La riforma delle pensioni potrebbe davvero vedere la luce nel 2026? Ad oggi, noi che seguiamo da sempre la questione del superamento della legge Fornero, rimaniamo piuttosto scettici.
I motivi di questo scetticismo sono molteplici, tra vecchi ostacoli e nuovi problemi. Vincoli strutturali e contingenze economiche impediscono voli pindarici in materia previdenziale. Inoltre, non è affatto scontata la conferma delle misure attualmente in vigore, molte delle quali hanno natura sperimentale e scadenze precise. Un esempio su tutti: Quota 103, ma non solo.
Addio alla Quota 103, ma sulle pensioni cosa si prevede in futuro?
La riforma delle pensioni è un tema dibattuto da oltre dieci anni, sin da quando, nel 2012, fu introdotta la riforma Fornero.
Fin da subito è emersa la necessità di correggere una normativa giudicata troppo severa.
La crisi economica di quegli anni — con la caduta del governo Berlusconi, l’arrivo del governo tecnico di Mario Monti e il famigerato decreto “Salva Italia” della professoressa Fornero — impose scelte drastiche. Ma la crisi di allora sembra quasi irrilevante rispetto all’impatto devastante provocato dalla pandemia e, successivamente, dalle guerre internazionali.
In questo contesto, parlare oggi di riforma pensionistica è difficile. Le priorità dello Stato, infatti, sono cambiate: raggiungere il 2% del PIL in spese per la difesa è diventato un obiettivo primario. Anche se l’Unione Europea sostiene che ciò non inciderà sul Patto di Stabilità, è evidente che si tratta comunque di risorse sottratte ad altri settori, pensioni comprese.
Ecco i problemi vecchi e nuovi che bloccano la riforma delle pensioni
Ai nuovi vincoli di spesa si aggiungono le criticità note: aumento del costo dell’energia, crisi industriale, dazi USA, e così via.
E poi ci sono i vecchi freni: vincoli di bilancio, sostenibilità del sistema previdenziale, regole europee, e naturalmente i veti di Bruxelles.
Tutti questi fattori limitano fortemente l’azione del governo, rendendo complesso portare a termine una vera riforma strutturale del sistema pensionistico. In termini pratici, difficile immaginare un colpo di spugna alla legge Fornero. Più probabile, invece, l’introduzione di misure meno favorevoli di quanto si potesse sperare.
Perfino la tanto attesa Quota 41 per tutti, cavallo di battaglia della Lega, rischia di nascere — se mai dovesse vedere la luce — in versione ridimensionata. Si ipotizza infatti che possa prevedere il ricalcolo contributivo dell’assegno, con una penalizzazione effettiva per il pensionato.
Una misura del genere diventerebbe poco appetibile, e quindi poco utilizzata. Il rischio è che faccia la stessa fine di Quota 103, attualmente in vigore ma che, come dimostrano i dati INPS, ha portato a un netto calo delle pensioni anticipate, favorendo invece l’accesso alla vecchiaia ordinaria.
Pensioni Quota 103 addio, ma flessibilità a 64 anni: che sia la soluzione?
Uscire con 41 anni di contributi a 62 anni di età può sembrare una soluzione positiva. Ma se il prezzo da pagare è un ricalcolo contributivo con conseguente taglio dell’assegno, allora molti lavoratori preferiscono rinunciare.
Chi ha già 63 o 64 anni, infatti, si trova a pochi mesi dal traguardo dei 42 anni e 10 mesi (per gli uomini) o dei 41 anni e 10 mesi (per le donne), necessari per la pensione anticipata ordinaria, che non prevede penalizzazioni.
Oppure, per chi ha 65 o 66 anni, si è ormai vicini alla pensione di vecchiaia, anch’essa senza tagli. Per questo, una nuova Quota 41 universale rischierebbe di nascere zoppa: diversa da quella dei precoci, più ampia nella platea, ma penalizzata nel calcolo. Al contrario dell’attuale Quota 41 per i precoci, che non comporta ricalcoli al ribasso.
Oggi, più che sognare nuove formule pensionistiche, si valuta se non sia il caso di lasciar morire Quota 103 alla sua scadenza del 31 dicembre 2025. Visti i risultati finora deludenti, la sua eliminazione potrebbe non essere nemmeno troppo contestata.
E al suo posto? L’ipotesi più concreta è l’introduzione di una forma di flessibilità in uscita a 64 anni per tutti, non solo per i contributivi puri, come accade oggi. Anche con ricalcolo contributivo, una misura del genere — con requisiti di 20 o 25 anni di contribuzione — potrebbe essere più equa e appetibile, riducendo l’impatto delle penalizzazioni.
Quindi 64 anni col calcolo contributivo sarebbe equa e quota 103 no? In entrambi i casi se uno ha convenienza aspetta l’uscita per anzianità con la Fornero…
Con quota 103 hai comunque bisognerà avere 41 anni di contributi. Con l’opzione contributiva a 64 anni te ne bastano meno! E se hai almeno un mese di gestione separata puoi portarci anche contributi prima del 1996, risultando un contributivo puro! Ovviamente qualcosa ci perdi, ma ci guadagni oltre 3 anni di libertà!
Ma non pensate alle donne che lavora in fabbrica da 40 anni che hanno accudito figli, casa, genitori malati, mica tutte lavoriamo in ufficio eppure di noi operaie non frega niente a nessuno,BUONA SERATA