I mercati obbligazionari appaiono in una situazione di stallo. I rendimenti sovrani e corporate si muovono da mesi in un range ristretto su ciascuna scadenza e sempre in prossimità dei minimi storici. Le banche centrali hanno iniettato migliaia di miliardi di dollari di liquidità, favorendo l’assorbimento delle emissioni da parte di stati, aziende e banche, evitando che l’emergenza Covid si trasformasse in una paurosa crisi finanziaria. La crescita percentuale dei prezzi dei bond è stata a doppia cifra sulle scadenze più lunghe, quelle che hanno guadagnato di più dal crollo dei tassi.

E adesso? Entrare oggi sul mercato presuppone l’assunzione di una scelta non facile:

puntare sulle scadenze più lunghe e remunerative o restare sul tratto breve della curva, ma accontentandosi delle briciole?

In moltissimi casi, la seconda opzione per un investitore individuale non esiste proprio, perché i rendimenti sono negativi e acquistare i bond implicherebbe la certezza di “bruciare” parte dei capitali impiegati alla scadenza. Meglio parcheggiare la liquidità in banca, a questo punto.

E pure il tratto lungo crea dilemmi. A fronte di rendimenti reali almeno accettabili (non in un’ottica di confronto con il passato), si dovrebbe rinunciare alla liquidità per troppi anni. Non tutti possono permettersi di immobilizzare un capitale per 20 o 30 anni, perché di questo stiamo parlando. E se avessi necessità di vendere prima? Ecco, il punto è proprio questo. I bond lunghi saranno pure più redditizi nell’immediato, ma comportano maggiori rischi di volatilità con la variazione delle condizioni di mercato. Se i rendimenti salgono, subiranno le maggiori perdite, mentre se i rendimenti scendono, saranno i titoli a guadagnare di più.

Bond emergenti favoriti dalla svolta Fed sull’inflazione

Il legame tra bond, inflazione e contagi

Se entrassimo oggi sul mercato obbligazionario, dovremmo sapere che il rischio che i rendimenti (prezzi) a lungo termine salgano (scendono) sono strettamente connessi all’evoluzione dell’inflazione nei prossimi mesi e anni.

Se questa rialza la testa, gli investitori pretenderanno di essere meglio remunerati per gli anni futuri e, di pari passo, compreranno solo a prezzi più bassi per i bond già esistenti. Ma le aspettative d’inflazione sono oggi fortemente collegate all’andamento dell’economia globale, a sua volta dipendente dalla pandemia.

I contagi da Covid stanno accelerando giornalmente in Europa, tanto che qui si parla di seconda ondata, sebbene sarebbe più appropriato parlare di colpo di coda della prima. Più la crisi sanitaria si accentuerà in autunno, minori le prospettive di ripresa nel medio termine per l’Eurozona e, di conseguenza, più alto il rischio di deflazione nell’area, altro che reflazione! Il discorso è analogo per gli USA. Per quello che sta accadendo, lo scenario che dovremmo attenderci sarebbe di una rimbalzo del pil meno vigoroso delle previsioni passate e di un’inflazione sottozero per ancora diversi mesi, seguita da una reflazione contenuta. I rendimenti a lungo termine rimarrebbero stabili a lungo, cosa che ci consentirebbe di guardare all’investimento su questo tratto con minori timori. Improbabili, però, plusvalenze simili a quelle maturate negli ultimi mesi. I livelli dei prezzi sono già altissimi e, a meno che le banche centrali non alluvionino i mercati con ulteriori stimoli, ci sembra un azzardo che salgano ulteriormente.

Cosa ci dice il mercato dei bond sulla ripresa post-Covid e come influenza l’oro

[email protected]