Il blackout di Facebook e Instagram avvenuto ieri e durato all’incirca un’ora ha come al solito scatenato la solita sequenza di: battute e sfottò su Twitter con hashtag dedicato; articoli di giornale sulle cause, non ancora ben note; commenti di gente che si lamentava del down del social network; rabbia e deliri isterici di utenti che avrebbero voluto navigare proprio in quell’ora su Facebook; ironia del web (si scatena l’ironia del web, solito titolo ormai copiato e incollato su tutti i siti d’informazione).

Noi invece proveremo a fare una riflessione: si può più stare senza Facebook oggi? E non solo per un’ora, ma anche per 24 ore, una settimana, 99 giorni o per sempre?  

Esperimenti e contro-esperimenti

La rabbia che certi utenti provano quando scoprono di essere state utilizzate come cavie per un esperimento, pur facendo finta di non capire che sul social blu siamo quotidianamente tutte cavie di un esperimento sociale, così come per la improvvisa consapevolezza di avere annunci pubblicitari mirati basati sulle proprie preferenze, è di una dolcissima ingenuità, ma fa parte del gioco. Narcisismo e voyeurismo sono mescolati in un compendio che ci porta – almeno virtualmente – a far uscire un’immagine di noi non troppo aderente alla realtà e quindi atta a nascondere qualcosa.   Poi ci sono i contro-esperimenti: quelli organizzati sotto forma di iniziative che non hanno l’obiettivo di contrastare Facebook o di additarlo come il male, ma semplicemente di restituire la libertà agli utenti. “Piacere, mi chiamo Mario Rossi e non uso Facebook da 72 giorni”. Presto sorgeranno centri di terapia di Facebookiani Anonimi che si ritroveranno dal vivo – quasi vergognandosi di mostrare il proprio vero io – denunciando i loro comportamenti virtuali e cercando di raggiungere l’agognata medaglietta dei 99 giorni senza Facebook? Ok, forse abbiamo esagerato, eppure online è possibile trovare un’iniziativa per certi versi provocatoria dal nome emblematico: “99 days of freedom“.

  Nel testo introduttivo si legge: “Vi siete mai chiesti com’è la vita senza Facebook?” Questa iniziativa nasce in risposta alla recente notizia dell’esperimento sociale sul contagio emotivo avvenuto sul social di Zuckerberg. Il procedimento è molto semplice: vi si chiederà infatti di oscurare il vostro profilo per 99 giorni, mettendo come foto profilo quella frase emblematica: 99 giorni di libertà. Finisce qui? No: ogni 33 giorni vi si porrà una semplice domanda. Come vi sentite quando non usate Facebook?   Smetto quando voglio: è la frase di ogni dipendente illuso e ingenuo, magari anche consapevole di mentire ma così orgoglioso da non ammetterlo. Comunque, per ragion di cronaca, in pochi riescono o sono riusciti a stare 99 giorni senza Facebook.  

Come Facebook influisce sulla vita reale

Immaginate di non avere Facebook o di non essere iscritto a nessun social network, né quelli tradizionali, né quelli emergenti, e neppure ai più popolari servizi di messaggistica (WhatsApp in primis). Selfie, dubsmash, status, like. Siete fuori da tutto, ma incredibilmente avete ancora una vita sociale. Più o meno. Guardatevi questo video, dura solo 2 minuti, è importante. Perché vi sentireste esattamente così:   [youtube]https://www.youtube.com/watch?v=OINa46HeWg8[/youtube]   Non è uno scherzo, né uno di quei video virali fatti apposta per far riflettere 2 microsecondi la gente e indurli a postare il video su Facebook (paradossale, sì). Eppure quelli che hanno lasciato prematuramente il social network si sono sentiti esattamente così: “fuori dal giro“. Alcuni sono ritornati, altri lo hanno fatto solo per vedere l’effetto che faceva sui loro amici, in pochi ce l’hanno fatta. I primi hanno ripreso le vecchie abitudini, i secondi hanno scoperto che al loro “funerale” non è venuto a piangere nessuno, i terzi affermano convinti di vivere una vita migliore.

  Eppure non c’è niente da fare: Facebook sembra essere parte integrante delle nostre vite. E non ci riferiamo agli addetti ai lavori, ovvero a quelle persone che utilizzano il social network per scopi di lavoro – e spesso divertendosi pure un mondo come giusto che sia – ma alle persone comuni, a quelle che mettono un Like a una pagina perché gli piace davvero e non a fini di marketing.   No, Facebook fa parte delle nostre vite perché è un tessuto indispensabile per le relazioni sociali. Sei fuori dal giro? Potresti rischiare di perdere una festa o una cena organizzata su FB perché nessuno ti ha avvisato: “Lo abbiamo scritto lì. Pensavamo ci fossi anche tu”. E se non ci sei e qualcuno ti dimentica, allora capisci cosa sia diventato quel social network che hai abbandonato: un elemento fondamentale che arriva quasi a certificare la tua esistenza.  

Si può davvero vivere senza Facebook?

Sì, si può davvero vivere senza Facebook: dopo un po’ ci si fa l’abitudine. Ci si stava bene prima, ci si potrebbe stare bene pure oggi. A patto che si rinunci alle solite azioni quotidiane, al non essere informati su ciò che fanno i nostri amici, parenti e conoscenti, ad attendere di incontrarli dal vivo per conoscere la loro opinione su un determinato argomento di attualità.   E così facendo, non ce ne fregherebbe un tubo se Facebook va down, non sbarcheremo su Twitter a postare sfottò e a cercare una compensazione fatta di preferiti e retweet, e se un nostro amico è annoiato o sorpreso o triste o su di giri lo sapremo perché sarà lui a dircelo in faccia.   Poi, fatti i dovuti conti, si guarda in faccia la realtà e si capisce che in realtà, senza Facebook, oggi, non ci si può stare. Perché Facebook ha risvolti estremamente positivi per certi versi, tenendo in contatto persone che vivono in posti lontani, o consentendo di stringere relazioni professionali o amichevoli importanti e durature e perfino far trovare l’amore o girovagare tra notizie di attualità che ci tengano al corrente su ciò che avviene nel mondo.

  E allora non resta che aggiungere una frase chiave in conclusione, quella sentenza che è anche un avviso: Facebook può creare dipendenza. Usare responsabilmente.