Il tempo stringe per chi vuole approfittare della pace contributiva, uno strumento previdenziale che rappresenta un’occasione importante per chi si trova con anni di lavoro scoperti da versamenti.
La misura, infatti, se non sarà prorogata, vedrà la sua fine fissata al 31 dicembre 2025, rendendo fondamentale valutare per tempo i vantaggi e i costi che comporta.
Cos’è la pace contributiva
La pace contributiva è un meccanismo che consente ai lavoratori che rientrano nel sistema contributivo puro di riscattare fino a cinque anni di periodi privi di contribuzione. In altre parole, permette di colmare i cosiddetti “vuoti” presenti nella carriera lavorativa, andando così a rafforzare la propria posizione previdenziale.
Da non confondere con il riscatto della laurea, questa possibilità è dedicata esclusivamente a chi non ha alcun contributo accreditato prima del 1° gennaio 1996. La regola include non solo i versamenti nel sistema italiano, ma anche eventuali contribuzioni estere o figurative e i pagamenti effettuati alle casse professionali. L’obiettivo è offrire a una platea ben definita di lavoratori la possibilità di migliorare la propria futura pensione.
I vantaggi per i lavoratori
La pace contributiva non è soltanto un recupero di anni mancanti, ma rappresenta una leva strategica in prospettiva pensionistica. Tra i benefici principali spiccano due aspetti:
- anticipare l’uscita dal lavoro – grazie al riscatto, è possibile guadagnare fino a cinque anni, avvicinando così il momento in cui si potrà accedere alla pensione. Si pensi ad un soggetto che ha 38 anni di anzianità contributiva coperti. Questi con la pace contributiva aggiungerebbe 5 anni così da maturare i requisiti per la pensione anticipata ordinaria (42 anni e 10 mesi per gli uomini ovvero 41 anni e 10 mesi per le donne).
- aumentare l’importo della pensione – più anni di contribuzione si traducono in una base di calcolo più ampia, con un effetto positivo sull’assegno mensile che si riceverà una volta conclusa l’attività lavorativa.
A questi vantaggi si aggiunge un elemento fiscale non trascurabile: il costo del riscatto è deducibile dalla dichiarazione redditi. Inoltre, per ridurre l’impatto economico immediato, la normativa consente di dilazionare il pagamento fino a un massimo di 120 rate mensili, senza interessi. In questo modo la spesa diventa più sostenibile e gestibile anche per chi non dispone di liquidità elevata.
Come si calcola il costo della pace contributiva
Il prezzo della pace contributiva dipende da due fattori principali:
- la retribuzione o il reddito percepito negli ultimi dodici mesi;
- l’aliquota IVS vigente nella gestione di riferimento, applicata al numero di anni che si intende riscattare.
Il calcolo segue, quindi, una logica proporzionale: più alto è il reddito dell’ultimo anno, maggiore sarà il costo per ciascun anno di contribuzione riscattato.
Per chiarire, ecco un esempio pratico: un lavoratore dipendente con una retribuzione annua di 35.000 euro e un’aliquota IVS pari al 33% deve considerare una spesa di 11.550 euro per ogni anno riscattato. Se decidesse di coprire i cinque anni massimi previsti, l’investimento arriverebbe a 57.750 euro. Questo importo potrà essere rateizzato (120 rate mensili senza interessi), riducendo così l’impegno finanziario mensile.
Inoltre, come detto, l’importo pagato è anche deducibile nella dichiarazione redditi.
La domanda all’INPS
La domanda per la pace contributiva da parte del diretto interessato, suo superstite o, entro il secondo grado, dal suo parente e affine si presenta online all’INPS attraverso il servizio dedicato. In alternativa, può essere effettuata tramite:
- contact center al numero 803 164 (gratuito da rete fissa) oppure 06 164164 (a pagamento in base al piano tariffario del gestore telefonico, da rete mobile);
- enti di patronato e intermediari dell’Istituto, attraverso i servizi telematici offerti dagli stessi.
Un’occasione con scadenza certa
La caratteristica che rende urgente l’adesione alla pace contributiva è la sua natura temporanea. Senza ulteriori proroghe, la misura terminerà con la fine del 2025. Ciò significa che i lavoratori interessati hanno ancora poco tempo per valutare la convenienza e presentare domanda.
L’opportunità di riscattare i vuoti contributivi non è comune e va considerata come un investimento sul futuro. Anticipare la pensione e aumentare il proprio assegno mensile sono due obiettivi che incidono in modo significativo sulla qualità della vita nella fase post-lavorativa. Rimandare può comportare la perdita definitiva di questo strumento.
Pace contributiva in scadenza: perché agire subito
Oltre alla scadenza imminente, ci sono altre ragioni per non attendere l’ultimo momento. In primo luogo, la procedura di riscatto richiede tempo: bisogna raccogliere la documentazione necessaria, verificare la posizione contributiva e inoltrare correttamente la richiesta. Agire con anticipo consente di evitare intoppi e di programmare meglio la spesa, soprattutto se si intende usufruire della rateizzazione.
In secondo luogo, valutare ora la pace contributiva permette di inserirla in una pianificazione previdenziale più ampia, coordinandola con altri strumenti e scelte personali. La decisione di riscattare i vuoti contributivi non va presa a cuor leggero: comporta un impegno economico rilevante, ma i vantaggi di lungo periodo possono superare di gran lunga il sacrificio immediato.
Riassumendo
- La pace contributiva consente di riscattare fino a cinque anni senza contributi.
- Riservata ai lavoratori senza versamenti prima del 1996, inclusi estero e casse professionali.
- Vantaggi: anticipo pensione fino a cinque anni e incremento dell’assegno.
- Costo calcolato su reddito ultimi 12 mesi e aliquota IVS vigente.
- Importi deducibili e rateizzabili fino a 120 mesi senza interessi.
- Scadenza adesione fissata al 31 dicembre 2025 (salvo proroghe).