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Oggi: 05 Dic, 2025

Pensioni 3 e 5 anni prima nel 2026, ma quanto si perde a 62 o 64 anni di età?

Con le pensioni che nel 2026 permetterebbero di uscire 3 e 5 anni prima, quali sono le penalizzazioni da accettare e perché.
2 mesi fa
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Ecco perché una pensione che l'INPS liquida in base al calcolo, con poco più di 380 euro al mese può passare a circa 750 euro mensili.
Foto © Investireoggi

Nel novero delle misure che si potranno sfruttare l’anno prossimo per il pensionamento, ci sono due novità che hanno buone possibilità di trovare spazio già nella prossima Legge di Bilancio e, successivamente, nei relativi decreti attuativi.

Dal 2026, dunque, potrebbero essere introdotte due nuove possibilità di uscita, che tuttavia vanno confrontate con attenzione, perché presentano requisiti e regole differenti, soprattutto per quanto riguarda il calcolo della pensione.

Molti lettori ci scrivono proprio per chiedere chiarimenti su questi tagli. Ecco alcuni esempi:

«Salve, sono una lavoratrice che nel 2026 compirà 64 anni. Con 32 anni di contributi, volevo saperne di più sulla pensione a 64 anni nel 2026.

Mi riferisco alla pensione anticipata con 25 anni di contributi e rendite da pensione complementare, di cui ho letto nei vostri articoli. Vorrei capire che tipo di penalizzazione subirei, visto che, se non erro, la pensione sarà ridotta in caso di uscita anticipata.»

«Buongiorno, sono interessato alla quota 41 flessibile nel 2026. Ho già compiuto 64 anni e nello stesso anno completerò i 41 anni di contributi richiesti. Non mi è chiaro quale riduzione subirei: se il taglio sarà del 2% o più elevato. Inoltre, non capisco cosa c’entri l’ISEE in questa misura. Non l’ho mai fatto e non intendo farlo, a meno che non sia obbligatorio per evitare penalizzazioni troppo alte.»

Pensione a 64 anni nel 2026, ecco come andare 3 anni prima in quiescenza

Andare in pensione a 64 anni significa anticipare di 3 anni l’uscita dal lavoro rispetto ai requisiti ordinari. Oggi questa possibilità è concessa solo dalla pensione anticipata contributiva, riservata a chi ha il primo versamento dopo il 31 dicembre 1995.

Dal 2026, però, potrebbe nascere una nuova misura: con 64 anni di età e almeno 25 anni di contributi, potrebbero andare in pensione anche coloro che hanno iniziato a versare prima del 1996.

La condizione, tuttavia, è accettare il ricalcolo contributivo dell’assegno, che penalizza in modo significativo l’importo della pensione. Inoltre, è previsto un limite minimo: la prestazione non può essere inferiore a 3 volte l’assegno sociale (circa 1.620 euro mensili).

Se l’importo della pensione non raggiunge questa soglia, l’uscita non sarà concessa. Per ovviare al problema, la misura includerà i fondi pensione integrativi. In pratica, chi non arriva a 1.620 euro potrà:

  • chiedere all’INPS di considerare anche la rendita della pensione complementare;
  • oppure trasformare il TFR in rendita, invece di riceverlo in un’unica soluzione alla fine del rapporto di lavoro.

Sono variabili di cui si discute da tempo e che potrebbero facilitare l’accesso alla pensione a chi altrimenti resterebbe escluso.

Tagli lineari ma solo per chi ha determinate condizioni reddituali e patrimoniali

La pensione a 64 anni è dunque penalizzata dal ricalcolo contributivo. Diversa la situazione per la seconda misura attesa nel 2026, che dovrebbe rientrare nel pacchetto previdenziale della Legge di Bilancio: la cosiddetta quota 41 flessibile.

Questa misura consentirebbe di andare in pensione già a 62 anni di età con 41 anni di contributi. I requisiti sarebbero quindi identici a quelli dell’attuale quota 103, ma con una sostanziale differenza: non sarebbe previsto il calcolo interamente contributivo.

La penalizzazione verrebbe meno, ma resterebbe un correttivo legato all’ISEE:

  • chi ha un ISEE fino a 35.000 euro non subirebbe alcuna riduzione;
  • chi invece ha un ISEE superiore (o chi non presenta l’ISEE, come si ipotizza) dovrebbe accettare un taglio del 2% per ogni anno di anticipo rispetto all’età di vecchiaia ordinaria.

In altre parole, chi sceglie la quota 41 flessibile con ISEE elevato vedrà la pensione ridotta, mentre chi ha un ISEE basso potrà uscire senza penalizzazioni.

Chi invece ha un ISEE sopra 35.000 euro dovrà accettare di perdere fino a massimo il 10% del trattamento maturato alla data di uscita. Taglio del 10% per chi esce a 62 anni, dell’8% per chi esce a 63 anni e così via dicendo fino ad arrivare ai 67 anni di età.

Giacomo Mazzarella

In Investireoggi dal 2022 è una firma fissa nella sezione Fisco del giornale, con guide, approfondimenti e risposte ai quesiti dei lettori.
Operatore di Patronato e CAF, esperto di pensioni, lavoro e fisco.
Appassionato di scrittura unisce il lavoro nel suo studio professionale con le collaborazioni con diverse testate e siti.

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