, in quanto quello attuale, spiega, sia già abbastanza “chiaro, lungimirante e realistico”.

BCE senza margini di manovra

Senonché, il vero nocciolo del problema non è quando tagliare, bensì se sia possibile farlo. I tassi di riferimento risultano già azzerati, mentre quelli imposti sui depositi overnight delle banche da anni sono negativi, tagliati al -0,50% negli ultimi mesi di mandato di Mario Draghi. E dallo scorso novembre, la BCE ha riattivato gli acquisti di assets per 20 miliardi di euro al mese, così da iniettare ulteriore liquidità sui mercati. Infine, dallo scorso settembre tiene nuove aste T-Ltro con cadenza trimestrale, con cui far fluire prestiti a medio-lungo termine alle banche dell’area che li richiedono e a tassi tra lo zero e il negativo.

Cos’altro può fare Francoforte per impedire contraccolpi all’economia dell’area? Nulla impedisce a Lagarde di tagliare i tassi sottozero, ma a parte la dubbia efficacia di una simile azione, si andrebbe incontro a diverse criticità a carico delle banche, oltre che dei risparmiatori, con esiti non scontati e potenzialmente controproducenti. Per questo, la Fed sembra potersi muovere, disponendo di 175 punti base accumulati in 3 anni di rialzi dei tassi, la BCE ha perso l’opportunità di ricostituire un minimo di margini quando ne ebbe l’occasione tra la fine del 2016 e il 2018, ritrovandosi adesso con una cassetta degli attrezzi sostanzialmente vuota, benché se ne dica. Crescerà la pressione sulla Germania, affinché allenti la sua politica fiscale e magari accetti che si ammorbidiscano le regole europee sul debito.

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