Anche il governo Monti, insieme ai partiti che lo sostengono, sembra arrivato al capolinea. La manovra di (in)stabilità per il 2013 è costituita ancora una volta solo da tasse o da tagli sporadici che in realtà sfoceranno in ulteriori tasse. I tagli veri, quelli agli sprechi, alle caste, alla politica, al Quirinale, ai notai, ai quadri e ai dirigenti della pubblica amministrazione, non li vogliono proprio fare. Non ci riescono, è più forte di loro. Anche agli enti inutili non si vuole mettere mano con forza, perché retti da interessi trasversali che non hanno nulla a che vedere con il bene comune.

Così, fra gli enti che andrebbero ridimensionati e poi chiusi c’è la Banca d’Italia. Un carrozzone che costa alla collettività quasi un miliardo di euro all’anno, di cui l’85% costituito da stipendi faraonici per il personale che non trovano eguali in nessun paese d’Europa. Solo al governatore della Banca d’Italia vengono destinati 757.000 euro all’anno, il che potrebbe anche essere in linea con il sistema banco centrico italiano che vede gli stipendi d’oro dei banchieri superare quelli dei calciatori e quelli degli impiegati battere alla grande quelli degli insegnanti, ma non trova alcuna giustificazione in un periodo di crisi come questo. E’ una vergogna! Una vergogna che ci costa forse qualche decina di punti di spread e sicuramente qualche tassa in più, se si pensa che il presidente della Bce guadagna la metà e quello della Federal Reserve Bank cinque volte di meno (200.000 mila dollari all’anno). E che dire del personale? Il costo medio annuo di ciascuno dei 7.300 dipendenti è di 90.000 euro, tutto puntualmente pagato con le tasse dei contribuenti. Il numero di questi dipendenti – come rivela un’indagine dell’Adusbef – avrebbe dovuto scendere già da molto tempo, visto che le funzioni di Bankitalia sono nettamente diminuite dopo l’introduzione dell’euro che ha visto il passaggio della politica monetaria alla Bce e del controllo della concorrenza bancaria all’Antitrust.
Ma niente è ancora stato fatto per un organismo paradossalmente controllato da quei soggetti (le banche) che sono sottoposti a vigilanza.  

Banca d’Italia: un carrozzone da 7.300 dipendenti e spese folli

Ma, a parte lo scandaloso spreco di denaro pubblico, quello che si vuole rimarcare è l’inutilità di una struttura complessa e articolata come quella della Banca d’Italia sul territorio nazionale dopo l’avvento della moneta unica e in vista della vigilanza centralizzata presso la BCE. L’attuale rete operativa sul territorio conta 20 filiali regionali e provinciali, 25 sportelli e 18 centri per la vigilanza e tesoreria dello Stato, oltre a tre sedi distaccate a New York, Londra e Tokyo che costano un sacco di soldi e non servono. Spese inutili da quando la Banca d’Italia non si occupa più di politica monetaria e da quando i compiti di tesoreria sono stati informatizzati. Servizi che diventeranno sempre più esigui e inutili in vista dell’accentramento delle funzioni di vigilanza bancaria a Francoforte l’anno prossimo e del lancio degli Eurobond che, una volta a regime, sostituiranno i titoli di stato. Uno scenario già tracciato e non distante nel tempo, ma che non trova più alcuna giustificazione con la presenza sul territorio delle sedi della Banca d’Italia e dei suoi 7.300 dipendenti strapagati di cui – secondo l’Adusbef – non si sa bene quali mansioni svolgano. Già adesso il ruolo dell’istituto di Via Nazionale è prevalentemente relegato a quello di ufficio studi, di ottimo livello per carità, ma non serve, è un doppione dell’Istat e di tutti gli uffici studi delle varie associazioni di categoria che si confrontano quotidianamente nell’intricata giungla delle statistiche e delle previsioni economiche.

Un ruolo che potrebbe benissimo essere lasciato alle Università.  

Il commissario alla spendig review Enrico Bondi si è dimenticato di Bankitalia

Detto questo, viene spontaneo domandarsi perché il commissario alla spending review Enrico Bondi non sia riuscito a tagliare gli esagerati costi della Banca d’Italia. Basterebbe dimezzare gli stipendi di tutti i dirigenti e i funzionari (in sovrannumero da anni), che camperebbero comunque più che dignitosamente, per recuperare 500 milioni di euro alle casse dello Stato. Così come al momento sarebbe utile chiudere tutte la sedi provinciali e regionali accentrando le funzioni di tesoreria a Roma – come sosteneva tempo fa Confindustria – visto che ormai il denaro viaggia telematicamente e le emissioni dei titoli di stato sono comunque accentrate nella capitale. A tal fine si libererebbero anche numerosi spazi costituiti da immobili di pregio che potrebbero essere affittati a soggetti privati per incamerare nuove risorse, anziché spendere ulteriori soldi per conservarli.  Solo per la manutenzione dei giardini se ne vanno 7 milioni di euro all’anno, mentre per i videocitofoni e i campanelli ne sono stati spesi 15, come rivela “Il Fatto” in un recente approfondimento sullo sperpero di denaro pubblico presso la Banca d’Italia.