Lo scorso 23 dicembre sono state pubblicate nuove decisioni sul sito dell’Arbitro Bancario Finanziario anche in merito ai buoni fruttiferi postali. Nel dettaglio il cliente intestatario di 5 titoli della serie Q/P, tutti incassati alla scadenza, ha chiesto interessi maggiori di quelli ricevuti, esattamente per gli anni dal 21° al 30°. Ecco cosa è successo esattamente.

5 buoni fruttiferi postali serie Q/P: chiesti interessi più alti

Un risparmiatore, titolare di 5 buoni fruttiferi postali della serie Q/P emessi nel 1987, ha chiesto interessi più alti per i titoli in suo possesso.

Per i primi 20 anni, infatti, sui bfp era apposto dietro un timbro leggibile in modo scarso con i nuovi interessi. Per il periodo dal 21° al 30° anno, invece, non c’era nessuna indicazione diversa da quella originale. Ha chiesto quindi all’Abf, dopo aver presentato ricorso a Poste Italiane (ovviamente rifiutato), di poter ricevere i rendimenti previsti originariamente per gli ultimi 10 anni di vita del titolo.

L’intermediario nelle sue controdeduzioni ha comunicato di aver effettuato i calcoli in modo corretto applicando nel dettaglio quanto previsto nel Decreto Ministeriale del 13 giugno 1986. Quest’ultimo stabiliva che i tassi di interesse da applicare fino al 20° anno erano con interesse composto. L’imposto bimestrale dal 21° al 30° anno, invece, andava calcolato sulla base dell’interesse semplice corrisposto al ventesimo anno. Il Decreto, poi, non prevedeva che dovesse esserci un timbro con i rendimenti dal 21° anno al 30°.

Nelle sue controdeduzioni, quindi, ha ribadito che i timbri inseriti sui buoni fruttiferi postali confermavano l’appartenenza alla serie Q/P per cui il tasso di interesse doveva essere quello previsto da tale serie. Non quello previsto dalla serie P per gli anni su indicati. Ha richiamato inoltre a suo favore una copiosa giurisprudenza di merito precisando anche che la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale di tale decreto.

La decisione dell’Abf sui 5 buoni fruttiferi postali

Il Collegio di Milano ha esaminato con attenzione i 5 buoni fruttiferi postali prendendo visione che appartenevano veramente alla serie Q/P.

Per i primi 20 anni su di essi c’era un timbro modificativo dei rendimenti mentre per gli ultimi 10 anni nulla. Nell’affrontare tale delicata questione, il Collegio ha quindi richiamato la consolidata giurisprudenza Abf, la quale in casi simili si è orientata in senso univoco. Viene per questo citata la decisione del Collegio di Coordinamento numero 6142/20.

Quest’ultima ha stabilito che si deve applicare quando previsto dalla dicitura originale dietro al titolo se manca il timbro che comunica con esattezza il rendimento da erogare dall’anno 21° al 30°. Con decisione numero 23089 del 10 novembre 2021, il Collegio di Milano ha quindi accolto le richieste del risparmiatore. Significa che l’intermediario dovrà applicare le condizioni riportate dietro ai titoli per gli anni da 21° al 30°. C’è però un grandissimo problema. Parliamo dell’inadempienza di Poste Italiane ovvero del fatto che la società non rispetta le decisioni dell’Abf. Quando ciò si verifica non resta che adire per vie legali.
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Come viene applicata l’imposta di bollo sui buoni fruttiferi postali?
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