La mareggiata a Venezia ha provocato due morti e sta mettendo in ginocchio una delle città al mondo più importanti sotto il profilo del patrimonio storico e artistico. Negozi e case allagati e la stessa Basilica di San Marco rischia. L’acqua alta quasi 1,90 metri è il secondo record di sempre per la città lagunare dopo quello del 1966. E subito sono partite le polemiche su una tragedia che si sarebbe potuta certamente evitare. Solo che in Italia funziona tutto al contrario: anziché inveire contro chi e cosa ad oggi impedisce che il sistema di protezione dalle mareggiate entri in funzione, si grida alla sua inutilità.

Parliamo del Mose, acronimo per Modulo sperimentale elettromeccanico, ma che per un accento si differenzia da Mosè, il personaggio biblico che separò le acque del Mar Rosso per consentire la fuga degli ebrei dall’Egitto. La costruzione è stata realizzata al 94% e per quel 6% che ancora resta da completare dovremmo attendere altri 2 anni abbondanti. Il condizionale è d’obbligo, perché l’opera avrebbe dovuto essere completata nel 2014. E il mese scorso è stato rinviato il collaudo per il sollevamento di una delle barriere, a causa di vibrazioni percepite come pericolose.

Per capire cosa sia il Mose, scusate se ricorriamo a un’immagine poco tecnica. E’ una sorta di barriera in metallo che si solleva da una base di cemento fissata in fondo al mare quando il livello della mareggiata supera gli 1,10 metri. L’avvio della costruzione, fortemente voluta dal governo Berlusconi, risale a 15 anni fa e da allora sono stati spesi 5,3 miliardi. In tutto, dovrebbe costare 7 miliardi e ogni anno il costo della manutenzione arriverebbe fino a 100 milioni. Tra ritardi “tecnici” e inchieste giudiziarie che negli ultimi anni hanno portato a svariati arresti – tra cui quello clamoroso dell’ex governatore Giancarlo Galan, condannato a una pena detentiva di 2 anni e 10 mesi e che ha già dovuto restituire 2,5 milioni, con la Corte dei Conti ad averlo condannato a un risarcimento dei danni per 5,8 milioni – quest’opera non è ancora in funzione e da anni giace dinnanzi alla città di Venezia, arrugginendosi senza alcuna utilità pratica.

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La polemica senza senso sul Mose

Ora, qual è il problema? La costruzione del Mose o la sua mancata completa realizzazione e messa in funzione? Per il Movimento 5 Stelle, l’acqua alta di questi giorni dimostrerebbe che il Mose sia inutile, sebbene per non mettere a rischio il governo più di quanto non lo sia quotidianamente per le divisioni nella maggioranza, riconosce che vada completato. Ma come si fa a definire inutile un’opera che non ha mai funzionato? Semmai, la tragedia della mareggiata dovrebbe spingere a un’autocritica genuina proprio chi, come i 5 Stelle, in Italia abbiano contrastato qualsiasi grande opera, dal Mose alla TAV, dalla TAP al Ponte sullo Stretto, dall’Alta Velocità per qualsiasi tratto ferroviario. Tutto inutile, tutto sempre maledettamente dannoso per l’ambiente e tutto uno spreco di denaro.

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Venezia in questi giorni si è trasformata, suo malgrado, da simbolo della ricchezza culturale a declino del Belpaese. Essa è la dimostrazione più palese di come l’Italia dei “no” stia distruggendo sé stessa anno dopo anno, lottando contro la modernità, anche quando questa sarebbe utile per tutelare il patrimonio storico-artistico, cioè le nostre radici. I 5 Stelle sono diventati maestri dell’arte della girata della frittata, pur essendo stati ormai ampiamente “sgamati” dagli elettori. Anziché fare “mea culpa” sulle tante, troppe opposizioni a opere necessarie per non regredire, rilanciano con la lotta ai cambiamenti climatici, come se Venezia potesse salvarsi da un destino altrimenti segnato facendo la raccolta della plastica e, meglio ancora, tassandola.

L’Italia non è mai stata in grande maggioranza ostile a nessuna grande opera, anzi! Tuttavia, rimane ostaggio di una minoranza rumorosa, spesso anche violenta, che crea divisioni, blocca per via giudiziarie e fa perdere anni preziosi. Il fatto che attorno al Mose vi sia stato un giro di tangenti, forse persino gigantesco, non implica anche che l’opera in sé sia stata sbagliata; semmai che la politica locale, così come nazionale, siano da decenni affollate da nani meschini, personaggi di terz’ordine e che andrebbero cacciati dalle istituzioni con il voto, anzitutto, mentre in molti casi sarebbe bene che facessero visita alle patrie galere. Ma la polemica sui miliardi “sprecati” per il Mose non solo è infondata, bensì persino offensiva verso una delle regioni italiane, che contribuisce maggiormente al gettito fiscale con i suoi ingenti “residui” e che non gestisce nemmeno la fase di costruzione, affidata alla nota “efficienza” di Roma.

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