Pensione obbligatoria a 65 anni: la fine può essere vicina

La pensione obbligatoria per i dipendenti pubblici potrebbe essere rivista, con nuove prospettive di flessibilità e prolungamento lavorativo
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3 mesi fa
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fine pensione obbligatoria
Foto © Licenza Creative Commons

La “pensione obbligatoria” rappresenta un tema centrale nel panorama pensionistico italiano, specialmente per i lavoratori del settore pubblico. Attualmente, questa misura impone il pensionamento forzato per determinati lavoratori una volta raggiunti specifici requisiti di età e contributi.

Com’è concepita oggi, rappresenta un meccanismo rigido che non sempre tiene conto delle specifiche esigenze dei lavoratori. Soprattutto di quelli che desiderano continuare a lavorare oltre i limiti imposti dalla normativa. Inoltre, la misura incide notevolmente sul bilancio previdenziale dell’INPS.

Ecco perchè il governo, in vista della possibile forma riforma pensioni, starebbe valutando cambiamenti significati su detto strumento.

Pensione obbligatoria: non bastano 65 anni di età

La pensione obbligatoria riguarda i dipendenti del settore pubblico, i quali, al raggiungimento di una determinata età e con il possesso di specifici requisiti contributivi, devono necessariamente interrompere il loro rapporto di lavoro. La normativa attuale prevede infatti che i lavoratori pubblici vengano collocati in pensione una volta raggiunti i 65 anni di età. A condizione che abbiano maturato i contributi necessari per accedere alla pensione anticipata. Questo limite viene fissato per garantire il ricambio generazionale e ridurre i costi legati all’invecchiamento della forza lavoro.

Nonostante questa regola valga in generale per il settore pubblico, ci sono delle differenze importanti riguardo ai requisiti contributivi tra uomini e donne. Attualmente, un lavoratore uomo deve aver accumulato almeno 42 anni e 10 mesi di contributi per poter accedere alla pensione anticipata. Mentre per le donne il requisito è leggermente inferiore, fissato a 41 anni e 10 mesi.

L’altra strada si ferma a 67 anni

Per coloro che, al compimento dei 65 anni, non hanno maturato i contributi necessari per la pensione anticipata ordinaria, è previsto un prolungamento del rapporto di lavoro fino al raggiungimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia. Questo significa che il lavoratore può continuare a lavorare fino al compimento dei 67 anni.

Età stabilita come limite per la pensione di vecchiaia. Tale estensione consente ai dipendenti di accumulare i contributi necessari per accedere alla pensione. Evitando così di uscire dal mercato del lavoro senza una copertura previdenziale adeguata.

In alcune situazioni particolari, come nel caso dei lavoratori che non hanno raggiunto i 20 anni di contributi, la normativa prevede la possibilità di estendere ulteriormente l’attività lavorativa fino ai 71 anni. Questa misura è pensata per dare a chi si trova in tale condizione il tempo necessario per maturare i contributi minimi per ottenere la pensione di vecchiaia. Per chi ha iniziato a versare contributi dopo il 1995, il requisito minimo è fissato a 5 anni. Garantendo comunque una certa flessibilità a coloro che hanno carriere contributive più brevi.

Il dibattito sulla riforma della pensione obbligatoria

Negli ultimi tempi, il tema della pensione obbligatoria è stato oggetto di discussione all’interno del governo, che sta valutando l’ipotesi di eliminarne l’obbligo di pensionamento in questione. Intanto, ci sono da risolvere anche le grane delle proposte avanzate dalla Lega per la riforma pensioni. Su tutte, Quota 41 e Quota 104 (che prenderebbe il posto di Quota 103).

Ad ogni modo, la possibile eliminazione della pensione obbligatoria potrebbe risultare particolarmente vantaggiosa per quei lavoratori che desiderano prolungare la loro attività lavorativa, continuando a contribuire al sistema previdenziale e migliorando la loro posizione pensionistica. Inoltre, tale misura permetterebbe allo Stato di beneficiare dell’esperienza di lavoratori qualificati per un periodo di tempo più lungo, riducendo nel contempo la necessità di turnover immediati.

Pensione obbligatoria: i possibili scenari futuri

Il destino della pensione obbligatoria è ancora incerto, ma ci sono diverse strade che il governo potrebbe intraprendere. L’eventuale eliminazione dell’obbligo potrebbe portare a una maggiore flessibilità nel mercato del lavoro, consentendo ai lavoratori di scegliere autonomamente quando interrompere la loro carriera, in base alle loro condizioni economiche e personali.

Allo stesso tempo, questa riforma potrebbe ridurre la pressione sul sistema pensionistico, permettendo allo Stato di risparmiare risorse grazie al fatto che meno persone potrebbero accedere al trattamento previdenziale in età più giovane. Di contro, però, l’estensione del periodo lavorativo potrebbe far sorgere alcune problematiche legate alla salute dei lavoratori più anziani. E all’equilibrio tra vita lavorativa e privata.

In questo contesto, è importante considerare l’introduzione di misure che possano bilanciare il desiderio di prolungare l’attività lavorativa con il benessere fisico e psicologico dei dipendenti. La possibilità di continuare a lavorare potrebbe essere affiancata da una maggiore attenzione alla qualità del lavoro, con politiche che incentivino la flessibilità e che agevolino il passaggio graduale verso la pensione, piuttosto che un pensionamento improvviso e definitivo.

Riassumendo…

  • La pensione obbligatoria, oggi, impone il pensionamento forzato ai dipendenti pubblici a 65 anni. A ciò devono affiancarsi requisiti contributivi differenziati tra uomini (42 anni e 10 mesi) e donne (41 anni e 10 mesi). Si tratta dei requisiti per la pensione anticipata ordinaria.
  • I lavoratori senza requisiti di cui sopra prolungano il lavoro fino alla pensione di vecchiaia a 67 anni.
  • Eccezioni consentono di lavorare fino a 71 anni se non si raggiungono 20 anni di contributi.
  • Il governo valuta l’abolizione dell’obbligo di pensionamento
  • La riforma potrebbe offrire maggiore flessibilità, migliorando il sistema pensionistico e mantenendo l’esperienza lavorativa.

Pasquale Pirone

Dottore Commercialista abilitato approda nel 2020 nella redazione di InvestireOggi.it, per la sezione Fisco. E’ giornalista iscritto all’ODG della Campania.
In qualità di redattore coltiva, grazie allo studio e al continuo aggiornamento, la sua passione per la materia fiscale e la scrittura facendone la sua principale attività lavorativa.
Dottore Commercialista abilitato e Consulente per privati e aziende in campo fiscale, ha curato per anni approfondimenti e articoli sulle tematiche fiscali per riviste specializzate del settore.

11 Comments

  1. Pensate anche alle persone che, con 23 anni di contributi ( sistema misto) età 64 anni cosa devono fare? Non hanno lavoro né pensione. Cercate di intervenire anche su questo, sopratutto per le donne che,sono le più bistrattate. Gi

    • Volevano abbattere la famosa legge Fornero e ci sono riusciti ad accaparrarsi le poltrone.ma a oggi la stanno peggiorando la legge Fornero.
      Io ho 60 anni ho 3 anni di lavoratore precoce il 31 Agosto ho completato 42 anni di contributi A giuno 25 dovrei terminare i 42 anni e 10 mesi lavoro i i3 mesi della cosiddette finestre e sono 43 anni e un mese Se vero come vogliono i nostri imbroglioni elettorali dovrò ancora lavorare al 4 mesi e dovrei raggiungere anni e 5 mesi.x prendemi la mia pensione lavorata e sudata .Ai giocolieri della politica basta una legislatura x la super pensione a vita.+ Il vitalizio.

      • Non ci sarà mai un governo che possa accontentare la classe lavorativa con gli stipendi dei politici e loro generazioni che mai lavoreranno!

  2. Quindi invece di assumere gente disoccupata lo stato che fa.. Allunga l eta pensionabile ma complimenti… Fanno bene i giovani a scappare via dall italia… 71 anni… Vergognatevi. Io lavoro in oncologia e di gente che muore senza che vedrà mai la pensione la vedo tutti i giorni .

  3. E il turnover peggiora? Per i giovani?…. Hai voglia di aspettare. Meglio andare all’estero il prima possibile!

  4. Per me qualsiasi riforma pensionistica serve solo a fare cassa si arriverà al punto che lo stato non pagherà più le pensioni ai lavoratori e manterranno solo quelle dei politici perché per loro sono diritti acquisti per chi lavora invece no

  5. Ho iniziato a lavorare a quattordici anni ho quaranta anni di contributi e ancora si parla di lavorare vi sembra giusto a me no anche perché sta chi nella vita non ha fatto mai nulla campano con i sussidi che paghiamo noi

  6. La gente si lamenta sempre ,io in pensione dopo 43 anni di contributi compiuti a 62 anni e rotti, non mi lamento perché il deficit pensionistico è sotto gli occhi di tutti , ci sono più pensionati che lavoratori Col sistema retributivo a lungo termine il sistema torna in equilibrio…chi non raggiunge i requisiti non si domanda perché non li ha raggiunti .se in tutta la vita lavori 20 anni cosa pretendi?

    • Non e’ il mio caso, ma voglio rispondere al tuo commento, cosa si vuole pretendere se hai versato solo 20 anni? Almeno avere tornati indietro i miei contributi versati se non posso avere la pensione, non credi? Sono soldi che ci appartengono se non mi dai la pensione mi ritorni indietro tutti i contributi versati, in altre nazioni fanno così, il nostro sistema invece non lo permette, conclusione? LADRI!

  7. Forse non è chiaro che il ricambio generazionale si attua consentendo di andare in pensione! Qui ogni anno si allungano i parametri nascondendosi dietro a un ‘non ci sono soldi. Anche un incapace sarebbe stato in grado di non creare questo dissesto finanziario, oasi recuperano i soldi per le pensioni da quei settori dove a tutt’oggi si sta sperperare, a cominciate dai vitalizi, dalla eredità dei vitalizi, ai costi della politica, alla sperequazione dei così di rappresentanza di stato… ma lasciate stare chi questo paese lo ha costruito. Alla luce di un cambio nel metodo di lavoro così radicale come quello che si st attuando, un ricambio generazionale produrrebbe maggiore efficienza nel mondo del lavoro, è conterrebbe il fenomeno dei cervelli in fuga

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