Il tracollo dei Treasury contamina il mercato dei bond ultra-lunghi in Giappone. Tokyo ha tenuto un’asta per l’emissione della scadenza marzo 2045 per 1.000 miliardi di yen (6,15 miliardi di euro), attirando richieste per appena 2,5 volte. Si è trattato del rapporto di copertura più basso dal 2012, in calo dal precedente 2,96. La reazione degli investitori non si è fatta attendere. La scadenza a 40 anni ha visto salire il rendimento fino al record storico del 3,6%. La scadenza a 30 anni è salita fino al 3,14% e quella a 10 anni all’1,53%. Successivamente, i rendimenti lungo la curva sono diminuiti rispettivamente al 3,25%, 2,96% e 1,50%.
Tassi e yen in risalita
I bond ultra-lunghi del Giappone stanno pagando non solo il declassamento del rating americano, bensì anche fattori domestici.
L’inflazione nipponica a marzo è stata del 3,6% e quella “core” al 3,2% dal 3% di febbraio. La Banca del Giappone tiene i tassi di interesse allo 0,50%, ma è probabile che nei prossimi mesi sarà costretta ad alzarli ancora una o più volte. Il mercato sta scontando questo scenario, anche se non sta riuscendo a capire fino a quale livello salirà il costo del denaro.
La risalita dei rendimenti per i bond ultra-lunghi attira capitali dall’estero, favorendo la ripresa dello yen contro il dollaro. Il cambio si attesta al momento sotto 145, guadagnando l’8,6% quest’anno. Non è di certo una buona notizia per il mercato azionario americano, che si regge in buona parte sull’afflusso degli investimenti dal Sol Levante. Tokyo deve fare attenzione a non fare esplodere i rendimenti per evitare conseguenze irreparabili per il bilancio pubblico, oberato da un debito al 237% nel 2024.
Banca del Giappone primo creditore del governo
C’è da dire che la banca centrale detiene il 52% dei titoli di stato emessi e le agenzie governative ne posseggono per un’altra porzione.
Sul mercato esiste una percentuale contenuta di bond sovrani. Oltre ad agire sui tassi, l’istituto sta procedendo a ridurre il proprio portafoglio attraverso il cosiddetto Quantitative Tightening (QT). Tra il febbraio dello scorso anno e il marzo di quest’anno le detenzioni sono diminuite di 25.000 miliardi di yen (155,57 miliardi di euro). Resta in possesso di altri 576.000 miliardi (circa 3.600 miliardi di euro).
Il boom dei rendimenti per i bond ultra-lunghi non è una buona notizia neppure per i governi europei. In appena un mese e mezzo, il trentennale nipponico offre lo 0,70% in più. Ciò riduce l’appeal dei nostri europei, costretti a inseguire con l’offerta a loro volta di rendimenti più alti. Per fortuna il BTp a 30 anni ha ristretto lo spread con i Bund, riuscendo a ridurre il proprio rendimento dal 4,64% al 4,41% nel periodo considerato, mentre il trentennale tedesco è passato dal 3% al 3,05%.
Bond ultra-lunghi ancora meno generosi del Treasury
Per quanto in forte rialzo, i rendimenti dei bond ultra-lunghi in Giappone restano ben inferiori ai livelli americani.
Il mercato non ha ancora scorto il punto di equilibrio. Certo è che l’appeal del “carry trade“ è precipitato negli ultimi tempi. Un anno fa, lo spread era di 240 punti base o 2,40% per la scadenza a 30 anni, mentre oggi viaggia intorno ai 170 o 1,70%. Ma se lo yen confermerà il trend al rialzo contro il dollaro, i titoli nipponici risulteranno già più appetibili senza necessariamente dovere offrire di più.