Dipingere Donald Trump come un presidente instabile e persino incapace di implementare le sue promesse elettorali, costretto a compiere ogni giorno un passo indietro rispetto ai proclami, può aiutarci a fingere che la realtà sia ben diversa da quella che è. Resta il fatto che essa stia per essere plasmata dalla Casa Bianca a suo piacimento. I dazi sulle merci importate dall’Europa, beninteso Unione Europea, ci ricordano che siamo la parte debole del tavolo negoziale. E checché ne dicano a Bruxelles, i commissari stanno cedendo su tutta la linea.
Dazi per Europa al 20%
Andiamo ai fatti. Il 2 aprile scorso, in diretta mondiale, Trump annunciava i dazi sulle importazioni dal resto del mondo.
Tariffe minime del 10% e differenziate per il resto in base ai dati specifici delle relazioni commerciali. Più grande lo squilibrio, maggiori l’innalzamento della tariffa. Per l’UE è salita al 20%, un drastico aumento dal 2,4% medio fino a quel giorno. Al fine di trovare un’intesa con la Commissione, l’amministrazione americana sospendeva la nuova tariffa per 90 giorni, cioè fino al prossimo 9 luglio. Resta fino ad allora in piedi quella minima del 10%.
L’UE reagiva a parole minacciando fuoco e fiamme. Vi ricordate i toni bellicosi del presidente francese Emmanuel Macron? Per quanto la posizione della Commissione fu sin dall’inizio più prudente, la linea apparve subito improntata ad un misto tra trattative e sfida: Trump alzerà i dazi con l’Europa? E noi stangheremo i suoi colossi digitali. Siamo a poche settimane dalla scadenza e si prospetta il raggiungimento di un accordo per nulla favorevole alla nostra economia.
UE-USA, dubbi su entità dell’avanzo
I dati su cui fa leva Trump dicono che nel 2024 abbiamo esportato negli USA merci per 198 miliardi di euro in più rispetto alle importazioni. Quanto ai servizi, la bilancia risultava pendere a favore degli USA per 148 miliardi. Il nostro avanzo commerciale netto sarebbe stato complessivamente di 50 miliardi. Tuttavia, fonti americane sostengono che esso si sarebbe attestato a 161 miliardi di dollari, circa 155 miliardi di euro al cambio di fine anno. Trattasi del triplo di quanto dichiarato da Bruxelles.
Maggiori importazioni di energia dagli USA
Il vero punto è un altro: i dazi sulle merci importate dall’Europa sono e resteranno probabilmente quadruplicati rispetto a poche settimane fa. Addirittura, su acciaio e alluminio sono saliti al 50%. Contrariamente ai messaggi roboanti di aprile e maggio, l’UE sta accettando in toto le condizioni poste da Trump. Si prepara, ad esempio, ad importare più gas e petrolio dagli USA. E per farlo ha già preparato una transizione per azzerare le importazioni dalla Russia al più tardi entro il gennaio 2028.
L’anno scorso, l’UE importava 450 milioni di tonnellate di petrolio, circa 75 di gas naturale liquido (GNL) e 100 milioni in forma gassosa. Gli USA sono diventati un partner primario con importazioni per il 16,1% riguardo al petrolio e il 45,3% per il GNL. La quota della Russia è scesa al 3% per il petrolio, al 17,5% per il GNL e al 16,6% per il gas attraverso le pipeline.
Cosa accadrebbe se importassimo dagli USA tutto il petrolio e il gas che ancora continuiamo a comprare dai russi? I calcoli sono presto fatti: alle attuali quotazioni di mercato e tassi di cambio, pagheremmo agli americani oltre 25 miliardi di euro in più all’anno per avere la loro energia.
L’affare di Trump
E considerato il valore delle nostre esportazioni di merci, i dazi sull’Europa porterebbero nelle casse doganali americane almeno altri 60 miliardi di dollari. Grosso modo, Trump avrebbe recuperato in un modo e nell’altro almeno la metà del disavanzo commerciale lamentato con il continente. Certo, a pagare saranno i consumatori americani, che verosimilmente acquisteranno le stesse merci a costi più alti. Questo è un altro discorso sul quale abbiamo già palesato le nostre perplessità. Tuttavia, sul piano strettamente negoziale l’UE ne sta uscendo a pezzi. Compreremo più energia americana e le nostre merci rimarranno soggette a dazi in media quadrupli rispetto a prima. Un affarone.
Quanto ai costi dell’energia, si specula spesso in Europa che il gas americano ci costerebbe di più per via del trasporto via nave e della necessità di liquefare e poi rigassificare la materia prima. In realtà, alle attuali quotazioni il gas negli USA viene venduto attorno ai 25-26 euro per MWh (29-30 dollari) contro i 40 alla Borsa di Amsterdam. Includendo i costi di trasporto e di rigassificazione, arriveremmo attorno ai 35 euro. Il dato risulterebbe ancora inferiore al costo d’importazione da Mosca. Vero è che prima della guerra in Ucraina compravamo il gas russo a un massimo di 25 euro per MWh. Ma bisogna rassegnarsi al fatto che i bei tempi siano andati, nonché tenere conto che non possiamo rimanere strategicamente dipendenti da una dittatura apertamente ostile al nostro continente.
Europa sui dazi esce sconfitta
Se l’Europa riuscisse almeno a tornare ai dazi precedenti, tutto sommato l’avremmo scampata. Appare ormai un miraggio tendere all’azzeramento reciproco dei dazi. Sarebbe stato lo scenario in assoluto migliore, in quanto avrebbe creato benefici netti per ciascuna delle parti anche rispetto a prima del 2 aprile. Ma come avevamo avvertito a suo tempo, il coltello dalla parte del manico ce l’ha chi compra e non chi vende.
Mesi di propaganda non sono riusciti a scalfire la realtà: l’Europa pagherà di più per vendere sul mercato americano e s’impegnerà ad aumentare le importazioni di energia, favorendo il business delle compagnie americane. Abbiamo riso e deriso il presidente americano, ma siamo sicuri che lo stupido sia lui?