Le obbligazioni convertibili in azioni sono titoli di credito, che assegnano a chi li acquista il diritto di percepire durante il contratto una cedola periodica e la facoltà alla scadenza o anche prima di tramutare il prestito in capitale, ovvero di scegliere di acquistare una fetta del capitale azionario della società emittente a un rapporto prefissato per la conversione delle obbligazioni. In altre parole, parliamo di titoli composti da due strumenti teoricamente separati: le obbligazioni, che remunerano l’investimento attraverso una cedola periodica; il diritto di acquisto delle azioni (d)a una certa data, similmente a un’opzione call.

A causa dei rischi presentati, potrebbe risultare più conveniente l’acquisto separato sul mercato dei bond e delle opzioni. Ciò accade, ad esempio, quando il prezzo di questi due strumenti risulta nel complesso inferiore al prezzo di acquisto dell’obbligazione convertibile, che a quel punto è da considerarsi sopravvalutata.

Rendimento obbligazioni convertibili è basso

Le obbligazioni convertibili prevedono generalmente la conversione a un prezzo di acquisto delle azioni superiore del 20-30% di quello vigente all’atto dell’emissione di questi titoli. In cambio di tale facoltà, la società emittente riconosce all’obbligazionista un rendimento annuo inferiore di quello offerto da un bond ordinario di pari scadenza. Quando conviene esercitare la conversione? Chiaramente, ciò si ha quando il prezzo delle azioni alla data stipulata o a decorrere da essa risulti superiore a quello concordato per il loro acquisto con il contratto obbligazionario. Immaginiamo, ad esempio, che all’atto dell’emissione del bond, la società riconosca dopo tre anni all’obbligazionista il diritto di convertire il titolo in azioni al prezzo di acquisto di queste di 3,00 euro ciascuna.

Conversione obbligazione, quando conviene

Se alla prima data utile di esercizio dell’opzione, il prezzo delle azioni sul mercato risultasse pari a 3,50 euro, l’obbligazionista potrebbe decidere di convertire i bond e rivendere i titoli appena acquisiti, registrando un margine di 50 centesimi per ogni azione.

Se, invece, alla scadenza risultasse che il prezzo delle azioni sul mercato è inferiore a quello previsto per la conversione, questa non sarebbe conveniente, ma a quel punto abbiamo subito un costo-opportunità (il minore rendimento, rispetto a quello offerto da un bond ordinario), in cambio di niente. L’obbligazione convertibile, quindi, tende a risultare un’operazione meno remunerativa per chi la acquista, quando non viene esercitata la conversione. Per chi la emette, invece, può trattarsi di un affare, visto che raccoglierà sul mercato capitali a titolo misto tra credito e di partecipazione al rischio a costi ridotti.