Lo spread si è un po’ ristretto durante la seduta di ieri, anche se è rimasto sopra i 170 punti base. E la cosa che possiamo notare ad occhio dai grafici è che i rendimenti dei BTp a lunga scadenza non ne vogliono sapere di arretrare. I prezzi dei bond del Tesoro a 30 e 50 anni continuano a viaggiare nei paraggi dei minimi storici. Il BTp 2053 quotava ieri sui 96 centesimi e offriva più del 4,80%. Il BTp 2072, la scadenza più lunga sinora emessa sul mercato sovrano italiano, a poco più 55 centesimi rende oltre il 4,45%.

Dubbi su aumento tassi BCE a settembre

In un contesto di alti tassi, i bond a lunga scadenza diventano appetibili. Quando i tassi scenderanno, infatti, i prezzi s’impenneranno particolarmente sul tratto lungo della curva. Non è ben chiaro se al board del 14 settembre la Banca Centrale Europea (BCE) continuerà ad alzare i tassi di interesse. Il Consiglio dei Governatori appare diviso più che mai. Probabile, ma non scontato, che si prenda una pausa e rinvii l’ultima stretta del ciclo avviato oltre un anno fa per ottobre o al massimo dicembre. In ogni caso, siamo sostanzialmente a fine ciclo restrittivo. In teoria, i rendimenti dei BTp a lunga scadenza dovrebbero iniziare a scendere sulla previsione di guadagni futuri.

Mercati temono stagflazione

Sta accadendo, invece, che i rendimenti si stiano stabilizzando lungo la curva. E questo sarebbe la conseguenza del timore per una fase prolungata di stagflazione. Con questo termine s’intende una contestuale presenza di alta inflazione e crisi dell’economia. La banca centrale non alzerebbe più i tassi tra qualche mese, ma l’aumento dei prezzi al consumo resterebbe elevato. In una siffatta condizione, i rendimenti dei BTp lunghi rifletterebbero aspettative d’inflazione sostenute. E sul tratto corto della curva, capterebbero un costo del denaro destinato a rimanere elevato a lungo.

In poche parole, la stagflazione avrebbe l’effetto di appiattire la curva. D’altra parte il fenomeno è tutt’altro che solo italiano. Gli stessi titoli di stato tedeschi a lungo termine suggerirebbero tassi d’inflazione medi attesi sopra il target del 2% per i prossimi anni. Il Bund a 30 anni offriva ieri intorno al 2,75%. Sembrano lontani i tempi in cui esibiva un rendimento nominale e reale negativo. Il mercato non si aspetta ad oggi un taglio dei tassi BCE prima della metà dell’anno prossimo. Ed entro il 2024 il costo del denaro scenderebbe di appena mezzo punto percentuale.

Rendimenti BTp segnalano svolta monetaria lontana

E’ chiaro che queste previsioni possano cambiare anche repentinamente nelle prossime settimane. Il peggioramento dei dati macroeconomici nell’Eurozona è diventato palese e dentro la stessa BCE non è più ignorato. I “falchi” precisano che sarà tollerato, ma cresce la sensazione che la stretta sia a fine corsa. Il punto è un altro. Una volta che i tassi toccheranno l’apice, per quanto tempo vi rimarranno? Gli alti e stabili rendimenti dei BTp a lunga scadenza sembra suggerire che una svolta monetaria non arriverà presto. E ora che il petrolio è risalito a 90 dollari al barile, tale sensazione si fa ancora più forte.

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