“E’ arrivato il momento che la Siria torni a brillare”, ha dichiarato il presidente Donald Trump nell’annunciare la cancellazione delle sanzioni americane. Lo ha fatto ieri a Riad, davanti a una platea in delirio per le sue parole. Si trattava dei capi di stato e i rappresentanti del mondo del business del Golfo Persico. In prima fila, il principe saudita Mohammed bin Salman (MbS), che ha accolto la notizia toccandosi il cuore e alzandosi in piedi, dando il via a una standing ovation. “Cosa non farei per il principe ereditario?” ha replicato Trump con evidente soddisfazione.
Via sanzioni Siria dopo 14 anni
Poco prima, lo stesso tycoon aveva incontrato il presidente ad interim della Siria, Ahmed al-Sharaa, insieme allo stesso MbS e con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan in videocollegamento.
I due leader si erano spesi nelle scorse settimane per favorire questa distensione con Damasco. Forse, nessuno di loro immaginava che sarebbe arrivata al punto da cancellare le sanzioni alla Siria. Un passo benedetto da Ankara, che parla di “evento storico”.
La Siria era inserita dagli USA sin dal 1979 nella lista degli stati sponsor del terrorismo. E con lo scoppio della guerra civile nel 2011 era stata sostanzialmente tagliata fuori dal circuito finanziario internazionale. Adesso, si cambia. Trump non aveva fatto mistero sin dal primo mandato di volere cancellare un po’ tutte le sanzioni applicate da Washington contro gli stati che ritiene nemici. A suo avviso, indeboliscono lo status del dollaro come e valuta di riserva mondiale e la stessa leadership americana. Paradossale che questa riflessione arrivi da colui che per la stampa mondiale alimenterebbe le stesse minacce tramite i dazi e l’isolazionismo in politica estera.
Prospettive favorevoli per nuovo regime
A porte chiuse Trump ha chiesto ad al-Sharaa di tagliare i rapporti con il terrorismo. Egli stesso era stato inserito dalle autorità americane nella lista dei terroristi e “persona non gradita”. Tuttavia, con la sorprendente caduta del regime di Assad a dicembre il suo nome era stato depennato. Il leader siriano ha promesso la nascita di un governo inclusivo e rispettoso delle minoranze. Sempre Trump ha chiesto di allacciare i rapporti con il confinante stato di Israele, sottoscrivendo l’Accordo di Abramo.
Cosa significa per la Siria la cancellazione delle sanzioni? Innanzitutto, sappiamo che in queste settimane Damasco stava valutando persino di chiedere un prestito alla Russia, sebbene questa sia stato il principale sponsor del regime di Assad insieme all’Iran. Grazie a questo annuncio, gli USA eviteranno che lo stato arabo finisca nelle mani di Mosca e Pechino. In più, gli stati del Golfo Persico potranno allacciare relazioni commerciali reciprocamente proficue, come per lo sfruttamento dell’industria mineraria. Le estrazioni di petrolio potrebbero tornare a salire. Ad oggi, le petromonarchie hanno avuto timore di collaborare con il nuovo regime, temendo l’embargo americano.
Primi segnali positivi da Damasco
Grazie a questo annuncio, che era nell’aria da qualche giorno, il cambio tra lira siriana e dollaro è letteralmente esploso in appena tre sedute. E’ passato da 12.050 a 8.900 lire a Damasco, mettendo a segno un rialzo del 35%.
La valuta non era mai stata così forte negli ultimi due anni. Un trend potenzialmente positivo per un’economia uscita distrutta da 13 anni di guerra civile, con milioni di profughi all’estero e che adesso potrebbero fare ritorno e contribuire così alla ricostruzione del mercato interno.
Per quanto possano valere i dati statistici, l’inflazione siriana è crollata dal 46,6% di dicembre al 15,87% a febbraio. E proprio il rafforzamento del cambio avrebbe favorito questa discesa, nonché il riafflusso delle merci dall’estero che ha placato la carenza degli anni passati e calmierato i prezzi. Il boom della lira locale è stato l’ennesima dimostrazione della potenza dell’embargo occidentale, ma anche la spia dei danni che esso può provocare alle popolazioni colpite. La cancellazione delle sanzioni alla Siria può avviare una nuova era nei rapporti tra Medio Oriente ed Occidente nel suo complesso.
Sanzioni a Siria azzerate, ora tocca all’Iran?
Tra l’altro, Trump intende arrivare ad un accordo anche con l’Iran per contenerne la minaccia nucleare. In cambio, anche in questo caso ci sarebbe l’offerta della cancellazione delle sanzioni americane, in tutto o in parte. Se Teheran non accetterà, ha ammonito il presidente a Riad, la pressione sul regime dell’ayatollah sarà massima. Il fatto che nel tour del Golfo Persico non sia stata inclusa alcuna tappa in Israele, è eloquente. L’amministrazione americana sta prendendo rapidamente le distanze dal governo Netanyahu sulla gestione della guerra a Gaza. Ha elogiato i presenti per i ruolo di pacieri svolto in questa vicenda nell’ultimo anno e mezzo, il modo per inviare un messaggio chiaro a Gerusalemme: “amici sì, ma senza alcuna subordinazione in politica estera”.