Investire in obbligazioni è tornato di moda negli ultimi due anni, ma siamo sicuri di conoscerne tutti i rischi? Rispetto alle azioni, sono considerate un asset più sicuro per i risparmiatori comuni. La loro caratteristica principale consiste nel ricevere un flusso di reddito fino alla scadenza, quando avviene anche il rimborso del capitale. In realtà, alcuni titoli possono prevedere lo stacco delle cedole in un’unica soluzione o il loro mancato pagamento in determinate occasioni, come vedremo.

Rischi obbligazioni, non solo rating

Il rischio di credito è certamente quello più conosciuto e forse temuto da chi investe in obbligazioni.

Esso consiste nella possibilità che l’emittente o debitore non riesca a onorare il prestito ricevuto. Le agenzie di rating assegnano alle emissioni un giudizio sotto forma di rating. Si va dal rating tripla A per le obbligazioni più sicure a Selective Default per gli eventi creditizi conclamati. E’ evidente che il rendimento tende a salire man mano che la qualità del bond si abbassa. Non a caso, ad esempio, i BTp dell’Italia offrono lungo la curva più dei Bund della Germania.

I bond possono risultare rischiosi anche in base alle loro caratteristiche. E’ il caso dei subordinati emessi dalle banche, cioè titoli che in caso di default verrebbero rimborsati dopo i senior o ordinari. E da considerare che alcuni di questi prevedono la possibilità di posticipo o annullamento dei pagamenti per cedole e lo stesso capitale nel caso di difficoltà finanziarie dell’emittente.

Rischio valutario

Ma i rischi delle obbligazioni non si risolvono tutti con quello di credito. C’è anche il rischio valutario a cui prestare la dovuta attenzione. Se un titolo viene emesso in una valuta diversa dalla nostra (dollari, sterline, yen, ecc.), dobbiamo considerare la possibilità che essa nel tempo si deprezzi. In quel caso, le cedole che ci verranno pagate nei mesi e anni successivi e lo stesso capitale che ci verrà rimborsato alla scadenza (o nel caso di disinvestimento anticipato) varrebbero per noi di meno.

C’è persino la probabilità che il deprezzamento sia tale da più che azzerare il rendimento offerto. Se accade, il capitale ne risulterà intaccato.

Tassi e prezzi

Tra i rischi delle obbligazioni meno compresi da chi investe c’è quello relativo ai tassi. Noi acquistiamo un bond per ottenere un certo rendimento; se i tassi salgono, subiamo un duplice smacco: sul mercato i bond sono diventati più remunerativi del nostro e se noi volessimo rivenderlo per sfruttare le nuove, migliori opportunità, lo dovremmo fare in perdita. Infatti, con i tassi in rialzo i prezzi tendono a muoversi nella direzione opposta.

E veniamo proprio al rischio di quotazione, che va considerato a parte rispetto al precedente. I prezzi delle obbligazioni possono scendere anche per cause diverse da un eventuale aumento dei tassi. Ad esempio, l’emittente viene giudicato più rischioso e per questo gli spread si allargano. Più bassa la quotazione, maggiori le perdite subite in conto capitale da chi investe.

Occhio alle “call”

Avete sentito parlare di rischio di reinvestimento? Rispetto a tutti i rischi delle obbligazioni esistenti risulta essere tra i meno noti. Esso riguarda essenzialmente i bond “callable”, cioè emessi con la facoltà per il debitore di rimborsarli in anticipo. Immaginate di acquistare un titolo che vi stacca una cedola del 7% ogni anno fino alla scadenza dei 10 anni. Tuttavia, c’è una clausola che consente all’emittente di rimborsare il capitale già dopo tre anni dalla data di emissione. Se ciò avviene, perderemmo la possibilità di incassare le cedole per il periodo rimanente immaginato. Con il capitale ricevuto possiamo acquistare sul mercato altri bond, ma verosimilmente a rendimenti inferiori. In effetti, il rimborso anticipato ha senso per l’emittente quando i tassi di mercato sono scesi sotto i livelli delle cedole per i bond esistenti.

Dunque, l’esercizio della “call” è tipico nelle fasi di tassi bassi o calanti. A quel punto non avremmo modo di reinvestire il capitale con altrettanto profitto.

Cedole indicizzate e bond convertibili

E cosa dire del rischio di ricevere cedole basse, sotto i livelli di mercato? Fin qui abbiamo considerato i rischi delle obbligazioni con cedola fissa. Ma l’emittente può offrire cedole indicizzate, cioè legate a determinati indici o tassi. Ad esempio, i BTp Italia risultano agganciati all’inflazione italiana. E i CcT-Eu offrono cedole comprensive dell’Euribor a 6 mesi. Se il valore dell’indice o tasso a cui le cedole sono agganciate risultasse inferiore alle previsioni, riceveremmo pagamenti meno corposi di quelli che ci avrebbero garantito le obbligazioni con cedole fisse.

Attenzione, il problema riguarda anche le obbligazioni convertibili. La cedola è fissa, ma più bassa di quella che l’emittente offrirebbe per un’obbligazione ordinaria. Infatti, qui l’investitore ha la possibilità di guadagnare perlopiù grazie alla conversione in azioni dello stesso emittente o una sua società controllata. Se il prezzo della conversione alla data prevista per l’esercizio fosse inferiore al prezzo di mercato, l’investitore avrebbe l’opportunità di lucrare dalla differenza. Si avvarrebbe della conversione e rivenderebbe il titolo subito dopo. Ma se il prezzo della conversione risultasse inferiore a quello di mercato, la conversione non avverrebbe. E a quel punto avrebbe investito in un titolo con cedole basse senza alcuna valida ragione.

Rischi obbligazioni, liquidità fattore cruciale

Infine, il rischio di liquidità. Tra tutti i rischi delle obbligazioni è forse, se non certamente, il meno noto. Noi investiamo sempre con la convinzione di poter rivendere quando vogliamo. Questa idea si basa sul presupposto che si formi sempre un mercato secondario per le negoziazioni. Può non avvenire. Due sono le cause principali: taglio dell’emissione troppo basso e/o bond dalle caratteristiche peculiari.

Se l’importo emesso è relativamente magro o è stato prenotato da pochi soggetti, si riduce il numero dei possessori che lo rivende nel corso della sua durata. Lo stesso se un bond è poco appetibile per via dei rischi impliciti, come nel caso dei sopra menzionati subordinati.

Cosa accade quando la liquidità degli scambi è bassa? C’è chi vuole vendere e non c’è subito pronto chi vuole acquistare o viceversa. In questi casi, gli spread denaro/lettera si ampliano: chi vuole vendere, pretende un prezzo ben maggiore di quello offerto da chi vuole acquistare. Uno dei due lati del mercato rimarrà deluso. E gli stessi tempi di negoziazione si allungano.

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