Donne a 58 anni in pensione e gli altri a 62 anni, queste le modifiche

Per le donne, i giovani e i lavori usuranti, ecco le soluzioni con le pensioni a 58 anni per le prime, e a 62 anni per gli altri.
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4 settimane fa
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Età pensionabile effettiva a quasi 65 anni
Età pensionabile effettiva a quasi 65 anni © Investireoggi

In materia previdenziale, i campi di intervento del governo sulle pensioni restano sempre gli stessi. Qualsiasi sia l’esecutivo in carica. Se riformare il sistema è una necessità, gli argomenti prima citati lo dimostrano a chiare lettere.

Da tempo ormai non si registrano più summit e incontri tra governo e sindacati in materia di pensioni. Ma proprio dai sindacati arrivano novità importanti: studi che evidenziano cosa manca al sistema per essere davvero equo. Studi dai quali nascono proposte concrete per una maggiore flessibilità pensionistica, come l’uscita a 62 anni, o il ripristino del pensionamento a 58 anni per alcune categorie, senza le attuali limitazioni.

Donne a 58 anni in pensione e gli altri a 62 anni: queste le modifiche

Secondo un’analisi elaborata da esperti della UIL, uno dei sindacati della triplice, la situazione previdenziale in Italia è tutt’altro che rosea. L’Italia risulta avere l’età pensionabile più alta tra gli Stati membri dell’Unione Europea. Grecia, Danimarca e Olanda, insieme all’Italia, guidano questa poco invidiabile classifica.

Va comunque sottolineato che in ogni Paese ci sono progetti in corso per l’innalzamento dell’età di uscita dal lavoro. Ma il dato attuale italiano è concreto e preoccupante, soprattutto per le categorie più svantaggiate citate in premessa.

Intervenire è ormai necessario. Se è vero che le pensioni italiane sono collegate all’aspettativa di vita, allora è chiaro che i requisiti continueranno a crescere, poiché la vita media della popolazione è in costante aumento. Merito della prevenzione e di uno stile di vita più sano. Tuttavia, questa tendenza penalizza fortemente i lavoratori, soprattutto quelli più fragili.

L’età pensionabile cresce: 67 anni nel 2027, oltre i 71 anni nel 2060

Con il progressivo allungamento della vita media, l’età pensionabile è destinata ad aumentare ancora: nel 2027 potrebbe arrivare a 67 anni e 3 mesi; nel periodo tra il 2030 e il 2040 rischia di superare i 68 anni; entro il 2060 potrebbe sfiorare i 71 anni.

Uno scenario tutt’altro che promettente, soprattutto per i giovani di oggi, che rischiano di vedere la pensione solo in tarda età.

Pensioni a 58 anni per le donne, a 62 anni flessibili: ecco cosa propone la UIL (ma serve riaprire il tavolo)

La UIL, sulla base dei dati raccolti, propone una soluzione concreta, ma al contempo sollecita il governo a riaprire il tavolo di trattativa, fermo ormai da troppo tempo. Le priorità dell’esecutivo, tra geopolitica, guerre, dazi e crisi internazionali, sembrano essere altre. Ma il segretario generale Pierpaolo Bombardieri insiste perché la riforma del sistema previdenziale torni nell’agenda politica.

Le proposte del sindacato sono chiare: pensioni flessibili a 62 anni, con il ripristino del pensionamento per le donne a 58 anni, eliminando i vincoli attualmente in vigore. Una combinazione che potrebbe dare nuova linfa al sistema previdenziale.

Ecco le soluzioni da introdurre per la riforma delle pensioni

Secondo la UIL (ma anche secondo molti altri soggetti da anni), è urgente introdurre un meccanismo di uscita flessibile, a partire dai 62 anni di età. Con particolare attenzione ai lavoratori che svolgono mansioni gravose o usuranti, per i quali l’uscita deve avvenire senza penalizzazioni.

Nella nostra interpretazione, l’uscita a 62 anni dovrebbe avvenire senza penalità, con i lavoratori che percepiscono la pensione calcolata sulla base dei contributi maturati fino a quel momento. Al contrario, chi decide di restare al lavoro più a lungo, dovrebbe essere incentivato, ma senza danneggiare chi sceglie di uscire prima. Anche perché chi lascia il lavoro a 62 anni, oggi, subisce già una penalizzazione: si blocca la carriera, cessano i versamenti, e l’INPS liquida assegni ridotti a causa dei coefficienti meno favorevoli rispetto a età più avanzate.

Opzione donna alla vecchia maniera: ecco come cambiarla

Se i lavori gravosi e usuranti meritano tutele, non meno devono riceverne le donne. Per questo motivo, la UIL propone il ritorno alla vecchia “Opzione Donna”, che pur non essendo mai stata particolarmente utilizzata, ha rappresentato per anni un’opportunità in più.

L’attuale versione della misura è quasi inutilizzata, non solo per le penalizzazioni economiche, ma anche per le restrizioni imposte alla platea. Oggi, infatti, possono accedervi solo donne invalide (con almeno il 74% di invalidità civile), caregiver conviventi da almeno 6 mesi con il familiare disabile, oppure licenziate o dipendenti di aziende coinvolte in tavoli di crisi ministeriali.

Ma le piccole e medie imprese non rientrano quasi mai in queste casistiche, nonostante anch’esse siano spesso in difficoltà. È evidente che serve una semplificazione e un allargamento dei criteri.

La proposta della UIL è chiara. Pensione flessibile a 62 anni per tutti e ripristino della vecchia Opzione Donna, che prevedeva l’uscita a 58 anni per le lavoratrici dipendenti. E a 59 anni per le autonome, con almeno 35 anni di contribuzione.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

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