Malgrado il forte sostegno offerto dalla BCE, i titoli di stato italiani sono tornati a cedere nella settimana di Ferragosto. Lo spread decennale è salito sopra 225 punti base o 2,25%, mentre il BTp a 10 anni torna a sfiorare il 3,50%. Pesano diverse incognite sul nostro mercato sovrano. In primis, la paura per la stretta monetaria globale e il suo potenziale impatto negativo sulla sostenibilità del debito pubblico italiano. Secondariamente, le tensioni politiche. Si vota il 25 settembre in Italia e il prossimo governo potrebbe stracciare l'”Agenda Draghi”, una polizza di assicurazione per i mercati in questo ultimo anno e mezzo.

Scarsa liquidità sul mercato dei bond

Tuttavia, esistono anche diverse ragioni per credere che settembre per i titoli di stato tricolori sarà meno cupo delle previsioni. Le grandi banche d’affari americane intravedono per le prossime settimane scarse emissioni di debito presso i mercati emergenti. Governi, banche e aziende non vogliono stringere accordi a questi costi di emissione così elevati. Si tengono alla larga da tali operazioni, tant’è che il Brasile non emette un bond sui mercati internazionali dal giugno dello scorso anno.

Peraltro, c’è il timore che la Federal Reserve continui ad alzare i tassi d’interesse in misura marcata per combattere l’inflazione. Per questo la liquidità è ridotta all’osso. Ci sono fiumi di denaro sui mercati avanzati in attesa di essere impiegati e diversificati. Ma manca la materia prima. E questa sarebbe una finestra di opportunità per i titoli di stato italiani, specie considerando che il cambio euro-dollaro si sia riportato nuovamente sulla parità.

Titoli di stato italiani a buon mercato

In pratica, i nostri bond faranno gola. Anzitutto, offrono i più alti rendimenti sui mercati avanzati, escludendo la Grecia. Secondariamente, si comprano in una valuta – l’euro – che è diventata fin troppo a buon mercato per gli investitori americani. Infine, la BCE potrebbe trovarsi costretta a procedere con estrema prudenza sul rialzo dei tassi, dato che l’economia tedesca, locomotiva d’Europa, starebbe per cadere in recessione.

D’altra parte, la crisi energetica che la sta provocando non accenna ad affievolirsi e genera aumenti dei prezzi al consumo sempre più consistenti.

I titoli di stato italiani restano osservati speciali, dato il contesto elettorale. Ma i rischi sovrani sono stati perlopiù scontati, né è immaginabile che l’eventuale vittoria del centro-destra porti a una riedizione dello scontro tra Roma e Bruxelles sui conti pubblici. Più probabile che il nuovo premier chiederà una revisione del PNRR, dato l’impatto dell’inflazione. I margini di manovra in tal senso sarebbero stretti, ma nessuno sembra avere in mente un clima di contrasto con la Commissione. Il ricordo del 2018 è ancora vivo. Ultimo, non per importanza: l’economia italiana sta reagendo meglio del previsto e di economie come Francia e Germania. Le entrate fiscali aumentano e il rapporto debito/PIL sta diminuendo.

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