Debito europeo per rimpiazzare il dollaro sul piano internazionale, ecco la proposta

Due economisti propongono di emettere debito europeo per strappare al dollaro lo status di valuta di riserva internazionale.
4 settimane fa
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Debito comune per rimpiazzare il dollaro
Debito comune per rimpiazzare il dollaro © Licenza Creative Commons

La credibilità del sistema finanziario americano vacilla, ma la fuga dal dollaro ancora non c’è. Se è vero che il suo tasso di cambio perde circa il 10% dai massimi segnati contro le altre valute mondiali a inizio anno, trattasi essenzialmente di riposizionamento dei portafogli dopo una lunga fase in cui il biglietto verde e Wall Street erano stati fortissimi. Inoltre, parliamoci chiaramente: l’alternativa al dollaro fino ad oggi non esiste. Ed è per questo che due illustri economisti, Olivier Blanchard e Angel Ubide, hanno presentato la loro proposta: puntare sul debito europeo.

Debito europeo fonte di tensione in UE

Vi ricordate i famosi Eurobond? Se ne discute da decenni.

Il primo che sul piano politico li mise sul piatto, fu l’allora ministro delle Finanze italiano, Giulio Tremonti. Era il 2010, alla vigilia di una crisi di nervi per l’euro e i debiti sovrani nell’area. Non se ne fece nulla. I tedeschi risposero “nein” tra il disgustato e il furibondo. La sola idea di condividere i debiti con stati come l’Italia fa uscire pazza ancora oggi la Germania. Se un leader cerca il modo per litigare con i tedeschi a un qualsiasi consesso internazionale, basta che tiri fuori l’argomento.

Il debito europeo, inteso come emissioni dell’Unione Europea, esiste nei fatti. In questi anni, Bruxelles sta collocando sul mercato centinaia di miliardi di euro di Eurobond per finanziare il Next Generation EU da circa 800 miliardi entro il 2026. Eppure, non stanno avendo il successo sperato. Offrono rendimenti maggiori di quelli dei Bund lungo la curva delle scadenze, in quanto sono considerati un fenomeno senza futuro dopo il 2026 e di piccole dimensioni. I provider finanziari internazionali l’anno scorso non li hanno inseriti nei rispettivi indici proprio perché non li considerano a tutti gli effetti titoli sovrani, né ampiamente liquidi.

L’assenza di un safe asset europeo

Da anni la Banca Centrale Europea (BCE) va ripetendo che ci sia la necessità di un “safe asset” tutto nostro. Nei giorni scorsi, ha notato che il peso dell’euro tra le riserve valutarie è stato superato dall’oro, vera alternativa al dollaro. L’Eurozona ha 20 differenti titoli di stato, alcuni dei quali con rating medio-bassi come i BTp. I Bund fungono da riferimento per l’area, ma allo stesso tempo hanno un mercato non confrontabile con quello dei Treasury americani e dei bond giapponesi, rispettivamente a 28.600 e 11.000 miliardi di dollari. La Germania è un’economia per dimensioni uguale a quella nipponica, ma con un debito assai più basso in rapporto al Pil. Il mercato dei Bund a fine 2024 non arrivava a 2.000 miliardi di euro.

L’assenza di un “safe asset” rappresenta un oggettivo problema per il nostro continente. Ammesso che gli investitori stranieri volessero portare i loro capitali da noi per impiegarli in un “porto sicuro”, dove andrebbero? Mancando debito europeo, viene meno lo stesso impulso ad abbandonare il dollaro. Ed è qui che Blanchard e Ubide dicono la loro. L’obiezione più facile alle emissioni comuni consiste nel fatto che l’UE non disponga di entrate proprie, per cui non dovrebbe esserle consentito di indebitarsi più di tanto.

I due economisti suggeriscono un eventuale approccio più conservativo: emissioni al posto dei debiti nazionali per il 25% delle loro dimensioni.

Piano Blanchard-Ubide

In pratica, Bruxelles non s’indebiterebbe in più rispetto agli stati, bensì al posto loro e per una quota minima. Non solo verrebbe superata l’obiezione di cui sopra, ma anche ridimensionata la preoccupazione tedesca e degli alleati nordici riguardo all’azzardo morale. Berlino capeggia il fronte di chi pensa che il debito europeo finirebbe per spingere gli stati nazionali, specie al Sud, al lassismo fiscale. Poiché non si avrebbe percezione e punizione immediata per le proprie azioni, ciascun governo spenderebbe oltre il dovuto. Considerazioni del tutto ragionevoli, va riconosciuto.

Come avverrebbe all’atto pratico l’attuazione del piano Blanchard-Ubide? Le scadenze nazionali sarebbero rifinanziate dalle emissioni di debito europeo e/o queste ultime finanzierebbero il riacquisto di bond nazionali sul mercato. Quanto ai costi legati agli interessi, a Bruxelles verrebbe offerta la garanzia su alcune entrate fiscali come l’IVA. Ciò esiterebbe un’operazione “win-win”: l’UE avrebbe finalmente un suo “safe asset” con cui attirare capitali dal resto del mondo e affermare il ruolo dell’euro; i governi beneficerebbero quasi certamente di rendimenti più bassi su una parte dei loro debiti con la possibilità di un contagio positivo per i debiti nazionali.

Debito europeo da solo insufficiente

Resta un ultimo ostacolo da sormontare: la Germania. Poiché i Bund rendono meno dei titoli del debito europeo, la convenienza spicciola per i tedeschi non ci sarebbe. Anzi, rischierebbero di rimetterci in termini di maggiore spesa per interessi. Il beneficio per loro consisterebbe nel condividere con gli altri partner un euro divenuto “safe asset” sui mercati internazionali. E questo ci consentirebbe di rifinanziarci nel settore pubblico così come nel privato a costi complessivamente inferiori, come accade da molti decenni negli Stati Uniti.

Certo, da solo il debito europeo non basterebbe. La stessa BCE riconosce che ci vorrebbero anche “credibilità geopolitica” e “resilienza economica”.

E’ vero che ci siamo svegliati dal torpore e stiamo affannandoci a riarmarci per sganciarci dall’eccessiva dipendenza militare verso gli USA. Ma siamo ancora alle parole, per i fatti serviranno molti anni. La stessa economia da decenni cresce poco nel continente, a causa di un eccesso di burocrazia centrale e nazionale e a politiche scriteriate come di recente con il Green Deal. La dipendenza dalle materie prime altrui resta un altro grosso limite. Per non parlare della governance comunitaria, che è tutto tranne che credibile ed efficiente.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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