Il dibattito sul sistema pensionistico resta al centro dell’agenda pubblica con toni accesi. A rilanciarlo, in questi giorni, è stato il segretario confederale della Uil, Santo Biondo, che chiede un confronto serio e continuativo con l’esecutivo per costruire un intervento organico, evitando scorciatoie o annunci destinati a svanire.
L’allarme è chiaro: senza un ripensamento complessivo delle regole, l’equilibrio tra lavoro attivo e quiescenza rischia di spezzarsi, con ripercussioni sociali profonde.
Sistema pensionistico italiano: pensione non rispecchia lo stipendio
Secondo Biondo, la prospettiva di chi oggi versa contributi è preoccupante. Il cuore del problema sta nell’evoluzione del rapporto tra l’ultimo stipendio percepito e l’importo dell’assegno al momento del ritiro dal lavoro.
Questo rapporto, che oggi si attesta attorno al 68%, è destinato a scendere al 58% nell’arco di un decennio e a toccare circa il 50% verso la metà del secolo. In pratica, la pensione futura coprirà una fetta sempre più piccola dell’ultima retribuzione. Un trend che, lasciato senza correttivi, colpirebbe in maniera particolare chi è entrato da poco nel mercato del lavoro, esponendolo al rischio di trattamenti inadeguati.
Da qui la richiesta di una riforma complessiva del sistema pensionistico, capace di riallineare sostenibilità, giustizia e protezione sociale. Nelle proposte, Biondo mette in fila alcuni tasselli considerati indispensabili. Il primo è l’introduzione di una “pensione di garanzia” per le nuove generazioni: uno scudo minimo per chi ha carriere discontinue, stipendi bassi o periodi prolungati di lavoro precario. Un meccanismo che permetterebbe di non lasciare indietro chi, per ragioni economiche o congiunturali, non riesce ad accumulare versamenti sufficienti.
Ape sociale da prorogare e ampliare
Accanto a questa rete di sicurezza, il sindacato chiede di ampliare l’Ape sociale, lo strumento che consente di anticipare l’uscita a determinate categorie in condizioni di fragilità.
Allo stesso tempo, viene sollecitato un rafforzamento di Opzione donna, così da riconoscere le specificità dei percorsi lavorativi femminili. Per Biondo, il sistema pensionistico deve anche valorizzare maternità e periodi dedicati alla cura, spesso penalizzanti nella costruzione della posizione contributiva: la proposta è che quei momenti non diventino un “vuoto” che pesa sulla pensione finale.
Un altro nodo riguarda le ricongiunzioni tra gestioni diverse, che oggi possono risultare costose e dunque scoraggiare chi ha lavorato in ambiti differenti. L’obiettivo indicato è rimuovere oneri e barriere, favorendo percorsi contributivi più lineari e trasparenti. Sotto la lente finiscono anche i lavori gravosi: a chi svolge attività usuranti, il sistema pensionistico dovrebbe riconoscere maggiori tutele e vie d’uscita più flessibili, tenendo conto dell’impatto reale delle mansioni sulla salute e sulla capacità di proseguire fino a età avanzata.
Uscita anticipata: il lavoratore deve poter decidere
La parola chiave che emerge dall’analisi del segretario UIL, Biondo, sul sistema pensionistico italiano è “scelta”. Il sistema pensionistico dovrebbe restituire ai lavoratori un margine effettivo di decisione sull’uscita, in un corridoio compreso tra i 63 e i 70 anni. Un arco temporale in cui ciascuno, in base alla propria storia contributiva e alla propria condizione, possa optare per il ritiro, senza penalizzazioni eccessive e con regole chiare.
È una visione che prova a conciliare aspettative individuali e tenuta complessiva dei conti, nella consapevolezza che la longevità cresce, ma non in modo uniforme per tutti.
C’è poi un effetto collaterale spesso sottovalutato: l’innalzamento generalizzato dell’età per il ritiro rischia di creare un “tappo” all’ingresso di nuove leve nel mondo del lavoro. I numeri citati da Biondo sono netti: la crescita dell’occupazione in questi anni ha interessato soprattutto gli over 50, che hanno superato la soglia dei 10 milioni di occupati e rappresentano il 42% della forza lavoro. Questo spostamento in alto della piramide anagrafica, se non accompagnato da misure che aprano spazi reali ai giovani, finisce per rallentare ricambio e innovazione. La conseguenza, avverte il sindacato, è un rischio concreto per la traiettoria futura del Paese.
I principi che servono per la riforma del sistema pensionistico
La proposta complessiva, dunque, non si limita a ritocchi marginali, ma punta a un cantiere di riforma con alcuni principi guida: garanzie di base per chi inizia, incentivi e tutele calibrate per carriere difficili, valorizzazione dei periodi di cura che spesso gravano sulle donne, riduzione dei costi burocratici che ostacolano ricongiunzioni e mobilità, e una flessibilità in uscita che riconosca le differenze tra settori e biografie lavorative. Tutto questo, però, richiede un percorso negoziale vero, con tempi certi, dati alla mano e verifiche sull’impatto delle misure.
Per il sistema pensionistico, la sfida non è solo contabile. È una questione di coesione sociale, di opportunità per i più giovani, di riconoscimento del valore del lavoro in tutte le sue forme. Una riforma ben disegnata può attenuare il calo del rapporto tra ultimo stipendio e pensione e proteggere i più fragili. Allo stesso tempo può evitare che l’allungamento della vita lavorativa si trasformi in un freno all’occupazione giovanile. Il punto, sottolinea Biondo, è evitare soluzioni estemporanee: servono scelte coerenti, coordinate e orientate al medio-lungo periodo.
Riassumendo
- Il sistema pensionistico rischia squilibri gravi senza una riforma strutturale e organica.
- Il tasso di sostituzione scenderà dal 68% al 50% entro metà secolo.
- Proposta di pensione di garanzia per giovani e rafforzamento Ape sociale e Opzione donna.
- Valorizzazione di maternità, periodi di cura e abolizione delle ricongiunzioni onerose.
- Necessaria flessibilità: scelta tra 63 e 70 anni per l’uscita dal lavoro.
- Senza riforma, rallentato l’ingresso dei giovani nel mercato e compromesso il futuro.