Gli atti impositivi infondati, specialmente se basati su valutazioni tecniche già certificate, devono essere rivisti o annullati anche in autotutela per evitare conflitti inutili e danni economici.
Questo uno dei passaggi principali dell’atto di indirizzo pubblicato dal MEF in data 2 luglio 2025 in materia di crediti d’imposta non spettanti o inesistenti con cui si mira anche a ridurre il numero di contenziosi in essere.
Il documento del MEF va ben oltre l’aspetto interpretativo: è una chiara presa di posizione sull’applicazione delle sanzioni in materia di crediti d’imposta non spettanti o inesistenti, e sull’approccio che l’amministrazione finanziaria dovrà tenere nei prossimi anni.
La nuova definizione di crediti non spettanti o inesistenti
Il punto di partenza è il Decreto Legislativo 87/2024, che ha riformato il sistema sanzionatorio tributario intervenendo, tra l’altro, sul D.Lgs. 74/2000.
In particolare, ha introdotto le definizioni normative più specifiche dei concetti di credito d’imposta inesistente e credito non spettante. Due categorie spesso confuse nella prassi, con conseguenze sanzionatorie rilevanti.
Secondo quanto previsto dall’art. 1, comma 1, lettera g-quater del D.Lgs. 74/2000 (come modificato), il credito si considera inesistente quando è privo, in tutto o in parte, dei requisiti soggettivi o oggettivi richiesti dalla disciplina normativa di riferimento. È il caso, ad esempio, di un credito dichiarato per operazioni mai avvenute, o fondato su documenti non veritieri o artifici.
Il credito non spettante, invece, come indicato nella lettera g-quinquies dello stesso articolo, ricorre quando pur esistendo, viene utilizzato in violazione delle modalità di utilizzo previste dalla legge, oppure in misura superiore a quanto spettante. O ancora in assenza dei presupposti formali richiesti.
In sostanza, il credito ha un fondamento normativo, ma la sua fruizione avviene in difformità rispetto alle regole.
Questa distinzione è fondamentale per la qualificazione delle condotte, per la determinazione delle sanzioni applicabili – sia amministrative che penali – e per il corretto esercizio dei poteri di accertamento.
Considerate le nuove norme, sono cambiate anche le sanzioni per il credito superbonus.
L’Atto di indirizzo del MEF: ridurre il contenzioso, garantire coerenza applicativa
L’Atto di indirizzo sui crediti inesistenti o non spettanti ha come scopo dichiarato quello di guidare l’azione degli uffici dell’Amministrazione finanziaria, offrendo una chiave di lettura unitaria e coerente sull’applicazione delle nuove definizioni.
Nel documento si afferma, tra l’altro, che è necessario limitare il contenzioso e garantire maggiore certezza giuridica nell’applicazione delle norme”.
A tale scopo, il MEF invita l’Amministrazione a valutare in modo accurato la qualificazione del credito in fase di accertamento, distinguendo correttamente tra fattispecie di inesistenza e di non spettanza.
Il criterio guida deve essere quello della oggettività e della ragionevolezza.
In presenza di dubbi interpretativi, o in situazioni caratterizzate da elementi tecnici complessi, l’attività impositiva deve tenere conto dell’eventuale esistenza di certificazioni tecniche o di altri elementi che dimostrino la buona fede del contribuente e la sostanziale correttezza dell’operazione.
La valorizzazione della certificazione tecnica
Uno degli aspetti centrali dell’Atto di indirizzo è proprio il riconoscimento del valore della certificazione tecnica, rilasciata da soggetti qualificati o da enti accreditati.
Secondo il MEF, tali certificazioni – se coerenti con la normativa vigente e rilasciate prima della fruizione del credito – costituiscono un presidio rilevante sia per la tutela del contribuente, sia per l’efficacia dei controlli.
L’Amministrazione è quindi chiamata a valutare con attenzione la documentazione prodotta, e a non disconoscere aprioristicamente elementi tecnici già validati da professionisti abilitati, se non in presenza di elementi concreti che ne mettano in discussione l’attendibilità.
Questo passaggio rappresenta una svolta importante: si riconosce che il contribuente che si affida a valutazioni tecniche qualificate non può essere equiparato a chi omette o falsifica i dati, e che la distinzione tra errore tecnico e condotta fraudolenta deve guidare l’azione dell’ente impositore.
Riesame e autotutela: quando l’atto va annullato
Il documento entra anche nel merito dell’esercizio del potere di autotutela, sottolineando che:
gli atti impositivi che risultino infondati alla luce dei criteri esposti, in particolare se basati su valutazioni tecniche già certificate, devono essere riesaminati o annullati, anche in autotutela.
Questa espressione, formale ma incisiva, indica un principio di responsabilità amministrativa: laddove l’atto impositivo non regga a un’analisi conforme alle indicazioni ministeriali, l’Amministrazione deve provvedere autonomamente a correggere l’errore, senza attendere l’esito di un eventuale contenzioso.
L’obiettivo è quello di evitare danni economici e reputazionali, non solo per il contribuente ma anche per l’amministrazione stessa. E di promuovere un uso più efficiente delle risorse pubbliche.
Una direzione condivisibile, in attesa di applicazione concreta
L’Atto di indirizzo del MEF, pur non avendo forza di legge, costituisce un riferimento importante per orientare l’attività degli uffici. E offre uno strumento utile per contribuire alla definizione di una prassi uniforme sul territorio nazionale.
È evidente che la sua efficacia dipenderà dall’effettiva attuazione operativa da parte degli organi competenti. Ma l’intento è chiaro: rafforzare il principio di proporzionalità, dare certezza al contribuente e ridurre l’attrito sistemico che da anni caratterizza il rapporto con il Fisco.
Se applicato correttamente, questo documento potrà rappresentare un punto di equilibrio tra esigenze di tutela dell’erario e rispetto dei diritti dei contribuenti. In particolare nei casi complessi, in cui le valutazioni tecniche svolgono un ruolo cruciale.
Riassumendo
- Distinzione chiara tra credito inesistente e non spettante. Il MEF richiama le definizioni introdotte dal D.Lgs. 87/2024, chiarendo che il credito inesistente è privo dei presupposti sostanziali, mentre quello non spettante è fruibile in violazione di modalità o limiti normativi.
- Certezza giuridica e uniformità interpretativa. L’atto mira a garantire una linea comune per tutti gli uffici fiscali, riducendo il margine di arbitrarietà. E incentivando interpretazioni coerenti sul piano tecnico e normativo.
- Valorizzazione della certificazione tecnica. Se il credito è supportato da una certificazione tecnica rilasciata da soggetti qualificati, tale documento deve essere tenuto in debita considerazione. E non può essere ignorato senza solide motivazioni.
- Contenziosi da evitare se l’atto è infondato. Il documento prevede che, in presenza di atti impositivi infondati – specialmente se basati su valutazioni tecniche già certificate – l’Amministrazione debba riesaminarli. O annullarli anche in autotutela.
- Tutela del contribuente e buona fede. Si rafforza il principio di proporzionalità nei controlli. Il contribuente che agisce con trasparenza e si avvale di strumenti tecnici adeguati non può essere penalizzato al pari di chi agisce in frode.