Quando acquistate un’obbligazione, dovete per prima cosa guardare al grado di affidabilità dell’emittente, ovvero di chi colloca il titolo sul mercato e di conseguenza si indebita verso gli acquirenti. E’ bene sapere, infatti, che obbligazione implica un credito per chi la detiene, ma rappresenta un debito per chi la emette. In altri termini, state prestando soldi a un soggetto pubblico o privato (stato, ente locale, ente sovranazionale, società privata, banca). Per fortuna, esiste sul mercato un indicatore per capire il grado di sicurezza di un investimento obbligazionario: il rating.

Il rating è un giudizio emesso da un’agenzia internazionale affidabile. Le tre più importanti sono le famosissime Standard & Poor’s, Moody’s e Fitch, anche se ve sono altre innumerevoli, tra cui la cinese Dbrs.

Rating bond, quali sono

Queste agenzie valutano il grado di rischio di chi emette debito e lo piazza tra gli investitori, assegnandogli un voto espresso in lettere. Quello più alto e che rappresenta il debito di emittenti molto solidi è “AAA”. La tripla “A” è sinonimo di investimento sicuro, perché rappresenta un’emissione obbligazionaria, che statisticamente rientra tra quelle a rischio crac entro un anno per lo 0%, entro 5 anni per lo 0,1% ed entro 15 anni per lo 0,8%. Non è un caso che i titoli che godono della prestigiosa tripla “A” rendano poco, in quanto considerati pressoché sicuri. Attenzione: parliamo di sicurezza statistica, ma non pensiamo che gli istituti di valutazione non possano prendere una cantonata. Esempio: i titoli che nel 2008 cartolarizzavano i mutui subprime fino allo scoppio della crisi finanziaria nel settembre di quell’anno godevano di valutazioni mediamente elevate, che segnalavano un rischio default teoricamente molto basso. E’ finita come sappiamo.      

Rischio default s’impenna con titoli “non investment grade”

In generale, si consiglia al piccolo risparmiatore di acquistare sempre e solo obbligazioni con rating “investment grade”, ovvero con giudizio non inferiore a “BBB-“.

Al di sotto di tali livelli, infatti, il rischio di fallimento dell’emittente o di non rispetto delle scadenze s’impenna repentinamente. Il primo livello di rating “non investment grade”, che per Moody’s equivale a “Ba1”, “BB+” per Fitch e per S&P a “BB+”, segnala un rischio default entro un anno dello 0,6%, entro 5 anni del 5,8% ed entro 15 anni del 26,7%. Non è un caso che nel gergo finanziario, tali titoli siano definiti anche spregiativamente “junk” o “spazzatura”. I bond più a rischio sono, infine, quelli con rating “CCC” per S&P, “Caa1” per Moody’s e “CCC” per Fitch. In questi casi, il credito è considerato “sotto stretta osservazione/dubbio”. Praticamente, chi li compre si assume un rischio altissimo di subire perdite anche totali. S&P e Fitch chiudono le rispettive valutazioni con il grado più basso pari a “D”, che segnala lo stato di default dell’emittente. E’ importante comprendere, che una volta assegnati, i giudizi possono essere rivisti. I suddetti istituti sono soliti farlo con cadenze regolari durante l’anno, salvo che non siano avvenuti eventi tali, da dover velocizzare i tempi delle revisioni. Oltre al rating, poi, essi informano il mercato di un possibile mutamento a breve al rialzo o al ribasso del giudizio sull’emittente con “creditwatch” o “outlook” di tipo “positivo” o “negativo” o anche “stabile”, segnale che nei successivi mesi potrebbe esservi rispettivamente un “upgrade” o promozione, un “downgrade” o declassamento o un mantenimento stabile del giudizio.