Un passo storico per la minuscola Repubblica di San Marino. In questi giorni, collocherà sul mercato il suo primo titolo di stato, che è stato ribattezzato “Titano Bond”. A curare l’emissione è JP Morgan, che sta tenendo un “roadshow” per fare conoscere agli investitori non solo questa obbligazione, ma persino il nome dell’emittente, sconosciuto ai più. Si tratta di una scadenza a 5 anni e di un taglio da 300 milioni di euro, piuttosto contenuto per i valori a cui siamo abituati in Italia.

Tuttavia, si pensi che il PIL sanmarinese ammonta a poco più di 1,5 miliardi di euro, per cui lo stato sta richiedendo sul mercato capitali per un quinto della sua ricchezza annua prodotta. Lo sforzo “titanico” compiuto giustificherebbe il nome del titolo. In proporzione, sarebbe come se l’Italia emettesse un BTp da 350 miliardi di euro, importo che mediamente rastrelliamo nell’arco di un intero esercizio.

La fase di collocamento durerà fino alla fine del mese ed entro i primi di novembre il Titano Bond sarà quotato alla Borsa di Lussemburgo. Quanto al tasso offerto, dipenderà dal riscontro che San Marino otterrà tra gli investitori. Considerando che l’Italia per un BTp a 5 anni offre ormai un rendimento di poco superiore allo zero e tenendo conto del più basso rating, dovremmo supporre che la cedola sarà fissata su valori assoluti relativamente bassi, pur decisamente superiori a quelli vigenti in questa fase nell’Eurozona.

E San Marino si rivolge ai mercati internazionali per piazzare il suo Titano Bond

Tanti rischi e fondamentali deboli

Le ragioni della prudenza sono tante. Anzitutto, San Marino sta ricorrendo all’emissione più per disperazione che non per la voglia di inseguire una svolta storica nell’arco della sua indipendenza millenaria. Quasi tutto il debito pubblico della repubblica è detenuto ad oggi dalle banche sanmarinesi. Queste risultano, però, oberate di crediti deteriorati, che al novembre del 2019, prima di questa devastante crisi, sono saliti al 57% del totale.

In sostanza, il sistema bancario locale rischia il crac e non ha soldi da prestare al governo.

Il debito pubblico è stimato da Fitch in crescita all’87% del PIL entro il 2022. Nel 2007, si attestava al 13%. Vero è che l’emissione in corso contribuirà solo in parte ad aumentare le dimensioni. Per 150 milioni servirà a rifinanziare il debito in scadenza, per gli altri 150 milioni a sostenere l’economia domestica, che quest’anno crollerà del 9,5% a causa dell’emergenza Covid. I fondamentali macro sono così deboli, che Fitch ha tagliato il rating di recente a “BB+” con prospettive negative, per cui potrebbe declassarlo ulteriormente. In sostanza, il “Titano Bond” è un titolo “spazzatura”.

In effetti, l’economia di San Marino si è contratta di circa un quarto tra il 2007 e il 2019 (-23,6%), quanto la Grecia. E l’emergenza Covid colpisce il suo settore più sviluppato: il turismo. Esso incide per il 19% del PIL e il 31% degli occupati. Ricordiamo, poi, che formalmente la repubblica non fa parte dell’Eurozona, né dell’Unione Europea, sebbene stia cercando di adottare un accordo di associazione, che presupporrebbe l’integrazione anche con il mercato finanziario comunitario, una svolta non da poco e non priva di conseguenze per un angolo di terra considerato spesso un paradiso fiscale. Per tutte queste ragioni, siamo piuttosto scettici sull’opportunità di investire su questo titolo. I rischi potenziali appaiono elevati, a nostro avviso. Che sia più roba per gli istituzionali.

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