Regime forfettario e impatriati. Compatibilità a zero (risposta Agenzia delle entrate)

In una risposta pubblicata ieri, l'Agenzia delle entrate conferma l'incompatibilità del regime forfettario con la detassazione riservata agli impatriati
2 anni fa
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Uscita regime forfettario

Che compatibilità c’è tra il regime forfetario e quello invece riservato ai lavoratori impatriati? Nessuna, si arriva a tale conclusione sulla base delle indicazioni dell’Agenzia delle entrate, ribadite ieri con la risposta n° 190.

La conclusione è frutto dell’analisi delle modalità di determinazione del reddito che caratterizza il regime forfettario 2023. Infatti, il reddito di coloro i quali operano in regime forfettario, è determinato applicando al totale dei ricavi o dei compensi incassati nell’anno un coefficiente di redditività. Il coefficiente di redditività varia in base al tipo di attività svolta.

 Dal reddito così determinato sono deducibili i contributi previdenziali dovuti per legge. All’importo ottenuto si applica l’imposta sostitutiva del 15% o del 5%.

Il reddito in parola non concorre al reddito complessivo rilevato ai fini Irpef.

Partendo da tale assunto, vediamo quali sono le indicazioni fornite dall’Agenzia delle entrate.

La risposta n° 190 del 6 febbraio

La risposta n°190 del 6 febbraio prende spunto da apposita istanza di interpello.

Dopo aver svolto un master all’estero, l’istante nel 2020 è rientrato in Italia ed ha iniziato a svolgere un’attività in regime forfettario, con applicazione dell’imposta sostitutiva pari al 15% (articolo 1, commi da 54 a 89, legge n. 190/2014); da qui ha chiesto se può beneficiare del diverso regime sugli impatriati, ex art.16 del D.lgs 147/2015, per i compensi relativi al futuro incarico di membro del Consiglio di amministrazione di alcune società, inclusa quella in cui detiene direttamente una partecipazione.

Il regime agevolato per i lavoratori impatriati

Quando parliamo di regime fiscale per i lavoratori impatriati, facciamo riferimento alla tassazione agevolata riservata ai lavoratori che trasferiscono la propria residenza fiscale in Italia. Tali soggetti possono beneficiare di un abbattimento del reddito che varia dal 70% al 90%.

Nei fatti,  il reddito di lavoro dipendente (o a esso assimilato) e di lavoro autonomo prodotto in Italia concorre alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 30% dell’ammontare ovvero al 10% se la residenza è presa in una delle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna, Sicilia

Tale regime opera laddove:

  • il lavoratore non è stato residente in Italia nei due periodi d’imposta precedenti il trasferimento e si impegna a risiedervi per almeno due anni,
  • l’attività lavorativa è svolta prevalentemente nel territorio italiano.

La detassazione spetta per cinque periodi d’imposta.

A partire dal periodo d’imposta in cui la residenza viene trasferita e nei successivi 4.

Il regime agevolato può essere prorogato per altri 5 anni: per i lavoratori con almeno un figlio minorenne o a carico e per quelli che diventano proprietari di almeno un’unità immobiliare residenziale in Italia dopo il trasferimento o nei 12 mesi precedenti. Per il periodo di proroga, i redditi agevolati concorrono alla formazione dell’imponibile per il 50% del loro ammontare ovvero per il 10% in caso di lavoratori con almeno tre figli minorenni o a carico.

Compatibilità tra regime forfettario e regime impatriati. Il parere dell’Agenzia delle entrate

Detto ciò, veniamo alla compatibilità tra regime forfettario e regime degli impatriati.

Ebbene, con la risposta n° 190/2023, l’Agenzia delle entrate ha ribadito che i compensi percepiti dal lavoratore in regime forfetario non concorrono alla formazione del reddito complessivo, scontando un’imposta sostitutiva nella misura del 15 per cento (5% in alcuni casi). Reddito complessivo che invece rappresenta la base di calcolo della tassazione (sarebbe più corretto parlare di imposizione vista la differenza tra imposte e tasse) riservata agli impatriati.

Da qui, l’opzione per il “forfetario” sbarra la strada al regime riservato agli impatriati, anche se sussistono le condizioni per la sua applicazione.

Ne consegue che:

avendo trasferito la residenza fiscale in Italia nel 2020 ed avendo optato, a seguito del rientro, per il ”regime forfetario” nei periodi d’imposta 2020 e 2021, l’Istante non potrà fruire del diverso regime di cui all’articolo 16 del d.

lgs. 14 settembre 2015, n. 147, negli anni successivi e sino al compimento del quinquennio potenzialmente agevolabile (ossia dal 2022 al 2024).

Dunque, non c’è compatibilità tra regime forfettario e regime imapatriati. O si sceglie uno o si sceglie l’altro.

Andrea Amantea

Giornalista pubblicista iscritto all’ordine regionale della Calabria, in InvestireOggi da giugno 2020 in qualità di redattore specializzato, scrive per la sezione Fisco affrontando tutte le questioni inerenti i vari aspetti della materia. Ha superato con successo l'esame di abilitazione alla professione di Dottore Commercialista, si occupa oramai da diversi anni, quotidianamente, per conto di diverse riviste specializzate, di casi pratici e approfondimenti su tematiche fiscali quali fatturazione, agevolazioni, dichiarazioni, accertamento e riscossione nonché di principi giurisprudenziali espressi in ambito di imposte e tributi.

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