La scorsa settimana Bitcoin ha sfiorato i 100.000 dollari, mentre questo martedì ha toccato un minimo sotto 91.200 dollari, salvo risalire nuovamente in direzione della soglia fatidica. L’intera capitalizzazione di mercato si attesta sui 1.900 miliardi, pari a circa il 57% del valore di tutte le migliaia di differenti “criptovalute” in circolazione. Ciononostante, sulle exchange i livelli di liquidità sono scesi ai minimi dal 2018. Se da una parte esiste una domanda sempre più abbondante, dall’altra è l’offerta a mostrarsi carente. Molti scambi, dicono gli esperti, stanno avvenendo all’infuori delle piattaforme.
Investire in criptovalute
Per capire di cosa parliamo, dobbiamo premettere che quando investi in Bitcoin o altre criptovalute, generalmente lo fai rivolgendoti a una piattaforma exchange, che nello specifico non è che una “borsa delle crypto”. Una volta soddisfatto l’ordine, l’intermediario ti offre quasi sempre il servizio di custodia. Significa che creerà un portafoglio in cui custodirà le tue criptovalute senza disporne. In pratica, sarai tu l’unico a poter decidere se e quando rivendere. Tuttavia, per farlo dovrai richiedere l’intervento sempre del “custode”, il quale detiene le chiavi di accesso al portafoglio.
Svantaggi del servizio di custodia
Se volessimo fare un parallelismo, diremmo che il servizio di custodia equivale al conto in banca. Sei tu e solo tu il padrone dei tuoi soldi, ma ciò non toglie che dovrai chiedere il permesso alla banca per prelevare il tuo denaro. E come sappiamo dalle esperienze pratiche, può accadere che per una qualsiasi ragioni ci venga temporaneamente negato. Ad esempio, perché il contratto prevede un preavviso mimino o perché c’è carenza di liquidità (pensati agli ATM) o perché si rendono necessari controlli sulle causali dei nostri movimenti.
Con una exchange accade all’incirca la stessa cosa. Le criptovalute sono nostre, ma per disporne dobbiamo interfacciarci con l’intermediario, che possiede anche le chiavi per accedere al nostro portafoglio. Se questi fallisse, com’è accaduto negli anni (Mt Gox provocò uno shock globale nel 2014), perderemmo le nostre criptoattività. Inoltre, per quanto sempre più sicure, le exchange si sono rivelate anche esposte al rischio di hacking, furti elettronici compiuti da singoli soggetti, ma anche vere e proprie organizzazioni criminali e persino stati come la Corea del Nord.
Cos’è il wallet self-custodial
E il wallet self-custodial in cosa consisterebbe? L’investitore può non accettare il servizio di custodia di una exchange. A quel punto, se questa lo prevede, può decidere di custodire in proprio il portafoglio di criptovalute. Nel caso in cui ciò non fosse consentito dall’intermediario, si potrà sempre rivolgere ad un’altra exchange. Accade, quindi, che non solo sarà ovviamente il titolare delle attività acquistate, ma anche l’unico a poterne disporre direttamente senza alcun permesso. Gli saranno spedite le chiavi di accesso, cioè una lunga stringa di caratteri alfanumerici. Corrisponde al codice PIN che inseriamo quando accediamo al conto bancario. Inoltre, otterrà anche una chiave pubblica, che è un’altra stringa alfanumerica per interfacciarsi con terzi, cioè quando effettua o riceve pagamenti.
La chiave pubblica è sempre anonima. Nessuno saprà mai chi vi sia dietro, anche se tutti possono leggerne i movimenti sulla “blockchain”, che possiamo considerare un gigantesco registro digitale su cui vengono annotate le operazioni degli utenti. Il principale vantaggio di un wallet self-custodial consiste nel non dovere fare affidamento su terzi per accedere al nostro portafoglio. Possiamo vendere e acquistare direttamente.
Svantaggi
Ma esiste anche qualche svantaggio: siamo gli unici a possedere le chiavi di accesso e se per un qualsiasi motivo le dovessimo smarrire, non ci sarebbe più alcun modo di disporre delle nostre criptovalute. Per evitare una cosa simile, possiamo salvare i codici su più dispositivi, ma ciò aumenta il rischio che terzi ne entrino in qualche modo in possesso. Insomma, il wallet self-custodial è una bella responsabilità. E non è necessariamente più sicuro dagli attacchi informatici rispetto a una exchange.
Wallet self-custodial, tanti investitori disperati
Ne sanno qualcosa coloro che comprarono Bitcoin agli esordi, magari al tempo usandoli come gettoni per acquisti di giochi online. Era una roba da nerd, non venivano ancora considerati veri investimenti. Molti si crearono wallet self-custodial, salvati su PC negli anni buttati o smarriti. Fatto sta che ci sono persone nel mondo che anche a distanza di 10-15 anni non riescono ad accedere ai loro portafogli, pur detenendo anche centinaia, in qualche caso migliaia di Bitcoin per un valore di mercato stratosferico. Gente teoricamente molto ricca, ma avendo perso le chiavi di accesso, è solo disperata.