Nel panorama normativo italiano, i permessi retribuiti disciplinati dalla Legge 104 del 1992 rappresentano una delle tutele più significative per i lavoratori che assistono familiari in condizioni di disabilità grave. Tuttavia, la fruizione di questi benefici richiede un utilizzo rigorosamente aderente alla loro finalità. La magistratura è spesso chiamata a vigilare su eventuali comportamenti distorti, che ne compromettano la legittimità.
L’uso scorretto dei permessi 104 non è solo una questione di etica lavorativa, ma coinvolge direttamente la violazione di obblighi contrattuali fondamentali. Le imprese, infatti, possono legittimamente ricorrere al licenziamento per giusta causa qualora emerga che tali permessi siano stati impiegati per scopi estranei all’assistenza.
Una recente pronuncia della Corte di Cassazione — l’ordinanza n. 5948 del 2025 — ha offerto un’ulteriore chiarificazione su questo fronte. I giudici hanno affrontato un caso emblematico che evidenzia come, anche in situazioni apparentemente compatibili con la fruizione dei permessi, possa configurarsi un abuso se viene meno la sostanza assistenziale del beneficio.
Il contesto giuridico e la finalità dei permessi 104
La Legge 104/92 prevede che i lavoratori dipendenti possano assentarsi dal lavoro per assistere parenti affetti da disabilità grave, ottenendo fino a tre giorni di permesso retribuito al mese (frazionabili anche in ore). L’intento della norma è quello di favorire la conciliazione tra la vita lavorativa e i doveri familiari legati all’assistenza.
Tuttavia, l’utilizzo di tali permessi è subordinato a condizioni specifiche. L’assistenza deve essere concreta, attuale e necessaria. L’orientamento costante della giurisprudenza impone che non si possa godere di questi giorni retribuiti se l’intervento del lavoratore non risulti realmente indispensabile o se il parente disabile è già seguito, in modo continuativo, da strutture dedicate.
Il caso all’attenzione della Suprema Corte
Nel caso esaminato dalla Corte di Cassazione, il lavoratore aveva chiesto e ottenuto i permessi previsti dalla Legge 104 per assistere un familiare. Tuttavia, è emerso che il congiunto si trovava stabilmente ricoverato presso una Residenza Sanitaria Assistenziale (RSA), una struttura capace di garantire cure continuative e sorveglianza sanitaria 24 ore su 24, analogamente a quanto avviene in un ospedale.
L’azienda, una volta venuta a conoscenza della situazione, ha contestato il comportamento del dipendente, che durante le giornate di permesso si era limitato a brevi visite, della durata di pochi minuti, presso la struttura. A seguito di un approfondito accertamento dei fatti, il datore di lavoro ha proceduto al licenziamento per giusta causa, ritenendo che il comportamento del dipendente configurasse un abuso del diritto.
Il principio affermato dalla Cassazione
L’ordinanza n. 5948/2025 conferma un orientamento già consolidato: i permessi 104 non possono essere utilizzati quando la persona da assistere è già accudita in modo continuativo da un ente specializzato. La Corte ha evidenziato che, in tali casi, viene meno la ratio della norma. Che è quella di consentire al lavoratore di sopperire a bisogni assistenziali che altrimenti non troverebbero risposta.
Nel caso specifico, la condotta del lavoratore è stata giudicata in contrasto con i principi di correttezza e buona fede che regolano il rapporto di lavoro.
I giudici hanno inoltre sottolineato come il ricorso ai permessi, senza una reale necessità di assistenza, costituisca un’infrazione grave. Tale da legittimare l’interruzione immediata del rapporto di lavoro, senza obbligo di preavviso.
Rilevanza contrattuale e disciplinare dell’abuso permessi 104
Quando un dipendente utilizza i permessi 104 per finalità diverse da quelle assistenziali — come, ad esempio, dedicarsi ad attività personali o ricreative — si realizza una violazione contrattuale. Che mina il vincolo fiduciario alla base della relazione con il datore di lavoro. In questi casi, il comportamento viene equiparato a una forma di frode ai danni dell’azienda e dell’intero sistema previdenziale.
È importante sottolineare che, in sede di giudizio, non basta la mera esistenza di un legame familiare e una certificazione di disabilità per legittimare l’assenza. Occorre invece dimostrare la necessità effettiva della presenza del lavoratore per garantire assistenza al parente disabile. Qualora ciò non avvenga, le conseguenze possono essere gravi e immediate.
Riassumendo
- I permessi 104 servono esclusivamente per assistere familiari con disabilità grave.
- L’uso improprio può portare al licenziamento per giusta causa, senza preavviso.
- La Cassazione ha confermato il divieto d’uso se il familiare è ricoverato stabilmente.
- Brevi visite non giustificano la fruizione del permesso retribuito.
- Serve una necessità reale e attuale di assistenza per usare i permessi.
- Le aziende possono controllare e contestare gli abusi documentati dei permessi 104.