Partecipando al simposio delle banche centrali a Sintra, Portogallo, il governatore della BCE, Mario Draghi, ha spiegato che se l’inflazione nell’Eurozona dovesse rallentare nei prossimi mesi, allontanandosi ulteriormente dal target (“vicino, ma di poco inferiore al 2%”), Francoforte disporrebbe degli strumenti per reagire, tra cui il taglio dei tassi e il ripristino degli acquisti netti di assets con il “quantitative easing”. Immediata la reazione dei mercati, con il Bund a 10 anni della Germania ad offrire un nuovo minimo storico del -0,32%.

Mentre scriviamo, i rendimenti sovrani tedeschi viaggiano in negativo fino alla scadenza dei 17 anni, mentre il decennale italiano rende il 2,11%, il livello più basso dalla metà del maggio 2018, quando partirono le trattative tra Movimento 5 Stelle e Lega per formare il governo Conte. Lo spread BTp-Bund a 10 anni è sceso così a 243 punti base, il minimo da 2 mesi.

Il taglio dei tassi BCE verrà presto e sarà inutile per rianimare inflazione ed economia

E’ festa in tutta l’Eurozona. Il “sirtaki” bond a 10 anni della Grecia offre solamente il 2,53%, un livello mai così basso nella storia di Atene. Il Bonos spagnolo sulla stessa scadenza è sceso allo 0,48% e il bond del Portogallo ad appena lo 0,54%. In questo momento, il trentennale lusitano si attesta a poco meno dell’1,50%, quello italiano a poco più del 3%. Nonostante sia in piena campagna elettorale, il Tesoro greco potrebbe emettere a giugno il bond a 7 anni, come aveva ufficiosamente comunicato nei mesi scorsi, approfittando dei rendimenti ai minimi storici, impensabili anche solo poche settimane fa.

E Draghi irrita Trump

Il mercato sta scontando un nuovo taglio dei tassi, eventualmente partendo da quelli imposti ai depositi overnight, già negativi al -0,4% e probabilmente dopo che sarà studiata l’introduzione di interessi a scaglioni, così da non gravare sulla generalità delle riserve in eccesso delle banche. Tuttavia, bisognerà fare i conti con il presidente americano Donald Trump, che ha commentato le parole di Draghi, sostenendo che così l’Eurozona si avvarrà di un ingiusto indebolimento del cambio e colpirà le imprese americane.

Una dichiarazione, che avrebbe come sbocco o la minaccia di nuovi dazi USA sulle merci UE e/o l’aumento della pressione sulla Federal Reserve, affinché tagli i tassi più velocemente e in misura più marcata di quanto sinora scontato dal mercato, in modo da indebolire il dollaro e potenziare le esportazioni americane.

E l’euforia per le parole di Draghi non sta riguardando solo i bond dell’Eurozona. I rendimenti svizzeri sono passati in territorio negativo fino alla scadenza dei 30 anni, così come il Treasury a 10 anni sono arretrati al 2,03%, ai minimi da 3 anni. La Banca Nazionale Svizzera è legata alla politica monetaria della BCE, in quanto il governatore Thomas Jordan punta esplicitamente a impedire che il franco si apprezzi troppo contro l’euro e minacci così l’economia elvetica. Per questo, se Francoforte tagliasse i tassi, Zurigo farebbe lo stesso un attimo dopo o forse anche prima.

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