Sulle pensioni gravano regole generali che possono modificarle profondamente da un anno all’altro, o da un periodo all’altro, anche su età e contributi. Considerando che ogni Legge di Bilancio introduce un nuovo pacchetto pensioni, con misure inedite o modifiche a quelle esistenti, è evidente che si tratta di una materia in continua evoluzione.
Di anno in anno, le regole cambiano e spesso non è più possibile accedere alla pensione con le modalità valide in passato. Ma oggi non parliamo solo delle novità introdotte dai legislatori: ci riferiamo a modifiche strutturali del sistema pensionistico che derivano da meccanismi già in vigore, capaci di incidere tanto quanto le riforme governative.
Ci riferiamo in particolare al collegamento tra pensioni e aspettativa di vita, che agisce in due direzioni distinte sul sistema previdenziale: da un lato sull’età di accesso alla pensione, dall’altro sugli importi delle prestazioni. In genere, questi aggiornamenti avvengono con cadenza biennale.
Ma di cosa si tratta esattamente? E quali conseguenze comporterà a breve sulla data di uscita e sugli importi delle pensioni?
Aumento dell’età per la pensione e calo degli importi: le ultime novità
Sono due gli ambiti su cui incide l’adeguamento delle pensioni all’aspettativa di vita della popolazione:
- i requisiti di accesso alla pensione;
- il calcolo dell’importo dell’assegno.
In entrambi i casi, i dati ISTAT sull’andamento demografico e sulla durata media della vita degli italiani influiscono in modo determinante, con aggiornamenti ogni due anni.
Se l’età media di vita aumenta, aumentano anche i requisiti per accedere alla pensione. Questo perché, se l’INPS deve erogare pensioni per più anni, è necessario posticipare l’uscita dal lavoro, così da contenere la spesa pubblica.
Per lo stesso motivo, si interviene anche sul calcolo degli importi, che vengono ridotti quando si prevede che l’erogazione durerà più a lungo.
In sintesi, si tratta di regole di salvaguardia per la sostenibilità del sistema previdenziale, pensate per proteggere le finanze dell’INPS e dello Stato.
Pensioni e aspettativa di vita: ecco le due cose da capire
Il meccanismo, tuttavia, presenta un certo grado di iniquità. Quando l’aspettativa di vita aumenta, come già detto, crescono anche i requisiti per accedere alla pensione. Ma quando la vita media diminuisce, i requisiti non si riducono.
Un esempio concreto: nel 2019, l’ISTAT registrò un aumento di 5 mesi nell’aspettativa di vita, e di conseguenza l’età pensionabile salì da 66 anni e 7 mesi a 67 anni esatti. Durante la pandemia da Covid-19, invece, la stima di vita calò di 4 mesi, ma ciò non comportò alcun abbassamento dell’età pensionabile, che restò invariata.
Oggi, i nuovi dati ISTAT indicano un aumento di 7 mesi nella vita media. Di conseguenza, dal 2027 potrebbe scattare un ulteriore incremento dei requisiti anagrafici, valido per il biennio 2027-2028. Tuttavia, non si tratterebbe di 7 mesi pieni, bensì di 3 mesi, poiché i 4 mesi persi durante la pandemia vengono scomputati.
Quindi, l’età pensionabile per la vecchiaia potrebbe salire a 67 anni e 3 mesi.
Tuttavia, il governo sembra intenzionato a congelare questo aumento per il biennio considerato. È quindi plausibile che nel 2027 e 2028 l’età pensionabile resti ferma a 67 anni.
Importi delle pensioni, calcolo contributivo, requisiti ed età
Il discorso cambia quando si parla delle regole di calcolo delle pensioni contributive. Come si calcola una pensione con il sistema interamente contributivo?
- Si parte dal montante contributivo, cioè dalla somma di tutti i contributi versati durante la carriera lavorativa.
- Questa somma viene rivalutata annualmente in base al tasso di inflazione, certificato dall’ISTAT.
- Infine, si applica un coefficiente di trasformazione, che varia in base all’età anagrafica al momento del pensionamento.
Più alta è l’età di uscita, più favorevole è il coefficiente e, quindi, più elevata sarà la pensione.
Se l’aspettativa di vita aumenta, i coefficienti peggiorano (cioè diventano meno vantaggiosi), determinando assegni più bassi. Se invece la vita media cala, i coefficienti migliorano e l’importo aumenta.
Un esempio concreto: dopo la pandemia, i coefficienti sono migliorati, rendendo le pensioni più alte rispetto agli anni precedenti. Ma con l’attuale aumento della vita media, i coefficienti per il 2025 sono peggiorati. E con ogni probabilità, lo stesso accadrà per il biennio 2027-2028.
Quindi, chi andrà in pensione in quegli anni riceverà un assegno più basso rispetto a chi ci è andato nel 2025 o nel 2026, così come questi ultimi hanno ricevuto un assegno inferiore rispetto a chi è andato in pensione nel 2023 o nel 2024.