Papa Francesco ci sta pian piano abituando a discorsi spiazzanti, che in qualche modo pongono la Chiesa su un binario decisamente più progressista di quanto non abbia fatto Benedetto XVI e, pur nella sua straordinaria capacità comunicativa, Giovanni Paolo II. Il papa del “buonasera” non ha mancato di stupire nemmeno sul fronte, molto accidentato, del rapporto tra Chiesa e politica. L’omelia pronunciata questa mattina a Santa Marta contiene una riflessione che è, allo stesso tempo, conservatrice e progressista, vecchia e nuova.
L’omelia di Papa Francesco
Il vicario di Cristo sulla Terra ha esordito pronunciando una frase di cui persino il più acceso dei guelfi medievali andrebbe fiero: “Un buon cattolico si immischia in politica”. Ma poi aggiunge, capovolgendo il significato delle parole precedenti: “Offrendo il meglio di sè affinché il governante possa governare”. A prima vista, un ossimoro: come fa il cristiano ad essere attivo politicamente e allo stesso tempo lasciare campo libero al politico? La risposta è tanto semplice quanto disarmante, e rivela uno scatto di pensiero che molti non sono riusciti a fare. Papa Francesco la illustra inscenando un dialogo tra lui e un fedele. Al centro di tutto, ancora una volta, c’è l’umiltà. “Ma qual è la cosa migliore che possiamo offrire ai governanti? La preghiera. E’ quello che Paolo dice: ‘Preghiera per tutti gli uomini e per il re e per tutti quelli che stanno al potere’. ‘Ma, Padre, quella e’ una cattiva persona, deve andare all’inferno…’. ‘Prega per lui, prega per lei, perche’ possa governare bene, perché ami il suo popolo, perché’ serva il suo popolo, perché sia umile!’. Un cristiano che non prega per i governanti, non èun buon cristiano!’
Storie di ingerenze
Il rapporto tra Chiesa e politica, almeno in Italia, non è stato mai granché sereno.