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Oggi: 05 Dic, 2025

Due anni a casa con queste malattie: la 106 dà il tempo di curarsi ma non i soldi

Due anni di congedo con la Legge 106 per chi affronta malattie gravi: una conquista importante, ma che resta un privilegio per pochi.
1 mese fa
3 minuti di lettura
legge 104
Foto © Pixabay

La 106 potenzia la storica 104 rafforzando le tutele per disabili, malati gravi e caregiver. Tutti ne parlano sottolineando i passa avanti. Ma ci sentiamo di cantare vittoria a metà soprattutto in merito alla possibilità di congedo fino a due anni per malati oncologici e di malattie gravi degenerative o invalidanti.

Un plauso sicuramente alla misura che oltre ai 180 giorni di permessi retribuiti riconosce a queste categorie un congedo fino a due anni, continuativi o frazionati, mantenendo il rapporto di lavoro attivo.

Sulla carta appare come una rivoluzione: la Legge 106 riconosce il percorso di cura (inteso non solo come cicli di chemio etc ma anche come tempo per se stessi, per il riposo fisico e il benessere mentale) e per questo consente a chi affronta una malattia grave di prendersi fino a due anni di congedo dal lavoro per curarsi, senza perdere il posto.

Quando si torna a lavoro dunque non si perde nulla. Ma che cosa succede nel frattempo nei due anni a casa?

Cosa prevede in concreto la misura

Volevamo intitolare questo articolo “il tumore è un lusso” ma ci sarebbe sembrato indelicato per chi sta affrontando questo percorso difficile e doloroso. Perché no, di lusso in certi ambiti non si dovrebbe parlare mai. Sta di fatto però che la nuova 106 rischia proprio di riservare certe tutele a chi può pagarsele da solo, creando malati di serie A e di serie B.

Il congedo potrà essere richiesto da chi è affetto da patologie oncologiche, degenerative o croniche invalidanti.
Vale anche per chi deve affrontare cicli di terapie prolungate o interventi di lunga durata.

È possibile sospendere temporaneamente l’attività lavorativa per motivi di salute certificati.

Durante questo periodo, il lavoratore manterrà il posto di lavoro e la posizione previdenziale, ma non sempre riceverà una retribuzione piena.
Ed è proprio qui che emerge la principale contraddizione della riforma: la tutela del tempo non si accompagna a quella del reddito.

Il rovescio della medaglia: un diritto che resta per pochi

Il congedo lungo è una conquista simbolica, ma non tutti possono davvero permetterselo.
Nella maggior parte dei casi, il periodo di assenza non è coperto integralmente dall’INPS o dal datore di lavoro.
Questo significa che chi decide di usufruirne potrebbe dover rinunciare a parte dello stipendio, proprio nel momento in cui le spese mediche aumentano.

Le disuguaglianze sono evidenti:

  • nelle piccole aziende l’assenza di un dipendente pesa molto di più e spesso se ne scoraggia l’utilizzo;
  • nei settori meno tutelati la mancanza di coperture contrattuali adeguate rende il congedo quasi impraticabile;
  • a livello territoriale le differenze tra Nord e Sud restano marcate, con iter e tempi non uniformi.

Così, la Legge 106 rischia di diventare un diritto “a due velocità”: pienamente accessibile solo a chi ha una posizione economica stabile o un contratto forte.

Le luci: un passo avanti nella tutela della persona

Nonostante i limiti, la riforma introduce un principio che mancava: il riconoscimento esplicito del diritto a curarsi senza dover scegliere tra salute e lavoro.
È un segnale importante, che spinge il sistema italiano verso una visione più umana del rapporto tra malattia e occupazione.

Il nuovo impianto rafforza anche le tutele per i caregiver familiari, ampliando la possibilità di assistere un congiunto malato senza penalizzazioni professionali.
In un Paese dove la cura ricade ancora in gran parte sulle famiglie, è un passo non secondario.

Una vittoria a metà: tempo sì, soldi no

La Legge 106 offre un tempo prezioso, ma lascia aperto il nodo delle risorse.

l principio è giusto, ma serve coerenza.
Perché la vera civiltà non sta nel riconoscere un diritto, ma nel metterlo nelle condizioni di essere esercitato da tutti — ricchi e poveri, dipendenti pubblici e privati, nord e sud.

La Legge 106 rafforza la 104 è vero e apre una strada importante, ma per ora è una vittoria a metà: concede tempo, ma non garantisce sicurezza economica.
E in un Paese dove il lavoro precario è la norma, anche curarsi rischia di diventare un lusso.

Curarsi richiede serenità e questo non si sposa nella realtà con il dover fare sacrifici economici.
E senza un meccanismo di sostegno reale, il diritto rischia di restare sulla carta.

Servirebbero:

  • indennità universali per chi si assenta per malattia grave;
  • fondi dedicati per aiutare le piccole imprese a gestire le assenze;
  • una maggiore integrazione tra Stato, INPS e Regioni per evitare disparità territoriali.

Solo così la 106 potrà diventare una legge di equità, non di privilegio.

Alessandra De Angelis

In InvestireOggi.it sin dal 2010, svolge il ruolo di Caporedattrice e titolista, e si occupa della programmazione e selezione degli argomenti per lo staff di redazione.
Classe 1982, dopo una laurea in giurisprudenza lavora all’estero per poi tornare in Italia. Cultrice dell'arte della scrittura nelle sue diverse declinazioni, per alcuni anni si è anche occupata di Content Seo per alcune aziende del milanese.

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