Lo scorso 7 ottobre 2020 sono state pubblicate nuove decisioni dell’Arbitro Bancario Finanziario anche in merito ai buoni fruttiferi postali. Una di queste riguarda una risparmiatrice che aveva sottoscritto in data 14 luglio 1986, 5 bfp della serie Q/P. La ricorrente ha fatto presente che il timbro modificativo dei rendimenti apposto dietro ai titoli non diceva nulla riguardo alle condizioni applicabili adl periodo successivo al ventesimo anno. Ecco informazioni più dettagliate a riguardo.

Buoni 1986: cosa è successo, perché è stato presentato ricorso

La titolare di cinque bfp serie Q/P ha presentato ricorso all’ABF perché ha ottenuto un rimborso diverso da quello che si aspettava.

Dietro ai titoli, infatti, c’era un timbro modificativo che non disponeva nulla del rendimento che doveva essere applicato dal 21° al 30° anno. La risparmiatrice ha creduto quindi che le dovessero essere corrisposti i rendimenti presenti nella tabella originaria posta dietro al buono. A proposito ha richiamato la seguente sentenza della Corte di cassazione numero 13979/2007 che recita quanto segue:

“la corresponsione degli interessi va effettuata secondo quanto indicato per iscritto in detti buoni, nonostante che il relativo regime fosse stato previamente mutato da un decreto ministeriale non menzionato nei relativi documenti”.

Le controdeduzioni dell’intermediario sui bfp oggetto del ricorso

In merito ai bfp oggetto del ricorso, l’intermediario ha chiarito che le variazioni del loro saggio di interesse sono disposte per Decreto del Ministero e possono essere estese ad una o a più serie precedenti. Inoltre gli stessi erano stati emessi su titoli aggiornati con l’indicazione “Q/P” davanti e con la tabella con i nuovi tassi di interesse dietro. Questo in applicazione a quanto previsto dall’articolo 5 del Decreto del 1986 nel quale veniva anche precisato che la tabella del DM indicava gli interessi applicabili stabilendo un interesse composto per i primi 20 anni ed un importo bimestrale per gli altri.

Quest’ultimo, maturato oltre il ventesimo anno e fino al 31 dicembre del trentesimo anno successivo all’emissione e calcolato in base al tetto massimo raggiunto al ventesimo anno. Questo per dire che il Decreto non prevedeva che dietro ai buoni fosse apposto un timbro con l’indicazione dell’importo da corrispondersi dal 21° al 30° anno. Il calcolo di quest’ultimo, infatti, restava invariato e per i buoni oggetto del ricorso il tasso era del 12%.

La decisione del Collegio in merito ai bfp pggetto del ricorso

Il Collegio di Bari, ecco il link, ha chiarito che per i buoni fruttiferi postali oggetto del ricorso, l’intermediario ha utilizzato moduli cartacei della vecchia serie P per l’emissione dei titoli della nuova serie Q operando in linea con le disposizioni del Ministero. Ha poi inserito sul davanti la dicitura “Q/P” e dietro la misura dei nuovi tassi. Il problema però è che il timbro posto dietro ai buoni non disponeva nulla a riguardo dei rendimenti previsti dal 21° al 30° anno.

Per questo motivo, il Collegio ha ritenuto che fosse legittimo l’affidamento del sottoscrittore su quanto evidenziato dietro ai bfp. E’ stato quindi deciso che l’intermediario dovrà corrispondere alla risparmiatrice quanto indicato dietro ai titoli e quindi quello che originariamente era previsto per i buoni della serie P ovviamente dal 21° al 30° anno.

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