Mario Draghi è stato l’uomo che ha spento l’incendio dello spread quando era governatore della BCE. Adesso che è premier, si trova già a fare i conti con la risalita dei rendimenti sovrani. Questa settimana, lo spread BTp-Bund a 10 anni si è riportato sopra i 100 punti base, con punte di 105. Nulla di drammatico, ma è un dato di fatto che il bond a 10 anni offriva l’altro ieri lo 0,73%, lo 0,10% in più da inizio aprile e ai massimi da un mese.

La risalita dei rendimenti italiani non è casuale come tempistica.

La Germania ha sospeso la ratifica del Recovery Fund, dopo che la Corte Costituzionale di Karlsruhe ha intimato al governo federale di attendere la sua sentenza in merito. Sarà forse questione di settimane, qualche mese al massimo, ma a cambiare potrebbero essere le stesse condizioni del piano. Persino la componente tedesca nel board della BCE, Isabel Schnabel, è arrivata a twittare nei giorni scorsi a favore della velocizzazione dell’iter per sbloccare l’impasse.

La prospettiva dei fondi europei contro la crisi provocata dal Covid ha calmierato gli spread nell’ultimo anno. La risalita dei rendimenti è stata fermata nella primavera del 2020, quando l’asse franco-tedesco prima e la Commissione UE dopo prospettarono una risposta comune alla crisi fiscale europea. E prima era intervenuta la BCE a porre rimedio ai danni del governatore (la battuta sullo spread) con il varo del PEPP. Il piano è stato irrobustito per due volte e portato a 1.850 miliardi di euro fino al marzo 2022.

Risalita dei rendimenti e chiusure delle attività

Nei giorni scorsi, il governo Draghi ha balenato l’ipotesi di alzare l’importo dell’ennesimo scostamento di bilancio dell’Italia dall’inizio della pandemia. Rispetto ai 32 miliardi sinora previsti, il Consiglio dei ministri voterebbe un extra deficit di 35-40 miliardi. Ma la recente risalita dei rendimenti sovrani starebbe convincendo il premier che la festa stia volgendo al termine.

A meno di un ulteriore rafforzamento del PEPP, al momento improbabile per via della reflazione in corso, nuove emissioni nette equivarrebbero a spread più alto. La sola domanda del mercato risulterebbe insufficiente a garantire all’Italia il mantenimento degli attuali costi di indebitamento.

Attenzione, partiamo da livelli bassissimi e una moderata risalita dei rendimenti non minaccerebbe la sostenibilità del nostro debito pubblico. Ad ogni modo, uno spread troppo al di sopra dei 100 punti con Draghi a Palazzo Chigi sarebbe un brutto segnale per l’Italia. E a maggior ragione che si vocifera che la BCE stia controllando le curve sovrane nell’Eurozona. Il mercato inizia a mostrare segnali di stress e ciò spiegherebbe la battuta di Draghi all’ultima conferenza stampa, secondo cui “i migliori ristori sono le riaperture”. Come ad anticipare che la politica delle chiusure e degli annessi sostegni alle categorie non sia più sostenibile a lungo. Lo spread fa paura anche a Super Mario.

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