Botta e risposta con il consulente del lavoro: gestire un’impresa con vecchio e nuovo personale nel 2023

Cosa vuol dire gestire il personale di un'azienda nel 2023? Quali sono i vantaggi per le nuove assunzioni? Ce lo spiega la Dott.ssa Silvana Vinti, consulente del lavoro, in questa intervista
2 anni fa
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gestire impresa 2023 intervista

Il parere di Silvana Vinti, esperta in consulenza del lavoro e gestione del personale, elaborazione paghe e contributi oltre che conteggi per vertenze di lavoro. 

Dalle assunzioni agevolate, passando per i buoni benzina fino alla modifica della normativa relativa al tetto dei premi di produzione per i lavoratori.  Sono molte le novità a favore di imprese e dipendenti contenute nella Nuova Legge di Bilancio per il 2023 (29 dicembre 2022, n. 197) su cui abbiamo voluto fare il punto in questo approfondimento.

Abbiamo parlato degli incentivi alle assunzioni, tra novità e conferme, dei cambiamenti riguardo ai fringe benefit e molto altro con Silvana Vinti, consulente del lavoro esperta in elaborazione delle buste paga e gestione del personale.

Vinti è anche commercialista iscritta all’albo oltre che esperta dei conteggi per le vertenze di lavoro. 

Aiuta principalmente le PMI, le piccole medio imprese che costituiscono la maggior parte del tessuto produttivo del nostro paese, nella gestione del personale abbattendo i costi per l’azienda, pur nel rispetto delle esigenze dei dipendenti e delle aziende.

In cosa consiste la professione del consulente del lavoro e quali competenze sono richieste?

Il consulente del lavoro è il braccio destro delle piccole e medie imprese italiane: coadiuva la gestione del personale delle aziende, rispettando le leggi in materia e seguendo il diritto del lavoro e dalla contrattazione collettiva nazionale (al posto del reparto HR, di solito presente solo nelle medie-grandi imprese anche se, logicamente le due figure professionali non possono essere paragonate né sostituirsi l’uno all’altra).

L’apporto di un professionista è fondamentale per tenere sotto controllo gli aspetti legati alle assunzioni, ai contratti e alle buste paga dei propri dipendenti, evitando di incorrere in problematiche che solitamente si possono evitare. Inoltre, un consulente risolve i problemi di inquadramento del personale, laddove sorgono, e gestisce relazioni e comunicazioni con l’ispettorato del lavoro, Inail, Inps, Ministero del Lavoro e Agenzia delle entrate.

 

Cosa fa in pratica un consulente del lavoro?

Molti si limitano all’elaborazione delle buste paga e agli adempimenti obbligatori.  Io cerco di dare un apporto unico e specialistico rispetto a quello che possono fornire altri professionisti, avvalendomi di altri collaboratori: un commercialista per la parte contabile e un avvocato esperto in diritto del lavoro.

I miei compiti non si limitano all’elaborazione dei cedolini paga: sono in grado di offrire un supporto consulenziale a 360° anche per tutto ciò che riguarda l’organizzazione dei ruoli e dei turni aziendali e le procedure interne. Un consulente del lavoro, quindi, può essere di grande aiuto nell’organizzazione aziendale, essendo un professionista specializzato proprio negli ambiti di diritto del lavoro e gestione del personale. 

Può spiegare come funziona la tassazione dei fringe benefit nel 2023 per le imprese? Convengono davvero?

Si parla molto di fringe benefit che rappresentano un efficace strumento di riduzione del cuneo fiscale per i lavoratori subordinati e parasubordinati, sia a livello di imposizione IRPEF sia di contributi INPS entro specifici tetti massimi. 

Quando si parla di welfare aziendale e in particolare di fringe benefit, si pensa sempre all’auto aziendale concessa al lavoratore dipendente in uso promiscuo dal datore di lavoro.

C’è molta confusione dato che in verità, i fringe benefit possono essere concessi sotto forma di beni e servizi dal datore di lavoro ai dipendenti. Ad esempio, è un fringe, l’abbonamento all’autobus o a qualsiasi altro mezzo pubblico, i buoni pasti, i buoni carburante. 

I buoni pasto sono erogabili anche ai lavoratori in smart working e ai lavoratori a tempo parziale che possono usufruirne se l’articolazione del lavoro prevede il diritto alla pausa pranzo. 

Per quanto riguarda il bonus carburante previsto dalla Legge di Bilancio 2023, si può erogare al dipendente nei limiti di 200 euro annui.

Questo importo non concorre alla formazione dell’imponibile fiscale e contributivo in busta paga ed è fiscalmente deducibile per il datore di lavoro. Se si supera la soglia di 200 euro, i buoni sono tassati normalmente ai fini contributivi, almeno questo è certo per il 2023. 

Gli incentivi sono a carico delle imprese o dello Stato?

Questi incentivi aiutano i dipendenti a vivere un po’ meglio ma sono erogazioni che spettano al datore di lavoro solo su base volontaria. Il datore può concedere i fringe ad personam oppure solo a una categoria di lavoratori, per qualsiasi motivo. Oppure può non concederli proprio. 

L’importante è sapere che il costo è a totale carico del datore di lavoro, non è previsto un rimborso dallo Stato, a differenza dei bonus in busta paga del 2022: l’indennità una tantum di 150 euro, prevista dal decreto Aiuti ter di novembre 2022 e il bonus da 200 euro di luglio, istituito per compensare l’aumento dei prezzi energetici dovuti alla guerra in Ucraina.

Nel caso dei fringe, invece, è necessario inserirli in una programmazione economica e finanziaria, vedere se l’azienda può permetterselo, prima di emetterli. 

Ovviamente sono costi deducibili, quindi agevolano il dipendente e dall’altra aiutano il bilancio aziendale in quanto strumento fiscalmente deducibile. Conviene, in sostanza, ad entrambe le parti: per avere delle spese deducibili da parte dell’azienda e allo stesso tempo abbassare la pressione fiscale sui lavoratori.

I fringe benefit fino a 3mila euro comprendevano tutte le somme erogate o rimborsate dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche (bollette di acqua, luce e gas). Su questi fronte c’è stata ulteriore confusione e, alla fine, nessuno è riuscito a sfruttarli: la normativa era poco chiara e c’erano mille postille da rispettare tra cui verificare che effettivamente l’utenza fosse a carico del dipendente.

I fringe benefit probabilmente non saranno prorogati nel 2023. Così come il tetto di 3 mila euro, che non varrà più per l’anno corrente a meno che i datori di lavoro non lo abbiano erogato entro il 12 gennaio 2023.

  Dopo il 12, si tornerà alla precedente cifra di 258,23 euro. 

Quali incentivi alle assunzioni ci sono nei contratti di lavoro?

Assumere personale è abbastanza costoso e non ci sono abbastanza agevolazioni in Italia, a meno che non si voglia assumere un lavoratore giovane o avanti con gli anni. Fuori da questo range c’è poca scelta. 

Tuttavia nel 2023, viene introdotta una novità interessante per le assunzioni agevolate di giovani under 36, per le donne e i beneficiari del reddito di cittadinanza: è stato innalzato il tetto massimo dello sgravio contributivo fino a 8000 euro. Ricordo che l’esonero trova applicazione solo per i contributi da versare all’INPS. Non per la parte INAIL e riguarda il 100 %dei contributi per 3 anni. Questo periodo di 36 mesi è elevato a 48 mesi per le aziende con una sede o un’unità produttiva in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia.

Quest’agevolazione deve essere ancora approvata dalla Commissione UE: questo sgravio è concesso, infatti, ai sensi della sezione 3.1 della comunicazione della Commissione europea C(2020) 1863 final del 19 marzo 2020, e successive modifiche del “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19” (c.d. Temporary Framework). L’ultima autorizzazione, pervenuta nel 2022, ha permesso la fruizione del beneficio l’anno scorso: attendiamo, quindi, quelle successive per poterne beneficiare quest’anno.

L’obiettivo è di agevolare l’accesso al mercato del lavoro per quelle categorie di lavoratori che il Governo definisce esclusi e a rischio di esclusione

Occorre rispettare particolari requisiti?

Ovviamente per poter usufruire dell’esonero, occorre rispettare determinati requisiti.

Per esempio, è valida solo per l’assunzione di giovani under 36 a tempo indeterminato e in caso di trasformazione di contratti già in essere da tempo determinato a tempo indeterminato.

Una delle caratteristiche importanti da rispettare è che il lavoratore non sia mai stato occupato nell’arco della sua vita lavorativa a tempo indeterminato. Sia nella stessa azienda sia in altre imprese. Non possono beneficiarne i lavoratori assunti con rapporti di apprendistato e gli assunti entro 6 mesi dal titolo di studio. Oltre che le categorie lavorative di colf e badanti. 

Per i percettori di reddito di cittadinanza hanno previsto questo incentivo con il 100% di sgravio contributivo e l’assunzione a tempo indeterminato. In questo caso, però, l’esonero ha validità massima di 12 mesi e 8000 euro su base annua. 

Per l’assunzione delle donne resta sempre il tetto di 8000 euro di sgravi contributivi ma cambiano i requisiti. Rispetto alle altre categorie di lavoratori possono beneficiarne le lavoratrici con almeno 50 anni d’età e disoccupate da oltre 12 mesi. Oppure donne di qualsiasi età con residenza nelle Regioni considerate svantaggiate: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia.

Possono beneficiarne anche le donne disoccupate con più o meno di 50 anni però disoccupate da 24 mesi. 

Per i lavoratori disabili, ad oggi, le assunzioni restano quelle di sempre: i lavoratori non abili entrano di default nelle aziende grandi o medie. Infatti, le aziende con più di 14 dipendenti devono riservare una quota di posti di lavoro ai soggetti disabili. La determinazione del numero dei soggetti disabili da assumere è data dal computo, tra i dipendenti, di tutti i lavoratori assunti con contratto di lavoro subordinato.

L’obbligatorietà mira alla promozione dell’occupazione di invalidi civili, invalidi del lavoro, non vedenti, sordomuti. Particolari forme di tutela sono rivolte a determinate categorie professionali nonché, in via transitoria, di alcune specifiche categorie protette.

Dal lato aziendale, queste assunzioni sono sottoposte a sgravi contributivi che vanno analizzate caso per caso.

Cosa sono i conteggi di lavoro in caso di vertenze alle imprese?

I conteggi di lavoro si ottengono dalla differenza tra le somme versate dal datore di lavoro e la rimanenza ancora da erogare. 

Possono venire richieste a un consulente del lavoro dal giudice del lavoro in caso di vertenze che coinvolgono il dipendente e l’impresa, per effettuare un conteggio oggettivo e un risarcimento corretto.

Ad esempio: Paolo Rossi è stato assunto per svolgere determinate mansioni, stabilite e siglate da un contratto inquadrato ad un determinato livello, magari il più basso del CCNL di riferimento. Nella quotidianità, si trova a svolgere mansioni più complesse, di responsabilità e autonomia di un livello retributivo superiore.  Paolo viene licenziato ingiustamente oppure decide di dare le dimissioni perché non tollera più la sua condizione lavorativa.

Paolo si rivolge ad un avvocato per portare avanti una vertenza per demansionamento e mancato pagamento delle buste paga. A questo punto, di solito,  l’avvocato chiama il consulente del lavoro per fare un conteggio delle differenze retributive e contributive che spettano al lavoratore. Quindi si elabora un conteggio tramite un programma e si fa il conto su quanto l’azienda deve ancora retribuire il lavoratore contando tutto, anche i permessi, le ferie e il TFR. 

Infine, i contratti di lavoro occasionale sono stati modificati?

Il lavoro autonomo occasionale si può svolgere senza partita iva e senza una particolare forma contrattuale. In questo caso, il lavoratore non è tenuto a rispettare un orario di lavoro fisso.

Il lavoratore autonomo offre la prestazione e lascia una ricevuta per prestazione occasionale: deve essere un lavoro sporadico e saltuario e deve rispettare alcune caratteristiche tecniche a cui prestare attenzione per non andare incontro a sanzioni.

Ogni prestatore d’opera non può superare i 5000 euro di compensi per più committenti all’anno; invece, se lavora con un solo committente non può superare i 2500 lordi. In questo caso, non è più lavoro occasionale e andrebbe incontro a sanzioni se il lavoratore non provvede ad aprire la partita IVA. 

Purtroppo, nella realtà le cose non stanno proprio così. Molto spesso questa tipologia contrattuale viene utilizzata in maniera poco chiara e come sostituta per i lavori con contratto di subordinazione. 

Tra le novità introdotte nel 2023, è vietato il contratto di lavoro occasionale da parte di aziende e anche privati che hanno alle loro dipendenze più di 10 lavoratori assunti a tempo indeterminato. Inoltre, è vietato utilizzare questa tipologia contrattuale da parte delle imprese edili e settori affini. 

Un contratto di lavoro occasionale deve essere attivato sempre anche quando il lavoro dura un giorno solo.

L’azienda deve dare comunicazione al Ministero, almeno 60 minuti prima dell’inizio della prestazione. Il contratto deve indicare data persona/prestatore compenso pattuito, il settore di attività lavorativa e la cessione oltre che mansione svolta. 

Il prestatore ha diritto all’assicurazione per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti, con iscrizione alla Gestione separata dell’INPS. Nonché all’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.

I compensi percepiti dal prestatore sono esenti da imposizione fiscale, non incidono sullo stato di disoccupato e sono computabili ai fini della determinazione del reddito necessario per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno. 

 

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